Il Bafometto tra archetipo e leggenda

di Stefano Valente

Il processo medievale ai Templari ha dato origine a grandi contrasti tra gli studiosi, non solo per le ragioni politiche ed economiche che probabilmente lo causarono, ma soprattutto per il grande valore misterico di alcune figure come il Bafometto (o Baphomet) che fu idolatrato, secondo le accuse, da questi uomini d'armi.

Un lungo processo

I Templari, immagine rilasciata sotto licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported, fonte Wikimedia Commons, utente Bathulk

I Templari.

Nell'anno 1307 prende inizio il lungo processo ai Pauperes commilitones Christi Templique Salomonis, i Poveri Compagni d'armi di Cristo e del Tempio di Salomone, ovverossia ai cavalieri templari. Si tratta in realtà del grado conclusivo di un disegno finalizzato all'annientamento dell'Ordine del Tempio, un piano che la monarchia francese, nella persona di Filippo IV detto «il Bello», ha fortemente voluto e, per certi versi, imposto al pontefice, papa Clemente V. La corona di Francia è infatti pesantemente indebitata proprio con i cavalieri del Tempio i quali, all'epoca, rivestono un ruolo di indiscussa potenza finanziaria sovranazionale. Ricchissimo per possedimenti agricoli e commende, che sorgono sia in Occidente sia nei Regni Latini d'Oriente, l'Ordine templare, dall'originaria confraternita votata alla protezione dei pellegrini in Terrasanta, è via via passato a farsi garante di transazioni e beni in tutti i territori in cui si è diffuso in maniera capillare. Si pensi solo alla «lettera di cambio», con la quale era possibile inviare e riscuotere denaro avanti e indietro per l'Europa, al di là dei confini degli stati e anche nell'Outremer, sempre sotto l'egida del Tempio che la lettera di cambio aveva ideato. Al principio del XIV secolo Filippo il Bello, in definitiva, non è in grado di far fronte ai suoi obblighi economici nei confronti dei templari: i forzieri francesi, dissanguati da una politica scellerata e dissipatrice, non possono onorare i numerosi e ingenti debiti che la corona ha contratto con l'Ordine del Tempio. Un Ordine, peraltro, divenuto fin troppo potente e scomodo anche in seno alla stessa Chiesa.

Sodomia, eresia e idolatria

Ecco quindi, all'alba del 13 ottobre 1307, la prima mossa della strategia ordita da Filippo IV: l'arresto di tutti i templari del regno e la confisca dei loro beni. Il fatto che i cavalieri non oppongano resistenza - obbedendo a un ordine preciso impartito loro proprio dal Gran Maestro Jacques de Molay - è a tutt'oggi un elemento dibattuto e problematico nella ricostruzione storica. Sia come sia, il primo atto del cammino che porterà alla dissoluzione dell'Ordine è compiuto. Sodomia, eresia e idolatria sono i terribili crimini dei quali i templari debbono rispondere. Saranno cinque lunghi anni di interrogatori e torture - e di "confessioni" ottenute mediante tortura -, e al termine il processo culminerà con la bolla papale Vox in excelso del 3 aprile 1312, che sancirà lo scioglimento e la soppressione dei cavalieri del Tempio. La volontà del re di Francia è realizzata: i templari - facoltosi e temuti banchieri ante litteram - nulla potranno più esigere dal loro massimo debitore, Filippo il Bello. Il quale, pure, si impossesserà di parte delle ricchezze dell'Ordine, in questo modo rimpinguando le casse della corona.

Il Bafometto

Fra i capi d'accusa ascritti ai cavalieri del Tempio spicca certamente quello dell'adorazione sacrilega del Baphomet, o Bafometto. Un'imputazione e un tema che merita senz'altro un approfondimento, tanto l'argomento, affrontato in passato ripetutamente e a diversi livelli, finisce per fondere - e a volte confondere - insieme dati storici e leggenda. Ma cosa - o chi - era il Bafometto? E' necessario innanzitutto partire da elementi attestati, quali i verbali dei procedimenti che coinvolsero i templari. Le deposizioni e i vari resoconti degli atti giudiziari descrivono il Baphomet come un idolo - un busto o, più spesso, una testa - rappresentante un uomo barbuto dallo sguardo acceso; in altre occasioni se ne evidenzia il colore rossastro della pelle e la lunga capigliatura (attributo, quest'ultimo, notevolissimo per il periodo, poiché tratto marcatamente non virile). Vi sono poi le istruzioni che Filippo il Bello assegnò ai suoi balivi e siniscalchi (coloro che avrebbero proceduto alla cattura dei cavalieri); in queste il re francese definisce l'idolo «una testa d'uomo con una lunga barba, la quale testa essi baciano e adorano a tutti i loro capitoli provinciali, ma ciò non è noto a tutti i fratelli, a eccezione del Gran Maestro e degli anziani». Le note di Filippo IV ai suoi funzionari, dunque, testimonierebbero che il presunto culto blasfemo del Bafometto non sarebbe stato collettivo all'interno dell'Ordine. Ancora: fondamentale, a sostegno dell'accusa relativa all'adorazione del Baphomet, sarebbe stato il ritrovamento, nel corso del processo, di un busto in legno e cuoio raffigurante un uomo barbuto. Il simulacro - forse un reliquiario, poiché al suo interno stavano due frammenti di cranio umano - fu rinvenuto proprio nella casa madre templare di Parigi e andò a costituire una prova materiale per tutto l'iter giudiziale, a supporto delle varie credenze e dicerie dei detrattori dei cavalieri. Tali maldicenze, spesso interessate, sulle quali fu eretto il castello accusatorio, insistevano sulla sodomia e, più in generale, sull'omosessualità diffusa tra i confratelli - omosessualità alla quale veniva attribuito un preciso carattere rituale eretico, visto che le pratiche illecite avrebbero avuto luogo attorno all'idolo del Baphomet. E a questo proposito non va dimenticata la connotazione androgina dell'effigie, con i suoi capelli lunghi chiaramente femminili.

