La cultura francese ai tempi del re Sole e la sua diffusione in Europa

di Marco Crosetto

Sotto Luigi XIV, la cultura, l'arte e l'inventiva francese nel primo '700 si diffondono sul continente europeo sostituendosi all'influenza italiana rinascimentale. Il rococò prende piede in Europa.

  1. Vita e opere di Luigi XIV
  2. La cultura francese ai tempi del re Sole e la sua diffusione in Europa (questa pagina)
  3. Arte e macchine nell'Europa del '600 e '700

Nascita del rococò

Originale orologio rococò francese - immagine rilasciata sotto licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported, fonte Wikimedia Commons, utente Adrezj O

Originale orologio rococò francese.

Nel 1715, alla morte di Luigi XIV, il nipote designato alla successione era ancora minorenne. La reggenza venne allora affidata a Filippo d'Orlèans che, come prima mossa, decise di abbandonare lo sfarzoso isolamento della reggia di Versailles e riportare la corte a Parigi.

Il trasferimento nella capitale accese una gara di emulazione tra le famiglie aristocratiche impegnate nel restauro e nell'ammodernamento dei palazzi parigini e degli hotels particuliers, abbandonati a se stessi per tutto il mezzo secolo trascorso nel dorato domicilio coatto imposto dal re Sole. Il gusto del reggente era orientato verso un'arte meno aulica, meno imponente e fastosa di quella patrocinata da Luigi XIV che aveva usato monumenti e immagini come espressione del suo potere assoluto. Agli architetti e agli artisti si chiesero una bellezza e un fascino più sottili; l'arte della reggenza non volle imporsi alle masse con la forza eroica delle forme, delle immagini e dei colori, essa volle dilettare l'occhio e sedurre lo spirito di un'élite raffinata. Non si commissionarono più dipinti di storia nel grande formato, per riempire vasti saloni di rappresentanza, ma quadretti piccoli o medi, in assonanza con le nuove strutture edilizie. Gli appartamenti avevano infatti sale più piccole, più curate dal punto di vista dell'arredo e del mobilio. Nel palazzo secentesco barocco pochi ambienti avevano una destinazione unica e ben definita: i saloni erano, in genere, polifunzionali e adattabili alle esigenze del momento.

Il nuovo stile settecentesco dell'abitare precisava la destinazione delle stanze, distingueva con chiarezza il salotto, la sala da pranzo, la biblioteca e la stanza da letto. Per fare un esempio, prima del 1740 non esisteva una salle à manger, non era previsto un locale destinato in modo esclusivo alla funzione conviviale. In occasione dei festini, quando si invitano dei commensali, nei saloni venivano allestite grandi tavolate montate su cavalletti coperti da tovaglie; a fine ricevimento, poi, smontati gli apparati effimeri, il salone era restituito alla sua generica destinazione di rappresentanza. Negli altri giorni i pasti venivano direttamente serviti negli appartamenti privati.

Durante il lungo regno di Luigi XV, nella reggia di Versailles si provvide soltanto a ridistribuire lo spazio interno: gli ampi saloni secenteschi, voluti dal magniloquente predecessore, furono ridisegnati e ridotti in tanti ambienti più piccoli e più intimi. Le nuove esigenze furono affrontate con nuovi criteri; l'arredamento degli interni era ormai visto come un insieme organico, alla cui unità concorrevano in ugual misura stucchi, specchi e pannelli lignei, come pure mobili e rivestimenti in stoffa, caminetti, soprammobili e oggetti di oreficeria. Negli anni della reggenza e di Luigi XV, l'età del rococò, un trionfo di curve legava i mobili alla decorazione delle pareti: la curva era la cifra stilistica che dava armonia a un'arte dinamica, messa in moto dalla vitalità dei motivi ornamentali.

In questo tempo vigeva il principio della convenance, dell'accordo, dell'equilibrio tra spazi interni e decorazione, convenance che si otteneva più facilmente quando la figura dell'architetto coincideva con quella dell'arredatore. Germain Boffrand, uno dei maggiori architetti-decoratori del tempo, in un suo Livre d'architecture afferma che il costruttore deve tener sempre conto dello "stile di vita del secolo", delle abitudini e dei gusti dei clienti.

