Introduzione alla storia alternativa

traduzione e adattamento di Giampietro Stocco

Negli ultimi anni, un Paese laico e materialista come la Danimarca ha cominciato curiosamente a occuparsi di storia alternativa. Università come quelle di Roskilde e Copenaghen, atenei sperimentali e tradizionali, hanno cominciato a guardare le elaborazioni controfattuali con crescente interesse. Perché? Tutto nasce dal buco nero del 1940-45, l'occupazione tedesca del Paese, e la sua influenza sul futuro della Danimarca. I "cosa sarebbe successo se..." si sono in breve tempo moltiplicati e hanno dato vita a discussioni e perfino a portali, uno fra tutti quello di Rasmus Dahlberg: Jakob Sørensen, storico al Roskilde Universitetscenter, autore di un libro molto discusso in patria "Occupazione - cosa sarebbe successo se...?" dà il suo contributo al dibattito.

Durante la Prima Guerra Mondiale, nell'ottobre del 1914, il Ventiduesimo e il Ventitreesimo corpo d'Armata dell'esercito tedesco, unità nuove di zecca, furono lanciate in battaglia contro gli Inglesi. Alle loro spalle avevano solo due mesi di addestramento essenziale, e ciò nonostante furono inviati a fronteggiare veterani di guerra. I due corpi d'Armata erano formati quasi esclusivamente da studenti delle università tedesche, che altrimenti avrebbero avuto comunque la possibilità di rimandare il loro servizio militare fino a compimento dei loro studi.

Il loro battesimo del fuoco fu vicino a Ypres, in Belgio, e si risolse in un vero e proprio massacro. La carneficina dei giovani soldati tedeschi senza esperienza durò tre settimane e fu archiviata successivamente in Germania come l' Eccidio dei Ragazzi di Ypres. C'è ancora un brutto monumento che lo ricorda nel vicino cimitero di Langemarck. Si possono ancora distinguere i simboli delle Università tedesche, posti in ricordo dagli studenti. Nel cimitero sono sepolti i resti di 36.000 soldati germanici, quasi lo stesso numero di vittime americane dell'intera guerra del Vietnam.

Una delle unità che parteciparono alla battaglia era il 16.reggimento della Riserva Boema; dei 3.600 effettivi ne sopravvissero 611. Durante il massacro, il comandante del reggimento, il tenente colonnello Engelhardt, si trovava lontano dalle operazioni per osservare il nemico. Accompagnato da due soldati, fu scoperto e i tre si salvarono a stento dal fuoco nemico. Una volta al sicuro, il colonnello promise a ciascuno dei due una croce di ferro per il valore dimostrato. Prima di poter dare seguito a questo ordine, Engelhardt fu gravemente ferito. Accadde poco dopo che i tre raggiunsero il quartier generale tedesco: una pioggia di granate britanniche cadde sulla tenda del colonnello, ferendo lui e uccidendo altri tre soldati. I due aiutanti avevano lasciato appena in tempo la tenda di Engelhardt e si salvarono. Uno dei due si chiamava Adolf Hitler, il futuro Führer del Terzo Reich, responsabile dell'Olocausto e sotto molti punti di vista unico responsabile della Seconda Guerra Mondiale. Durante la Prima Guerra Mondiale, Adolf Hitler faceva la staffetta, un compito molto rischioso, e l'episodio della tenda del colonnello Engelhardt è solo uno dei tanti in cui il futuro Cancelliere del Reich scampò a stento alla morte.

Hitler sopravvisse dunque alla morte a Ypres. Ma se invece fosse morto nel 1914, che aspetto avrebbe il mondo di oggi?

Per gli storici o coloro che si dilettano di storia, è facile compilare testi di storia alternativa, baloccandosi per gioco con gli eventi. Tuttavia, a chi interessa impiegare tempo a scrivere o leggere di fatti che non si sono mai verificati, e che dunque non hanno alcun significato reale? La risposta è semplice: i fatti mai accaduti sono quasi altrettanto importanti di quelli che sono successi. La storia non è una lunga serie di eventi prestabiliti all'origine. Gli eventi storici non sono le perle di una collana. La storia, sia nella sua interezza, sia sul piano dei singoli fatti, è al contrario un ampio ventaglio di scelte, compiute da singole persone, da governi o da movimenti di popolo più o meno inconsci. E la maggior parte di queste possibilità di scelta viene messa in atto attraverso una ricerca di possibilità e, considerando poi queste ultime in rapporto l'una all'altra. In questo modo si dimostra che la storia può essere vista come un filo di perle su una collana, ma che questa visione è povera e limitata, perché prescinde da tutte le altre possibilità che nelle singole situazioni si trovavano lì dove si doveva compiere la scelta, che si trattasse di singole persone, di governi o di popoli.

Parlando di occupazione della Danimarca, allora, cosa sarebbe accaduto se i politici avessero rifiutato la collaborazione coi tedeschi? Sappiamo naturalmente che si scelse la politica della collaborazione, ma l'alternativa fu presa in considerazione. E cosa sarebbe successo se fossero stati i russi a liberare per primi la Danimarca, o se il re Cristiano X fosse morto durante il suo drammatico incidente a cavallo? In quest'ultimo caso, i tedeschi avrebbero approfittato per stringere la presa sul nostro Paese?

