L'influenza della mitologia ebraica nelle ambientazioni fantasy
Seconda parte: le creature terrene mitologiche

a cura di Mario Micolucci

  1. Prima parte: dagli antichi miti ebraici agli angeli e demoni
  2. Seconda parte: le creature terrene mitologiche (questa pagina)

Le creature terrene mitologiche: generalità

Il Leviathan annichilito da Dio, opera di Gustave Doré - Immagine in pubblico dominio, fonte Wikimedia Commons

Il Leviathan annichilito da Dio, in un'opera di Gustave Doré.

Tra tutte le creature della mitologia ebraica tre sono le più emblematiche: il Leviathan, il Behemoth e lo Ziz. Esse rappresentano l'incarnazione nonché la personificazione delle incommensurabili e incontenibili forze della natura, rispettivamente i mari, le terre emerse e i venti. Il motivo per cui, spesso, vengono menzionate è proprio quello di mostrare la grandiosità delle potenze terrene per poi vederle annichilite e sottomesse da un potere ancora più grande che è quello di Yahweh. Quindi sono lo strumento attraverso il quale si rende atto all'onnipotenza di Dio. In pratica, è qualcosa di simile alla tecnica narrativa che prevede che in un romanzo o in un film si mettano in risalto le capacità degli antagonisti per poi conferire maggiore gloria all'eroe che li sconfigge. Spesso, così come avviene nel noto Libro di Giobbe, esse sono menzionate nell'ambito di ragionamenti volti a dimostrare che la grandezza di Dio è imponderabile. Il metodo speculativo utilizzato è lo stesso attraverso il quale i greci definivano il concetto di infinito (potenziale): comunque si individui una quantità, ne esiste sempre una maggiore.

Le caratteristiche che rendono possenti tale creature vengono esplicitate principalmente attraverso tre fattori: le dimensioni, i cataclismi che sono capaci di innescare grazie alla loro immane forza e il terrore che suscitano sugli altri esseri viventi. Si tratta di concetti assai materiali, ma che comunque raggiungono i limiti dell'umana immaginazione, almeno per il contesto arcaico in cui i libri che li descrivono sono stati scritti.

Essendo creature concepite e messe in scena per essere maestose, mirabolanti e tracotanti potere risultano, inevitabilmente, anche cariche di suggestività, meraviglia e terrore: va da sé che siano attori perfetti per dare grandiosità ai fantasy di matrice epica. Anche molti videogiochi, in particolare quelli giapponesi, fanno sfoggio di enormi mostri che recano i loro nomi. In realtà, delle tre è il Leviathan il più emblematico ed è anche il più ricorrente nelle ambientazioni. La sua maestosità è antonomastica e varca persino i confini del fantasy per entrare nell'universo della fantascienza dando il nome a gigantesche astronavi. Basta dire che un veicolo spaziale si chiami, appunto, Leviathan per essere certi delle sue dimensioni mastodontiche: insomma è talmente simbolico nell'immaginario collettivo che il solo nome rende superflua ogni successiva descrizione. D'altro canto, il sovrano dei cieli, lo Ziz, è assai raramente utilizzato nelle ambientazioni fantasy, però lo è il Roc che non è altro che la sua trasposizione nella mitologia persiana. Certo, il corrispettivo persiano pur essendo maestoso al punto da ghermire elefanti è ben poca cosa rispetto al suo antenato: perde molto soprattutto in termini di esagerazione e tracotanza assumendo più carattere di bestia straordinaria che di essere terreno supremo. Il motivo della maggiore risonanza culturale del Roc rispetto allo Ziz sta nel fatto che sia menzionato nel celebre racconto "Sinbad il Marinaio" e anche da Marco Polo che lo descrive come un uccello dal piumaggio bianco e con un'apertura alare di sedici passi.

La suggestività di questa triade di creature portentose funge anche da strumento per osannare la gloria dei giusti, visto che solo a loro sarà concesso di banchettare con le loro carni che pare siano quanto di più prelibato esista.

Oltre alle tre somme creature esistono altre bestie assai spaventose e imponenti: innanzitutto i draghi, sia alati sia simili a enormi serpenti. Tuttavia, non essendo tali esseri ad appannaggio esclusivo della mitologia ebraica non verranno trattati. Anche perché spesso è il Leviathan stesso che viene presentato con le loro sembianze.

Una creatura assai evocativa e di magnificenza quasi pari alla triade di cui sopra è il Reem al quale si riserverà una breve trattazione in questa sede in quanto assai bizzarra e suggestiva, anche se, questo va detto, probabilmente mai direttamente citata tra i romanzi di fantasia moderni o, perlomeno, tra quelli conosciuti dal sottoscritto.

Lo Ziz

Lo Ziz - immagine in pubblico dominio, fonte Wikimedia Commons

Lo Ziz (o Roc nella mitologia persiana).

