Storie vere di fantasmi napoletani, ottava parte: storie insolite

a cura di Alberto Ferrero

Storie vere di fantasmi napoletani, ottava parte: storie insolite. Il più recente spiritismo napoletano, contagiato da una buona dose di leggende metropolitane, si è popolato di figure misteriche comuni quali muratori, camerieri, pazienti di ospedali, baristi, marinai e altre ancora che hanno solo un elemento in comune: appartengono fieramente alla categoria dei fantasmi. Nell'ultimo avvincente approfondimento di Alberto Ferrero percorreremo le storie insolite che vanno consolidandosi nella tradizione popolare moderna della regione partenopea, gettando le fondamenta di nuove leggende legate al soprannaturale.

La Vera Storia del Muratore di Via Tarsia

"Piazzetta Sant'Antonio a Tarsia, n. 11 - racconta la signora T.M. - 1955-56. Un palazzo di nuova costruzione. Vi andammo ad abitare poco prima del periodo natalizio. Frequentavo la prima elementare alla Giosuè Carducci, ci troviamo quindi nel periodo di settembre-ottobre. Stavamo bene, era una casa non ancora completata a livello di scala, vi erano i marmi ancora in rifacimento, in ogni caso la trovavamo bella. All'epoca avevo cinque anni e mezzo.

Noi piccoli dormivamo nella camera di mio padre, i nostri lettini erano itineranti, perché vi erano mio fratello più piccolo, che aveva un paio d'anni, e mia sorella più grande. Io di tanto in tanto vedevo passeggiare fuori al balcone, un balcone grande, molto panoramico, una figura un po' curva, scura di carnagione, con un cappello di carta in testa, come quello che si vede, nei casi più comuni, in testa ai muratori.

Una figura un po' sofferta, un po' triste, che si girava, mi guardava, mi salutava, probabilmente per il fatto che gli sorridevo, con uno sguardo triste, non di partecipazione allegra, lo vedevo camminare spesso, mi sembrava vestito come i militari, anche se lo vedevo quasi sempre al buio e non riuscivo quindi a focalizzarlo come si deve, un vestito tipo militare, ma non quello tipico dei militari di ruolo, piuttosto invece quegli abiti smessi che spesso i muratori indossavano.

Si tratta di un ricordo che porto da diverso tempo con me, un ricordo che, di fronte al racconto fattomi poi dalla mia famiglia, è diventato un collegamento, considerando che nel giro di un anno cambiammo casa e anche con una certa fretta.

Alla fine, dai racconti ai quali qualche volta noi bambini prendevamo parte, venne fuori una storia singolare: mio padre andò via da quella casa perché vedeva questa persona e la sentiva anche. La vedeva affacciata ai balconi e contemporaneamente vedeva le sue mani sulle maniglie delle varie camere della casa.

Questa storia riguardava pure altri miei familiari, poiché col tempo venne fuori che anche mia sorella aveva visto questa persona che si appoggiava con il gomito su una porta e sul davanzale che dava in un corridoio, dove lei a volte si metteva su una poltrona.

Quello che avvertiva spesso mia sorella, ma mia madre anche, era che le mandate della porta, che noi la sera chiudevamo a chiave - poiché mio padre, essendo musicista, a volte si ritirava persino all'una di notte - verso le dieci, le undici, si sentiva come se si aprissero. Andando poi a vedere trovavamo la porta con le mandate tolte, ma in realtà non c'era nessuno.

Una volta usciti fuori tali episodi, collegammo le nostre visioni con quelle di una persona che abitava di fronte casa nostra e che più volte chiedeva a mia madre cosa ci facesse mio padre di notte fuori al balcone, senza che in realtà mio padre di notte fuori al balcone ci passeggiasse mai! Mio padre, anzi, cercava di pensare a una sua impressione, non la comunicava né a mia madre né tanto meno a me, ancora troppo piccola. Una sera ci portò a casa dei nonni, andando a dormire lui e il fratello a casa nostra.

A un certo punto, mio zio invitò frettolosamente mio padre a vestirsi e ad andarsene, avendo capito perché lo avesse fatto dormire in quella casa: una mano aveva inspiegabilmente aperto la porta della camera da letto! Non era stata un'allucinazione collettiva, sarebbe stata tale se ci fossimo raccontati la storia tutti quanti insieme, rimanendone quindi condizionati. Era reale la visione che avemmo di questo strano e misterioso personaggio.