Gli interni familiari

Il gusto rococò rese squisiti e confortevoli anche gli ambienti riservati all'intimità familiare: i petits cabinets, le stanze da lavoro, le biblioteche e gli studioli. Epicentro della vita sociale e della comunicazione verbale, il salone fu arredato con poltrone, sedie, tavoli grandi e piccoli. Addossati alle pareti per tenere sgombro lo spazio centrale, i mobili concorsero al progetto decorativo. La stanza della padrona di casa, il boudoir, era attrezzato in modo da accogliere, la mattina attorno al tavolo da toletta, gli amici che arrivano per scambiare due chiacchiere e qualche pettegolezzo, i corteggiatori impegnati in galanti schermaglie amorose, i fornitori che offrivano la loro merce, gli artisti con le opere da fare ammirare e da vendere. Grazie alla descrizione fornita dal duca di Luynes nelle Mèmoires sur la cour de Louis XV conosciamo la camera da letto di Madame de Mailly, prima favorita del sovrano.

Nell'alcova dei due amanti, allestita nel Castello Reale di Choisy, la seta azzurra della tappezzeria era tessuta dalla stessa Madame de Mailly; le pareti, le sedie e il letto erano ricoperti di un moir azzurro e bianco, mentre in un angolo era collocata un'encoignure, un armadietto con uno sportello laccato in azzurro e bianco, su cui Jean-Henry Riesener dipinse, dopo la prematura morte della favorita, un poetico paesaggio lacustre con piante acquatiche, cigni e uccelli svolazzanti.

Il gusto delle cineserie

Della stanza dei piaceri regali oggi rimane soltanto l'angoliera. Qualche salone delle regge e dei grandi palazzi si è conservato quasi integro, ma per il resto gli interni più intimi e familiari non hanno resistito al trascorrere del tempo e all'evoluzione del gusto. Un'attendibile documentazione visiva è offerta dai dipinti di François Boucher, il pittore prediletto di Madame de Pompadour, onnipotente favorita di Luigi XV. Nel dipinto La colazione (1739; Parigi, Louvre), questa viene servita in un ambiente tipicamente rococò, nell'appartamento del pittore: sulla stanza inondata dal sole incombe un'alta specchiera, la cui cornice sagomata è colorata di lacca verdolina e intagliata con motivi a forma di conchiglie e di foglie di acanto; alla parete è sospeso un orologio a cartel, una pendola murale in bronzo dorato e cesellato e delle asimmetriche appliques con le candele sono inserite nella cornice dello specchio. La statuetta di Buddha in porcellana, conservata nel mobile pensile, documenta la diffusione del gusto esotico e l'amore per le chinoiseries condiviso da Boucher con il suo tempo. Anche nel pittoresco disordine dello spogliatoio in cui una Donna si allaccia la giarrettiera (1742; Collezione Thyssen-Bornemisza), un disegno orientale con fiori e uccelli coloratissimi si snoda nelle ante del paravento, motivi cinesi illeggiadriscono il parafuoco e il servizio da tè. E ancora in un ritratto della moglie, Madame Boucher, (1743; New York, Frick Collection ), che mostra la giovane e avvenente Marie-Jeanne Buzeau sdraiata su una chaise-longue all'ultima moda e un servizio cinese da tè, e il paravento ai piedi del divano è decorato con fiori e uccelli nel gusto dominante delle cineserie.

Particolare rococò del soffitto del boudoir  nella Villa Campolieto a Ercolano - immagine rilasciata sotto licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported, fonte Wikimedia Commons, utente Lalupa

Particolare rococò del soffitto del boudoir nella Villa Campolieto a Ercolano.

Nel periodo di maggior voga, idoli cinesi si appollaiano su tutti i mobili portaoggetti e persino sugli orologi a pendolo che, in tal caso, esibiscono nel quadrante numeri orientali di pura fantasia. Mancava, in realtà, un senso critico che permettesse di distinguere tra cineserie vere e inventate; e oggetti autentici provenienti dall'Oriente furono adattati al gusto europeo. Appesantiti con l'aggiunta di volute in metallo dorato, i vasi di celadon verde somigliavano, più che a un oggetto cinese, ai boccaloni tedeschi per la birra. Nei parchi, edifici, pagode, padiglioni e chioschi furono rivestiti di pannelli intagliati e dipinti, di arazzi, trafori e statuette che, secondo le intenzioni degli arredatori, dovevano trasformarli in raffinate maisons chinoises. Un capolavoro di cineseria rococò sono gli arazzi tessuti nel 1742 a Beauvais sulla scorta dei bozzetti preparati da Boucher. Nei dieci arazzi, Les tentures chinoises, voluti da Luigi XV quale dono da inviare a Kien-Long, imperatore della Cina, il pittore si servì dei disegni di un gesuita francese residente a Pechino, padre Jean Denis Attiret, ma nonostante questa traccia le scene "all'orientale" conservano un sapore occidentale, tipicamente parigino e rococò.