Si chiama così poiché il suo corno ha molteplici sapori (sapore di questo e di quello: zeh-zeh). E' il re degli uccelli ed è talmente maestoso che aprendo le ali può oscurare il sole o trattenere l'impetuoso vento del sud che altrimenti prosciugherebbe tutto. Grazie al suo intervento, i volatili più piccoli non vengono sterminati dai rapaci in quanto una volta all'anno, nel mese di Tishrì, su ordine di Dio alza il capo, sbatte le ali e gracchia incutendo agli uccelli da preda un terrore tale da dissuaderli dal cacciare.

Bar-Hana narra che vide un esemplare poggiato in mezzo all'oceano con le acque che gli sommergevano appena le caviglie, così, credendo che il fondale fosse basso si preparò insieme al suo equipaggio a sbarcare per fare un bagno, ma fu dissuaso da una voce divina che lo ammonì dicendo che lì l'oceano era talmente profondo che un falegname di vascello aveva lasciato cadere la sua ascia sette anni prima e ancora non toccava il fondo.

Lo Ziz cova un unico uovo così grande che quando alla chioccia Ziz capitò di farne cadere uno guasto, rompendosi travolse trecento alberi di cedro e inondò sessanta città soffocando i loro abitanti a causa delle esalazioni. Quindi è enorme, ma rispetto al Leviathan non è che un uccellino visto che può appollaiarsi su una sua pinna che se sollevata può innalzarlo all'altezza del Regno dei Cieli.

Il/la Behemoth

Regna sugli animali camminanti e governa sulla terraferma. Tale creatura, a volte è appellata come essere maschile, a volte femminile, assai raramente si considera la presenza contemporanea di due esemplari di genere diverso. E' descritto come un enorme quadrupede dotato di spaventose corna ricurve, con ossa come tubi ottone e una coda grossa quanto un tronco di cedro. Molti associano tale immagine a quella di un ippopotamo, ma si ritiene che la descrizione meglio calzante sia quella di un triceratopo a causa delle corna e della coda; è improbabile, ma non è da escludere che in tempi antichi una qualche popolazione si sia imbattuta in resti fossili di tale dinosauro rimanendone impressionata per generazioni.

Pascola su mille montagne al giorno radendone tutta l'erba, tuttavia essa al mattino successivo ricresce alta come il giorno prima. La sua sete è tale che ipotizzando di accumulare le acque che attraversano il Giordano in sei mesi, esse sarebbero sufficienti a un suo solo sorso, pertanto per abbeverarsi ha bisogno di farlo da una sorgente a sua misura, Jubal, che sgorga direttamente dall'Eden.

Il Behemoth disprezza la sua enorme forza e, come un sovrano compassionevole, vigila sull'incolumità delle creature più deboli: ogni anno durante il solstizio d'estate si solleva sulle zampe posteriori ed emette un ruggito tale da dissuadere le fiere dall'aggredire i greggi per i successivi dodici mesi; spesso agita la sua enorme coda per consentire agli uccelli di riposare su di essa e poi, abbassandola con delicatezza, dona ombra agli animali da campo.

Il Leviathan

Behemoth e Leviatano in un'incisione di William Blake - Immagine in pubblico dominio, fonte Wikimedia Commons

Behemoth e Leviatano in un'incisione di William Blake.

La figura del Leviathan è probabilmente frutto dell'eredità sumera e traspone in una forma bestiale la divinità delle acque, Enki, il cui simbolo, per l'appunto, è un grande serpente; in un'ottica monoteistica, tale divinità viene relegata al ruolo di semplice creatura, anche se portentosa. Non si esclude anche l'influenza della divinità babilonese Tiamat che a sua volta è originariamente ispirata alla cosmogonia sumera.

Spesso la figura del Leviathan viene associata alle sembianze assunte da Rahab, il principe del mare, probabilmente un angelo. Si riportano in breve alcune delle versioni sulla morte di Rahab.

Dio gli ordina di ingurgitare tutte le acque del mondo, egli si rifiuta e viene ucciso, la sua carcassa viene sprofondata negli abissi per evitare che se ne diffondesse il fetore; in un altro racconto, Dio, invece, lo risparmia e quando gli angeli, mossi dall'invidia, buttano in mare Il Libro di Raziel, gli viene ordinato dall'Onnipotente di recuperarlo ed egli lo fa senza obiettare; successivamente, però, si macchia di tradimento sostenendo il popolo d'Egitto contro Israele: a quel punto Dio lo distrugge con tutti i suoi fedeli.

Come già accennato, il Leviathan, spesso, viene presentato come un Drago gigante talmente vanaglorioso da asserire di aver egli stesso creato tutte le acque. A causa di ciò, Dio, con un'immensa rete, lo trae a riva insieme a tutta la sua progenie per trafiggerne i fianchi e disperderne i crani. Oppure i Leviathan erano due: il serpente alato e quello tortuoso, entrambi distrutti da Dio.