Col tempo, quando poi tornammo nella nostra vecchia casa a Piazza Dante insieme ai nonni materni, venimmo a sapere da alcune persone che quel palazzo in costruzione aveva visto la morte di un muratore, una morte violenta, poiché in un primo momento si era pensato, visto che dopo non avemmo altre notizie, che fosse stato sepolto nel palazzo stesso, non essendoci ancora adeguate misure di sicurezza sul lavoro.

Ma la cosa più importante è dire che cinque persone di una stessa famiglia, in età diversissima, hanno visto la stessa persona comunicandoselo col tempo. Noi bambini lo consideravamo una persona in carne e ossa, nell'infanzia infatti non si conoscono i limiti della fantasia e la paura non è ancora cementata. I miei ce ne hanno parlato soltanto quando ormai eravamo diventati più grandi".

"Guardando la televisione in camera da pranzo - aggiunge un altro testimone - insieme a mia moglie e alle mie due figlie, capitava spesso che sentissimo una bussata di porta, andavamo ad aprire e le lascio immaginare la sorpresa nel vedere che non vi era assolutamente nessuno.

Altre volte a mia moglie è capitato di sentire una chiave che girava nella porta d'ingresso, pensava fossi io ma non era così, dato che passava del tempo e nessuno arrivava. Quando la sera andavamo a dormire, sentivamo le persiane muoversi nonostante non vi fosse vento, oppure la porta cigolare senza che alcuno la muovesse, in camera dormivamo io, mia moglie e la bambina più piccola.

Uscendo dalla nostra camera da letto, vi era un lungo corridoio con un contatore, dove dormiva mia figlia più grande, sentivo spesso dei rumori in quella parte della casa. Una sera vidi aprirsi una porta e notai distintamente una persona, scura di carnagione, appoggiarsi al contatore dell'acqua e guardare mia figlia mentre dormiva. In un'altra occasione, mia moglie vide una mano che apriva la porta della camera da pranzo. La proprietaria di un ristorante situato di fronte casa nostra ci avvisò più volte di aver visto una persona aggirarsi di notte, in pigiama, fuori al balcone della nostra abitazione...".

Il Vecchietto del Cardarelli

"Sono una persona molto scettica - racconta un testimone - ai fantasmi non ci ho mai creduto, eppure, se ripenso all'episodio capitatomi, tremo ancora dalla paura. Una sera mi trovai a passare dinnanzi all'ospedale Cardarelli. Rimasi a piedi con la macchina, era sera e c'era lo sciopero dei pullman. Iniziai così a farmela a piedi verso casa, distante di lì qualche chilometro.

All'improvviso sentii i passi di una persona che mi seguiva, mi girai e vidi un vecchietto, che mi chiese cosa ci facessi lì. Un po' infastidito e ancora arrabbiato per l'increscioso problema avuto con la macchina, gli raccontai quanto mi fosse accaduto.

Mentre parlavo, il vecchietto continuava a seguirmi, pensai che fosse una persona sola bisognosa semplicemente di un po' di compagnia, continuai quindi a discorrere con lui, io avanti e lui dietro a seguirmi. Spinto dalla curiosità, gli domandai come mai stesse da quelle parti.

"Io sono morto - rispose - c'è mia moglie ricoverata per un'operazione, sta per morire e sono quindi venuto a prenderla.". Mi girai di scatto, preciso che la strada era abbastanza deserta, per cui non c'era nemmeno la possibilità di nascondersi: il vecchietto era già scomparso!".

Le Notti di Virgilio

I ruderi di un'antica villa romana, un tempo appartenuta a Veio Pollione e di cui restano in piedi ancora tre piani, sono tuttora visibili a Posillipo, nei pressi del ristorante "'A Fenestella", nella zona di Marechiaro.

Conosciuta come la "Villa di Virgilio" per avervi ospitato più volte appunto il grande poeta mantovano, è detta anche "Castello o Palazzo degli Spiriti" per la presenza al suo interno dello stesso autore dell'Eneide, che avrebbe così deciso di rimanervi ospite persino dopo la morte.