Esaminando la storia che non ha mai avuto luogo, possiamo saperne di più su noi stessi e sul nostro passato. Non equivocate: scrivere di storia alternativa è almeno altrettanto difficile che scrivere di storia "vera". Il muoversi lungo la tangente controfattuale richiede conoscenze generiche e specifiche ancora maggiori di quelle che ci si aspetta da uno storico.

Non serve a nulla partorire domande fantasiose del tipo: "Cosa sarebbe successo se la Danimarca avesse avuto la bomba atomica nel 1940? Saremmo stati occupati dai tedeschi, allora?". Questo è un modo di ragionare che non ci dà alcuna nuova conoscenza sul passato, ma si limita a giocare con l'immaginazione. Ciò che interessa sono le reali possibilità di scelta oppure un corso di eventi alternativo ma probabile. Questa impostazione si è dimostrata in grado di portare a interessanti sviluppi nello studio della situazione danese durante l'occupazione tedesca. Ciò che è emerso in maniera del tutto particolare è la specificità dell'occupazione danese rispetto a quelle condotte in atri Paesi.

Lo stesso può dirsi circa la Shoah in Danimarca, che com'è noto si è svolta in maniera del tutto diversa che in altri Paesi occupati. Se si ragiona in modo controfattuale e si ipotizza una reazione ebraica attraverso un modello che è stato applicato altrove, allora l'attenzione si focalizza sull'aspetto singolare della nostra storia.

Affrontiamo ora l'altro aspetto della storia alternativa, il suo disegnare in genere scenari molto peggiori di quelli realmente accaduti: non mi dilungherò sulla questione che sia una regola della storia controfattuale il sottolineare aspetti catastrofici, ma una conclusione accurata sarebbe sicuramente dire che questa è una cosa da approfondire.

Un'analisi controfattuale di un attentato riuscito contro Hitler nel 1933, che avesse come risultato il mancato svolgimento della Seconda Guerra Mondiale e della Shoah e che dimostrasse che in seguito la gente potesse vivere insieme in pace e in tolleranza reciproca non farebbe sobbalzare né gli storici alternativi, né il pubblico più vasto.

A noi, invece, piacerebbe molto di più sentire il peggio, e cioè di una rapida vittoria tedesca sul fronte orientale, oppure che il D-Day sia fallito, oppure che i tedeschi si siano decisi a un'ultima, disperata battaglia conclusiva nello Jutland.

Ci piace di più, dunque, pensare al peggio.

A che ci serve, insomma, la storia alternativa? A che ci serve pensare al peggio, e come può una serie di eventi che non sono mai accaduti, essere rilevante per noi come storici? La popolarità del genere da sola ci mostra che c'è mercato per questa forma di storia e si può naturalmente desumere che sia meglio elaborare contro-fatti convincenti piuttosto che dare vita a elaborazioni sensazionalistiche.

Ma se ci si sposta dal piano specialistico e si guarda al genere della storia alternativa come a uno strumento di lavoro, allora penso che la storia controfattuale non serva tanto a scrivere, quanto a pensare. In altri termini, dobbiamo riconoscere che quando lavoriamo coi fatti, pensiamo in maniera controfattuale.

Se scriviamo, valutandole, delle iniziative di un politico, la nostra valutazione sarà per esempio sicuramente una contro-valutazione. E' una valutazione controfattuale, infatti, pensare a quali conseguenze avrebbe comportato, da parte dello stesso politico, l'intrapresa di una strategia diversa da quella effettivamente scelta, magari dall'esito sfortunato. Ed è proprio attraverso questa valutazione implicitamente controfattuale che noi giudichiamo la storia reale.

I contro-fatti, dunque, sono uno strumento che lo storico usa sempre, anche se poi di rado lo specialista elabora il corso alternativo della storia come fa chi scrive di storia alternativa schietta.

Di qui le critiche al genere come perdita di tempo o presa in giro, visto che il metodo si trova implicitamente nella natura dello scrivere di storia reale. A meno che noi non riduciamo lo scrivere la storia a un mero "e allora successe questo, e poi successe quello" , astenendoci completamente dal valutare o analizzare il passato.

Al contrario, così come apparentemente fanno alcuni grandi critici del genere-storia alternativa, io non penso che la storia alternativa sia più importante di quella reale. Assolutamente. Come metodo, però, non si può evitare.

[...]

L'apparente boom del genere storico alternativo qui in Danimarca si può giudicare dal numero delle pubblicazioni comparse in poco tempo. Durerà la moda? La storia controfattuale, di per sé è una nicchia rispetto a quella reale, e le pubblicazioni danesi a mio avviso assomigliano più a una cascata improvvisa che a un'onda lunga. Non che per questo il genere e il metodo siano meno interessanti o che il loro significato sia d'altro canto da esagerare. C'è un fascino profondo sia negli eventi del passato, sia nella semplice domanda "cosa sarebbe successo se...". Ma il fatto che la risposta non possa mai essere più che un'ipotesi, per quanto qualificata, pone da solo i limiti al genere, e perciò anche alla sua diffusione.

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