In altre versioni il Leviathan viene risparmiato: Dio lo ammansisce e gioca con lui per tre ore al giorno permettendogli di nutrirsi ingurgitando miriadi di mostri marini giganti. D'altra parte, quando ha fame emette un denso fumo tale da oscurare enormi distese d'acqua e quando ha sete provoca un tale accrescere delle maree da turbare gli abissi per settanta anni e da terrorizzare lo stesso Behemoth. Ironia della sorte, pare che Dio lo tenga a bada con un pesce minuscolo detto Chalkis che è l'unico essere che teme.

In altri scritti la sue dimensioni sono tali da essere parte integrante della struttura del cosmo: in uno si dice che confinato in una caverna sorregga il peso del mondo; in un'altra si dice che abbia tanti occhi quanti sono i giorni dell'anno e che sia chiuso a cerchio mordendosi la coda formando un anello che argina gli oceani tutt'intorno tracciando il confine più basso del firmamento.

Suggestivo è il racconto di Rabh Saphra che navigando vede all'orizzonte due bestie gigantesche sulle cui corna era inciso: "Questa minuscola creatura, dalle dimensioni di trecento leghe, sta per portare un pochino di cibo al Leviathan".

Il fetore emesso dal Leviathan, così come quello di Rahab, è antonomastico, tant'è che per non asfissiare tutte le creature del creato si purifica annusando le fragranze dei fiori dell'Eden.

In alcuni testi si narra di una grande battuta di caccia al Leviathan condotta senza successo dalle schiere angeliche: le loro armi si spezzavano contro le sue scaglie impenetrabili; persino l'Arcangelo Gabriele che tentò di pescarlo, venne ingoiato insieme a esca, lenza e canna; l'impotenza degli angeli costrinse Dio a un intervento diretto per ucciderlo.

Vengono ora menzionate le congetture sul rapporto tra Leviathan e Behemot.

Alcuni testi predicono un duello apocalittico e senza vincitori tra Behemoth e Leviathan, altri dicono che la Behemoth e il suo compagno designato Leviathan siano stati separati da Dio: l'una vincolata a vivere sulla terraferma e l'altro nelle acque nel timore che la loro unione possa spezzare in due il creato. Oppure gli arcangeli Michele e Gabriele provano a domare le due creature, ma risultano impotenti dinnanzi alla loro possanza costringendo Dio a un intervento diretto.

Il Reem

Il Reem è un animale mitologico dall'aspetto bovino, ma di dimensioni straordinarie.

Il Reem (o Re'em) è un animale mitologico dall'aspetto bovino, ma di dimensioni straordinarie.

Il Reem è un animale mastodontico dalle sembianze bovine, tuttavia resta in tutto e per tutto un animale e ciò lo pone una spanna al di sotto della triade citata in precedenza.

Seguono alcuni racconti che fanno leva sull'immaginazione mettendo in mostra con aneddoti pittoreschi le sue straordinarie dimensioni.

Davide, da ragazzo, stava pascolando le pecore per quello che credeva fosse un pendio, ma che in realtà non era altro che un Reem addormentato. Quando questo si svegliò e si levò in piedi, egli si aggrappò al corno destro dell'animale arrivando a lambire il cielo. Pregò il Signore di salvarlo promettendo in cambio di erigere un tempio grande quanto le sue corna, cioè cento cubiti. Dio per salvarlo mandò il re degli animali, il leone, al cui cospetto, l'enorme bovino si inchinò. Davide temeva anche il grosso felino, pertanto, Dio inviò anche un cerva per tenerlo impegnato e consentire, così, al giovane di mettersi in salvo.

Il rabbino di Bar-Hana vide un piccolo di Reem nato proprio quel giorno, ma già più grande del monte Tabor, il solo collo misurava tre leghe: quando questo defecò fece straripare il Giordano.

Al tempo del rabbino Hiyya bar Rabha un piccolo di Reem arrivò in Israele sradicando tutti gli alberi della regione. In seguito a digiuni e preghiere rivolte a Dio, la madre muggì richiamandolo a sé nel deserto.

Assai pittoresco e fantasioso è il testo che tratta di come tale specie bovina viva, si riproduca e muoia. Esiste sempre una sola coppia di Reem che abitano ai due estremi del mondo. Ogni sette anni si incontrano e si accoppiano, dopo di che, la vacca morde il collo del toro ammazzandolo. All'undicesimo mese di gravidanza la vacca diventa troppo mastodontica per camminare e finisce per rotolarsi sui fianchi: nel farlo fa sgorgare acque sorgive che permettono la continua ricrescita dell'erba necessaria al suo nutrimento. A fine gestazione il suo ventre scoppia uccidendola e da esso scaturisce una nuova coppia il cui destino sarà lo stesso.

Nonostante le loro dimensioni, i Reem rientrano nel novero degli animali, pertanto in un testo si narra che Noè dovette prodigarsi per salvare anch'essi dal diluvio. Per farlo, legò le corna di due piccoli all'Arca in modo che potessero poggiare le narici sulla tolda, mentre con il corpo nuotavano dietro il gigantesco natante. Trattasi di una teoria fantasiosa volta a fornire una spiegazione al fatto che essi fossero sopravvissuti per essere menzionati in epoche successive come quella di Davide o quelle dei rabbini citati.

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