Molti i pescatori, indaffarati di notte nel loro lavoro, sono stati ignari testimoni di melodiosi suoni provenienti proprio da quel luogo. Una delle arcate della villa, in base alle varie segnalazioni arrivate in proposito, si riempirebbe di una luce velata, al centro della quale prenderebbe forma una figura con il capo cinto d'alloro intenta a declamare versi poetici accompagnandosi con la cetra.

Interrogati sull'accaduto, diversi pescatori, categoricamente analfabeti, sarebbero stati in grado di riprodurre frammenti di quello stesso canto con le dovute cadenze metriche, scoprendo che non si trattava altro che dei versi dell'Eneide.

La Vecchietta di Via Tanucci

"Mi trovai un giorno a passare per via Tanucci per una commissione - racconta il pittore Armando Jossa - quando fui fermato da un'anziana donna che mi chiese il favore di darle una mano a portare le buste della spesa a casa sua, situata di fianco all'Albergo dei Poveri.

Entrati nel palazzo, la seguii lungo la scalinata fino a quando non mi fece fermare. Prese alcune buste, mi chiese di aspettarla lasciandomene delle altre e salì così fino al piano superiore, arrivando a una porta che aprì a chiave.

Attesi che uscisse per darle le altre buste della spesa, frattanto il tempo passava senza che la vecchietta si facesse più viva. Decisi quindi di salire al piano di sopra portando con me le buste. Bussai ma, invece della vecchietta, mi aprì una giovane donna, la quale, tra il timore e lo stupore, mi chiese chi cercassi.

Le domandai se lì abitasse un'anziana donna, descrivendogliela fisicamente e raccontandole quanto era poc'anzi successo. Guardandomi in modo strano, mi rispose di non conoscerla e che lì non abitavano assolutamente persone anziane, ma solo lei, il marito e i figli!".

Il Marinaio Americano

Un curioso ospite fa ogni tanto capolino dalle finestre dei palazzi in via Nuova Marina: quello di un soldato della marina americana particolarmente goloso. Apparirebbe infatti soltanto quando negli appartamenti della zona vengono cucinate delle patatine fritte. Biondo, un bel sorriso solitamente sfoggiato, indossa la divisa tipica della marina militare, bustina in testa compresa.

Stranezze a San Giovanni a Teduccio

Cert'è che di stranezze segnalate nella zona di San Giovanni a Teduccio ve ne sono tante. Rumori strani udibili ogni sera verso le 20.30 e una signora vestita di nero che butta per terra un zoccolo di cui è possibile ascoltare il rumore generato dall'impatto col terreno; una cavallerizza in sella a un nero destriero; un fantasma bianco che muove la testa come se volesse annuire...

Il Ponte della Morte

Via S. Teresa degli Scalzi, Ponte della Sanità. I lamenti e i pianti di coloro che vi si suicidarono risuonano tristemente, a quanto pare, durante le notti di pioggia. Al fenomeno avrebbero assistito diversi testimoni, sicuri infatti di aver sentito voci e lamenti provenire dalla strada situata sotto il ponte; usciti poi di casa per controllare, non avrebbero visto nessuno. Le inferriate attualmente collocate lungo il ponte risalirebbero al 1880 circa, ivi poste per debellare appunto quella che era ormai divenuta l'abituale routine dei suicidi. Lo stesso problema si verificò anche al Parco della Rimembranza, a Posillipo, laddove la parte che dava sul mare fu chiusa per i fin troppo frequenti suicidi che da lì avevano luogo.

Le Passeggiate Notturne di Re Ferdinando

Re Ferdinando I di Borbone (1751 - 1825), conosciuto anche come Ferdinando IV re di Napoli, ma più beffardamente come "Re Nasone", ancora oggi è in vena di passeggiate notturne nei giardini della Floridiana, sua residenza, lì dove la consorte Maria Carolina lo tradiva solitamente col suo guardiacaccia Lalò. Pare inoltre che il sovrano si diverta a spiare di sera avvenenti signore della zona nell'attimo di spogliarsi.

La Città Fantasma

Sussurri, voci, passi, ombre, luci circolari che escono dalle case abbandonate viaggiando poi tra un vicolo e l'altro. Tutto questo avverrebbe di continuo nel cosiddetto "Rione Terra", la parte più antica di Pozzuoli, zona abbandonata ormai da tempo a causa del bradisismo e del terremoto. Stanziata sulla rupe che da una parte si affaccia sul porto e dall'altra sul lato occidentale del golfo di Napoli, è tra le più note e famigerate "città fantasma" dell'intero territorio campano.