Teste "potenti"

Il Baphomet (o Bafometto) androgino, immagine in pubblico dominio, fonte Wikimedia Commons

Il Baphomet (o Bafometto) androgino.

"Potente", senza dubbio, è poi l'elemento-testa: in numerose tradizioni, da quella druidica celta ad alcune forme gnostiche, il capo è la parte per il tutto, nonché sede privilegiata dell'anima. E a questo si sommino le molteplici «teste di Maometto» - com'era uso chiamarle correntemente -, presenti anche in seguito all'età medievale in special modo nel meridione della Francia e in Boemia. Si trattava di marchingegni, di frequente occultati sotto l'aspetto di uomini o donne saracene, con tanto di velo e barbe, automi in grado di effettuare semplici movimenti e funzioni. Lo stesso papa Silvestro II - l'alchimista e astrologo Gerberto d'Aurillac - avrebbe posseduto una di queste teste di moro: il pontefice-mago se la sarebbe procurata in Spagna, e quella sarebbe stata capace di rispondere alle domande che le venivano poste con un «sì» o un «no». Con un'altra «testa di Maometto» avrebbe stupito il suo pubblico il cinquecentesco Paracelso: si tramanda che l'automa del medico svizzero pronunciasse addirittura nomi e diagnosi dei malati. E, nel corso della Storia, le interpretazioni del culto della testa del Baphomet si moltiplicheranno incontrollate: vi si vedrà il capo reciso di Giovanni Battista, il volto della Sindone, nonché l'Adam Qadmon - o Adamo primordiale - della qabbalah, la cui testa barbuta si identifica con la Hokhmah ("'Sapienza", la seconda delle sfere emanate da Dio).

L'iconografia

Si vede bene, quindi, come sia impossibile redigere una storia del Bafometto separandola dal sostrato simbolico e dall'iconografia che da sempre l'accompagna. Oggigiorno, probabilmente, nel nostro immaginario prevale la raffigurazione ottocentesca che abbiamo ereditato dal famoso esoterista e teosofo parigino Éliphas Lévi: il Bafometto-capro alato androgino, anche detto «Baphomet di Mendes», sulle cui braccia è indicato il Solve e il Coagula alchemici (icona con cui Lévi rielaborò il XV arcano maggiore dei tarocchi, «Il Diavolo»). Ma numerose rappresentazioni del Bafometto sono rintracciabili pure nelle architetture di edifici sacri cristiani. L'immagine certo più conosciuta è quella sul portale della chiesa di Saint-Merry a Parigi: nient'altro che un demone alato e assiso, con barba e seni - assai meno inquietante di altre gargolle gotiche. Si può poi citare l'analogo diavolo barbuto ed ermafrodito sopra l'ingresso di Sainte-Croix, a Provins, e la testa cornuta che appare sulla fiancata sinistra dell'antica commenda di Saint-Bris-le-Vineux, in Borgogna. E senza andare troppo lontano, a Pisa, sull'esterno della chiesa di San Paolo all'Orto, è possibile ammirare una testa barbuta «di Bafometto». Se è vero che tali raffigurazioni compaiono in strutture e luoghi che furono connessi o appartennero all'Ordine del Tempio, è però altrettanto vero che la datazione di queste rappresentazioni è piuttosto recente, e comunque successiva alla soppressione dei cavalieri templari. Va considerata perciò corretta la classificazione generica con cui alcuni medievisti francesi definiscono tutte queste immagini: «représentations baphométiques».

In realtà il problema dell'iconografia del Baphomet risulta depistante in vista di una ricerca storica. Nel corso dei secoli si assiste infatti a una vera e propria proliferazione delle icone del Bafometto e si tratta di un fenomeno sempre posteriore allo scioglimento dell'Ordine. Peraltro buona parte delle immagini e dei simulacri che saranno designati come «Bafometti» è frutto di scoperte - o speculazioni - settecentesche o ottocentesche. Con tutto un fiorire di elementi e simbologie che finiscono per "complicare" un emblema già tanto oscuro e illeggibile. Ad esempio, nelle collezioni archeologiche del Kunsthistorisches Museum di Vienna e di quello di Weimar, alcune raffigurazioni mostrano un Bafometto bicefalo e androgino, recante una croce-ankh e numerosi altri segni distintivi (quali la cazzuola - chiaro riferimento alla Libera Muratoria -, la menorah ebraica, la stella a cinque punte o pentacolo, la mezzaluna, ecc.).