Il mobile rococò

La migliore ebanisteria rococò coniugava la bellezza con la comodità; con i termini commode e de commodité furono, infatti, chiamati due mobili - un cassettone e una poltrona dallo schienale pieghevole belli e pratici nello stesso tempo. L'eleganza delle forme, la fantasia delle decorazioni e l'equilibrio delle proporzioni caratterizzarono il gusto dell'epoca, ma la funzione di rappresentanza era sempre accoppiata a una funzione pratica. Nelle commodes e nelle angoliere, nei secretaires, nelle consoles e nelle varie versioni della chiffonniere, i cassetti e i ripiani permettevano di conservare o di esporre oggetti d'uso e di arredamento, mentre linee curve, gambe a capriolo e piedi a riccio arricchivano i modelli. Una asimmetria discreta e appena accennata, curve intrecciate, fianchi a serpentina immettevano movimento e dinamismo nelle forme; la superficie acquisiva varietà grazie alle impellicciature, ai tasselli, alle lacche e alle guarnizioni bronzee e per i rivestimenti si usavano legnami pregiati, quali il palissandro, il mogano e il legno di Cayenne. Artisti di primo piano disegnarono le applicazioni in bronzo cesellato che qualificavano la destinazione dell'oggetto, mentre nei modelli più eleganti e costosi le decorazioni bronzee ricoperte dalla patina d'oro davano risalto agli angoli, agli spigoli e alle cornici. Prive di rivestimento erano le guarnizioni dei mobili di minor pregio.

Diffusione europea dello stile rococò: Germania e Inghilterra

Nati e cresciuti in Francia, l'architettura e l'arredamento rococò si diffusero in Europa insieme alla lingua francese, alla sua letteratura e al suo teatro. Il nuovo gusto trovava applicazione non tanto nei palazzi di città o nei castelli, quanto nelle più raccolte dimore destinate al diporto e ai piaceri. Tale destinazione era rivelata dai nomi, tutti francesi, delle nuove costruzioni: "Monrepos", "Sanssoucis", "Bagatelles","Monbijoux", "Solitudes", "Favorites". Nel corso del secolo tutte le corti dei principi e degli elettori tedeschi si emanciparono dall'influsso dell'arte italiana e si convertirono alle novità in arrivo da Parigi. Per decorare l'interno del castello di Sanssoucis a Potsdam, per esempio, Federico il Grande di Prussia chiamò dalla Francia uno dei fratelli Martin, inventori delle famose vernici laccate. Botteghe artigiane ambulanti di alto livello, famiglie intere di stuccatori, di intagliatori e di tappezzieri misero a disposizione di tutti le invenzioni formali e tecniche del rococò francese. Così a Monaco di Baviera, nel parco del Nymphenburg, il padiglione di caccia progettato da François de Cuvillis, l'Amalienburg, ha magnifici stucchi di Johann Baptist Zimmermann e sculture di F. Dietrich. Nata come Lusthaus, "casa di delizie", la palazzina concepita come successione di ambienti caratterizzati da un partito decorativo sempre diverso: scandito dal ritmo regolare delle finestre e degli specchi, il salone centrale circolare fu trasfigurato in un gioco di ornamenti leggeri, di superfici riflettenti e delicate tinte pastello; un piccolo "gabinetto cinese" aveva alle pareti piccoli affreschi e lacche cinesi del Seicento; mentre le pareti della cucina erano rivestite di piastrelle policrome di Delft. Un capolavoro di eclettismo rococò.

Meno eclettico, il rococò inglese si identifica con lo stile di Thomas Chippendale. Buon disegnatore e abilissimo imprenditore, nel 1754 Chippendale pubblica un testo, The Gentleman and Cabinetmakers Director, che - spiegava il sottotitolo - presentava una "ampia collezione dei più eleganti disegni di mobili domestici nel gusto gotico, cinese e moderno". Il libro comprende un repertorio completo delle invenzioni di questo geniale ebanista, tra cui le French elbow chairs, poltrone con gambe a capriolo e piede a sfera artigliata a imitazione di zampa d'aquila, e ancora sedie a traforo, il fretwork, oppure a intaglio con spalliere a traliccio. Un capitolo a parte era dedicato al chinese style che aveva il suo capolavoro nella stanza da letto disegnata per la Badminton House del duca di Beaufort, oggi ricostruita al Victoria and Albert Museum di Londra. Cinese sino alla stravaganza, infine, il letto laccato in rosso e oro con un baldacchino a pagoda, concluso agli angoli da draghi alati.