La Tomba di Agrippina

Nelle notti d'estate di luna piena, il fantasma di Agrippina, ancora in cerca del proprio amante, apparirebbe sull'acqua nei pressi della sua antica tomba a Bacoli. Molti l'avrebbero vista nell'atto di pettinarsi i capelli usando la superficie del mare come specchio. Laddove però chiunque provi ad avvicinarvisi, scompare improvvisamente lasciando dietro di sé una scia di penetrante e seducente profumo.

La Fabbrica Fantasma

Strani rumori risultano percepibili a San Giorgio a Cremano nella zona in cui un tempo sorgeva una fabbrica di bombole, distrutta da un incendio, frutto di una manovra errata, che costò la vita a diversi operai. La gente del posto, oltre ad aver notato più volte luci evanescenti, asserisce di aver sentito spesso rumori di macchinari e il gran vociare di operai al lavoro. Il fenomeno si ripeterebbe con una certa costanza soprattutto nel mese di gennaio, periodo nel quale avvenne probabilmente l'incidente. E lo stesso incidente verrebbe inscenato per l'occasione da alcuni degli sventurati protagonisti come l'inquietante sequenza di un film.

La Barchetta Fantasma

Storia di un amore non corrisposto. Quello di Bruno verso Tecla, donna bellissima ma dal cuore di pietra, che lo aveva sposato senza amarlo e del tutto indifferente nei confronti dei suoi sentimenti. Non riuscendo a fare a meno della donna che amava, nonostante il suo amore non fosse minimamente ricambiato, bensì deriso, calpestato, ridotto a ben misera cosa, Bruno continuava a custodire l'immagine di quella donna nello scrigno del suo cuore, nella speranza che un giorno le resistenze di Tecla fossero vinte e convinto, allo stesso tempo, della fedeltà della donna malgrado la sua palese mancanza d'amore.

Ma una sera, a una festa, Tecla conobbe Aldo e fu amore a prima vista. La donna provò inutilmente a resistere alla forte passione che le lacerava l'animo, fino ad arrendersi decidendo quindi di vedere Aldo. I due amanti iniziarono così a incontrarsi clandestinamente su una barca in mare aperto.

Una notte, un barcaiolo dal volto coperto rovesciò la barca sulla quale Aldo e Tecla, in fuga da tutti, viaggiavano verso il coronamento del loro sogno d'amore: i due amanti annegarono abbracciati. Il barcaiolo altri non era che Bruno, marito tradito desideroso di vendetta. Difatti un ghigno di disprezzo gli apparve sul viso, poco prima che affogasse a sua volta insieme a loro.

Ancora oggi, una barchetta viaggia ogni notte sostenuta dal lieve tocco delle onde del mare. Apparendo alle coppie di innamorati, almeno a quelli che si amano veramente, mostra Aldo e Tecla baciarsi lentamente e teneramente al chiarore di luna. L'incanto poi si spezza, la barchetta corre veloce come inseguita da qualcuno e il sopraggiungere di un'altra imbarcazione la capovolge consegnando per sempre alle braccia del mare quel dolce e infelice amore.

La Dama di Via del Piliero

Nei pressi di via del Piliero, molte persone affermano di aver visto il fantasma di una giovane donna, in abiti seicenteschi, fuggire disperata come inseguita da qualcuno. Sarebbe talmente sfuggente che nessuno finora è mai riuscito né ad avvicinarla né a guardarla bene in viso. Potrebbe trattarsi probabilmente dello spirito di una donna violentata e poi uccisa dai saraceni nell'ambito delle scorribande che infestarono le coste nel '600.

Un Sogno nel Cassetto

Ero andato a Castel dell'Ovo per un sopralluogo - racconta un testimone - dovevo infatti approntare lì una mostra. Io e la mia compagna entrammo in un bar per consumare qualcosa, prendemmo un gelato e una birra. Mi misi a parlare con un giovane, distinto, sui 25-26 anni circa, mi disse di essere il figlio del gestore di un locale molto noto a Napoli, che era lì in transito, poiché aveva la moglie che era prossima a partorire, che viveva ai Caraibi e non abitava più a Napoli. Un po' incuriosito, lo pagai e continuammo a parlare, parlammo per tanto tempo, promettendogli anche che lo sarei andato a trovare. Ma quando gli chiesi l'indirizzo, non volle darmelo e già da lì cominciai a trovare strana la cosa. Si limitò semplicemente a dire: "Cerchi della Bella Napoli!".