Esoterismo e occultismo

Immagine del Baphomet tratta dall'occultismo tradizionale, fonte Wikimedia Commons

Immagine del Baphomet tratta dall'occultismo tradizionale.

Settecento e Ottocento sono anche i secoli per eccellenza delle riflessioni in chiave esoterica e occultista che, sulla scia delle grandi conoscenze segrete comunemente accordate ai templari, non mancano di interessarsi al mistero del Baphomet. E lo stesso accadrà nel secolo successivo, con la nascita e lo sviluppo del pensiero teosofico. Vale la pena ricordare un nome su tutti: quello dell'orientalista austriaco Joseph Freiherr von Hammer-Purgstall. Studioso a cavallo del XVIII e XIX secolo, von Hammer-Purgstall fu autore di una vasta opera sulle culture e le religioni dell'Oriente antico e contemporaneo. Nelle sue ricerche accostò il Bafometto - e l'Ordine del Tempio - alle correnti gnostiche degli Ofiti o Naasseni. La gnosi degli Ofiti risale al III secolo e riconosceva nel serpente (in greco óphis, in ebraico nahash) del paradiso terrestre il dispensatore di conoscenza e di luce, opposto al Dio veterotestamentario, demiurgo creatore del mondo materiale che impedisce alla scintilla divina presente in ogni uomo di liberarsi dalla prigione materiale. In definitiva Von Hammer-Purgstall, sebbene non in forma semplicistica, è il padre della tesi secondo la quale Baphomet altro non sarebbe che l'abbreviazione di Ab Ophibus Templum, ossia 'il Tempio (deriva) dai serpenti'. E' una tesi che ben si sposa con l'idea dei cavalieri templari detentori di eredità sapienziali tanto arcaiche quanto impenetrabili, e che trova fondamento nella sodomia e nei riti orgiastici praticati dagli Ofiti.

L'interpretazione etimologica

Ma forse è proprio nell'interpretazione etimologica del nome Baphomet che possiamo imbatterci negli spunti più intriganti e probabilmente verosimili. Un dato certo è che lo storpiamento antico francese di Mahomet sia documentato nel corso del processo iniziato nel 1307. Egualmente attestato è il nome baphometéries - o anche baphoméries - per le moschee presenti in territorio francese in epoca medievale. Lo scrittore di tematiche sufi Arkon Daraul (pseudonimo di Idries Shah) ha poi ipotizzato un'origine dall'arabo abu fihama(t) 'padre della comprensione', reso probabilmente come bufihimat nell'idioma dei Mori iberici. Più antica la teoria dell'illuminista e massone settecentesco Friedrich Nicolai, che ricostruirebbe Baphomet dal greco baphe (immersione) e metis (saggezza). Infine piena di fascino è certamente la tesi di Hugh Schonfield, fra i primi studiosi dei manoscritti esseni di Qumran. In The Essene Odyssey, Schonfield ha applicato l'antico sistema crittografico denominato « sequenza athbas » - procedimento cabalistico (della temurah, esegesi basata sull'anagramma delle lettere) presente già nella Bibbia e consistente nell'uso dell'ultima lettera dell'alfabeto ebraico in luogo della prima, della penultima per la seconda, ecc. - a Baphomet, trascritto in ebraico - da destra a sinistra - taw, mem, waw, pe, beth: ha ottenuto così 'alef, yod, pe, waw, sin: vale a dire (sempre leggendo da destra a sinistra) il gr. Sophía.

Un archetipo

In conclusione la "questione-Bafometto", che dal drammatico epilogo dell'Ordine del Tempio tanto ha attratto studiosi e esoteristi, generando congetture d'ogni sorta, è ben lontana dall'essere esaurita. I pochi dati storici e le scarse testimonianze restano sommersi dall'abbondanza di materiale leggendario, letterario e speculativo prodotto intorno alle tematiche templari. Se, da un lato, il Baphomet è stato strettamente connesso con la gnosi, con l'acquisizione della conoscenza, dall'altro ha finito per identificarsi con l'aspetto "oscuro", segreto - e forse anche "demoniaco" e demonizzato - di monaci e cavalieri che la Storia, nonostante tutto, non è riuscita a cancellare. Il Bafometto, in questo senso, si farà archetipo di una sapienza misteriosa e invisibile, potentissima quanto più indecifrabile, simbolo disponibile per forzature e strumentalizzazioni di varia natura. Come quando la sinistra figura dell'occultista Aleister Crowley se ne approprierà rendendolo fondamento del credo magico-sessuale della sua Gnostic Catholic Church.

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