Il rococò italiano

Esempio di porcellana rococò italiana conservato ai Musei Capitolini di Roma - immagine rilasciata sotto licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported, fonte Wikimedia Commons, utente Tetraktys

Esempio di porcellana rococò italiana conservato ai Musei Capitolini di Roma.

I forti legami con la stagione del barocco secentesco hanno indotto a chiamare "barocchetto" la risposta italiana al rococò europeo. Durante il Settecento nel Piemonte, nel Veneto e nel Regno delle due Sicilie si produssero mobili e oggetti che, per capriccio inventivo e decorativo, poco avevano da invidiare ai modelli stranieri.

La contiguità geografica con la Francia, la presenza di un architetto come Filippo Juvarra e di un ebanista come Pietro Piffetti diedero al Piemonte dei Savoia un posto di primo piano nell'affermazione del rococò italiano. E' su iniziativa di Vittorio Amedeo II, infatti, che si ammodernò l'arredamento del Palazzo Reale di Torino, si costruì la palazzina di Stupinigi e si rinnovarono i castelli di Rivoli e Moncalieri. Nel palazzo della capitale, Juvarra arredò la stanza delle lacche con pannelli cinesi animati da uccelli, fiori e scene di vita orientale; l'effetto cromatico fu molto suggestivo: sulla parete vermiglione i riquadri spiccarono grazie al fondo nero, animato dalle delicate nuances blu, rosso e oro della lacca. Nella palazzina di caccia del parco di Stupinigi, il grande architetto mise poi a profitto gli studi giovanili di scenografia: l'interno pensato come un teatro a più scene, corrispondenti alle stanze e ai salottini attorno al grande salone centrale, punto di vista prospettico dell'insieme.

Gli ebanisti della repubblica veneta acquistarono fama universale per merito della smagliante cromia ottenuta con la cosiddetta "lacca povera", una vernice applicata con velature successive su stampe incollate al legno.

Le vivaci tinte prescelte - il giallo paglierino, il rosso, il blu, il rosa appagavano infatti l'occhio dei committenti veneziani, cresciuti in una città ricca dei colori dei monumenti e del cromatismo della scuola pittorica. I "depentori" di mobili veneziani si ispirarono alla pittura contemporanea, accordando grande spazio alle scenette arcadiche, alle vedute, al paesaggio e alle cineserie; nel momento del massimo splendore a Venezia furono attive più di trecento botteghe artigiane. Lo scultore in legno Andrea Brustolon costruì mobili di forme più pesanti rispetto a quelle dei falegnami francesi e tedeschi; mentre il cassettone "bombato", tipico della produzione veneziana, aveva il piano frontale e le fiancate incurvati come i prototipi d'oltralpe. Più vivaci e originali erano i colori dei legni e delle lacche e i rilievi decorativi che venivano applicati anche su porte, paraventi, ventagli e ninnoli di ogni sorta. Impareggiabili oggetti di vetro uscirono poi dalle officine di Murano, in particolare i coloratissimi lampadari ramificati in tanti bracci che reggevano candele e cespi di fiori vitrei, a imitazione della porcellana.

Nel Regno delle due Sicilie l'attività di Carlo III di Borbone ebbe, nel campo delle arti, l'intervento più benemerito con la fondazione della Real fabbrica di porcellana nel parco di Capodimonte (1742). Le doti della materia prima, un'argilla calabrese priva di caolino, permettevano ai tecnici di ottenere una porcellana che non aveva niente da invidiare a quella prodotta a Svres, a Meissen o al Nymphenburg. La manifattura fu poi smantellata nel 1759, quando Carlo si trasferì a Madrid per occupare il trono di Spagna, più prestigioso di quello napoletano.

Nello stesso anno fu portata a compimento la decorazione del gabinetto di porcellana nel Palazzo Reale di Portici, un magnifico complesso oggi conservato a Capodimonte. Tremila pezzi modellati dai fratelli Gricci componevano un disegno fitto di nastri annodati, di festoni floreali, di sontuosi trofei e strumenti musicali. Dal soffitto coperto di stucchi pendeva un lampadario in porcellana sostenuto dalle zampe di una scimmietta. Nell'insieme, un capolavoro di fantasia, di buongusto ed eleganza e il maggior contributo italiano al rococò europeo.

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