Uscimmo dal locale insieme e la cosa che mi sorprese successivamente fu che, nel piccolo tragitto che conduceva fino all'ascensore, frattanto citofonarono gli addetti alla consegna delle casse d'acqua minerale, lui, venendo con noi, faceva un gran caldo, era il 13 giugno, lasciò la cassa dei soldi aperta senza preoccuparsi delle altre persone presenti al bar. Dopo un mese circa, nell'effettuare un altro sopralluogo per una mostra su Caruso, tornai in quel bar. Incontrai una donna, giovane, sui 40 anni, a cui chiesi del signore incontrato il mese precedente. "Qui non c'è nessun signore - rispose - ci siamo solo io e mia madre, ci alterniamo, lo gestiamo noi. Tutt'al più ci può essere un mio cognato, ma è alto due metri, è grosso e si nota subito". "E' impossibile!", feci io.

Per non portarla sulle lunghe, arrivammo a parlare del marito, di cui mi disse che era morto, di un male incurabile, un tumore, e di cui soprattutto mi fece vedere una fotografia risalente a poco prima della sua scomparsa, foto che però non mi colpì particolarmente. Lei mi spiegò tutta una serie di cose, negando sempre che il marito si fosse mai mosso di lì. Fino a quando non tirò fuori un'altra foto, scattata al marito all'età di circa 25-26 anni. Appena la vidi, non dissi nulla e la mostrai invece alla mia compagna: "Lui - disse - era il signore che stava qua!". Allora la signora mi rispose che, effettivamente, la voglia di andare ai Caraibi, di aprire un locale, "La Bella Napoli", in quei posti e di vivere lì coi suoi era sempre stato l'inesaudito sogno nel cassetto del marito.

L'Iscrizione Misteriosa

"Dio m'arrassa da invidia canina, da mali vicini et da bugia d'homo da bene". Si tratta di una misteriosa iscrizione incisa su una lapide posta all'Ospedale della Pace, risalente forse al XVI secolo. La tradizione addebiterebbe tale frase a un onesto cittadino ingiustamente accusato e condannato a morte per omicidio a causa dell'invidia altrui e di false testimonianze.

Prima di morire, l'uomo dispose il lascito della sua eredità proprio all'Ospedale della Pace, aggiungendovi la lapide sulla quale fece incidere la già citata iscrizione, eterna voce, perenne ammonimento contro ogni forma d'ingiustizia. Se la lapide, narra la leggenda, fosse stata però tolta, l'eredità, in base alle precise disposizioni dettate dall'uomo, sarebbe passata all'Ospedale degli Incurabili, tenendo anche pronta, a tale proposito, un'altra lapida ancora con la stessa iscrizione.

Tanto per premunirsi che nessuno togliesse di lì quella lapide, l'uomo dispose anche che qualcuno andasse di volta in volta a controllarla. E visto che in molti giurano di aver visto una strana sagoma aggirarsi nei pressi del vecchio ospedale salvo poi svanire nel nulla (probabilmente lo sventurato protagonista di tutta questa storia), sembra che tale supervisione duri ancora...

Le Gazze Scomunicate

Via Porta Medina, denominata anche via della Pignasecca, per il fatto che conduce appunto a piazzetta della Pignasecca, non si esime dal possedere anch'essa le sue presenze particolari. In tal caso si tratta dei dispettosi fantasmi della Pignasecca, le cosiddette gazze (o piche). Ladruncoli tipici dei vicoli napoletani, il loro insolito e preferito passatempo consisteva nel depositare su un di pino dell'orto dei Pignatelli oggetti preziosi puntualmente rubati nelle case circostanti dedite agli amori clandestini. Inutili i tentativi di scovarli da parte delle autorità civili: le gazze sparivano nel nulla in un batter d'occhio.

Nel momento in cui però sul pino della vergogna fu ritrovato il sacro anello della Curia, si sparse immediatamente la voce che le gazze avessero beccato qualche insigne uomo di Chiesa in compagnia della sua perpetua. L'arcivescovo, oggetto delle dicerie, non perdendo tempo, dispose nei confronti delle gazze la scomunica, il cui decreto di emanazione fu affisso al pino che immediatamente seccò. Da qui appunto il termine "Pignasecca". Ancora oggi le gazze, condannate dalla scomunica alla pena eterna, non avrebbero perso il vizio di far dispetti.

Il Cane Bianco

La testimonianza, fornitaci dal prof. Aldo De Gioia, è di per sé la prova relativa all'esistenza di fantasmi di animali, da molti appoggiata. Nel corso del secondo conflitto mondiale, un cane bianco, di grosse fattezze, appariva correndo lungo via San Paolo poco prima delle incursioni aeree, sia da parte degli anglo-americani prima sia da parte dei tedeschi poi. La sua presenza funse quindi da avviso di imminenti bombardamenti. Finite le incursioni e conclusasi la guerra, l'animale non fu più visto.

Le Tre Sorelle

Le tre figlie del barone Toraldo, nobile del sedile di Nilo, Donna Romita, Donna Regina e Donnalbina, vissute nel '300, vagherebbero afflitte e in cerca d'amore tra piazza San Domenico Maggiore e via Mezzocannone. Promessa in sposa al cavaliere Filippo Capece, Donna Regina vi rinunciò appresa la notizia che anche le altre due sorelle erano, ricambiate, perdutamente innamorate del cavaliere.

Rinunciando al matrimonio e venendo così meno alla promessa fatta al vecchio padre, in punto di morte, di dar seguito alla dinastia, le tre sorelle, di comune accordo, devolsero metà del proprio patrimonio ai poveri e l'altra alla fondazione, per ciascuna, di un monastero di cui sarebbero state badesse, facendo di fatto estinguere il casato e lasciando soprattutto perdere definitivamente Capece. Del quale però, gravate dal peso di un eterno ed infelice amore, andrebbero ancora in cerca.

Il Cameriere

"In occasione della morte di mia suocera - racconta il sign. M.P. - mi recai ai suoi funerali. Quella mattina, però, non mi sentii tanto bene con la pancia, andando anche a farmi visitare in ospedale. Nonostante questo, mentre ero in camera mortuaria, fui assalito da un forte dolore allo stomaco, mi allontanai quindi per un urgente bisogno fisiologico, ritrovandomi, non so come, in aperta campagna. Per non perdere la strada del ritorno, presi come punto di riferimento un albero.

Non m'accorsi però che gli alberi in realtà erano due, confusi quindi la strada andando a finire in tutt'altra direzione. Pioveva a dirotto, l'erba era alta e l'unica soluzione sembrava quella di dover scavalcare un muro alto tre metri, col rischio di farmi male. "Anime del Purgatorio, aiutatemi!", pregai tra me e me.

Dopo appena cinque minuti, vidi venire in mia direzione un cameriere, coi baffetti neri all'insù e la guantiera del caffè in mano, sembrava preso da qualche vecchia cartolina raffigurante la Napoli di una volta. Senza dir nulla, mi fece segno di seguirlo, conducendomi esattamente alla camera mortuaria dov'era collocata mia suocera.

Una volta giunto a destinazione, lo vidi entrare in un'altra sala mortuaria posta proprio accanto alla nostra, senza che ne fosse più uscito. Trovai lì per lì inusuale che un cameriere andasse a portare il caffè in una sala mortuaria. Mi convinsi quindi del fatto che fosse stata davvero qualche anima pia dell'aldilà, vedendomi in difficoltà, a venirmi incontro".

La Triste Sorte di Luisa Sanfelice

Colpevole di aver tradito la fiducia e l'amicizia di re Ferdinando IV di Borbone, per amore di un avvocato repubblicano opportunista e doppiogiochista, la sventurata Luisa Sanfelice, eroina della rivoluzione partenopea, fu giustiziata in piazza Mercato, tramite una forca eretta appositamente per lei, nella notte tra il 10 e l'11 settembre del 1799. La sua ombra agghiacciante, con ancora la corda al collo, apparirebbe puntualmente nell'anniversario della sua morte, di preciso nello stesso luogo nel quale fu giustiziata.

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