Perù, paese di leggende - Prima parte

di Adriana Alarco Zadra

Il Perù è un paese sudamericano di grandi contrasti geografici; fisicamente è diviso in tre regioni naturali e parallele: la fascia costiera che costeggia l'Oceano Pacifico, la Cordigliera delle Ande che raggiunge altitudini di quasi 7,000 metri (l'Aconcagua in Argentina e l'Huascaràn in Perù) e l'immensa Amazzonia confinante col Brasile, nella quale tuttora vi sono innumerevoli tribù che vivono in luoghi inesplorati e incantevoli, avvicinate alla civiltà dai missionari. Essa è la regione più vasta, ma anche la meno popolata del paese.

La caratteristica principale di tutte le zone è l'isolamento. Le regioni abitate sono lontane una dall'altra e separate frequentemente da ostacoli difficili da superare. Si può quindi comprendere come nelle differenti zone abbiano potuto nascere diverse civiltà, che si siano prodotte migrazioni di popoli e che dalle brecce, dai passi sui monti, si siano potute esercitare influenze. Tuttavia è difficile comprendere come abbia potuto costituirsi un così vasto impero come l'incaico.

La vita e la morte sembrano perdere ogni significato in questa immobilità serena e silenziosa dove le montagne sono barriere e i fiumi torrenti.

LEGGENDE DELLA COSTA SUL PACIFICO

L'ORIGINE DEL MARE

Moltissimi anni fa, gli abitanti della costa del Pacifico adoravano il dio Pachacamac, creatore del cielo, della terra e di tutte le cose, ma allora l'oceano non esisteva. Un giorno, Pachacamac diede un kero, un vaso cerimoniale pieno d'acqua, in dono a una coppia che viveva in armonia con la natura, a Pisco, a sud dell'odierna città di Lima.

Accadde che questo uomo e la sua donna, invece di avere cura del dono di Pachacamac, una sera durante i festeggiamenti del villaggio, versarono l'acqua racchiusa nel vaso sacro e lo riempirono di chicha 1, l'acquavite di mais, che bevvero per l'intera notte.

Non si resero conto che l'acqua sacra sparsa dal kero cominciava a crescere e crescere intorno al villaggio, diventando una superficie sempre più estesa che bagnava i dintorni deserti della valle. Quando realizzarono ciò che stava accadendo, la coppia dovette fuggire perché l' acqua copriva già i tetti delle case del villaggio.

Il giorno seguente, il dio Pachacamac, infuriato per la mancanza di rispetto della coppia, li scovò mentre scappavano fra i monti andini e trasformò la donna in una volpe e l'uomo in una scimmia, come castigo per la loro spregiudicatezza.
La scimmia fuggì verso le distese di Nazca e poi, schiacciata dalla notte, rimase disegnata nella pianura dove la si può vedere ancora dall'alto, assieme ad altri animali castigati dagli dei, oggi chiamati "Le linee di Nazca".

La volpe trovò rifugio nel tempio di Pachacamac, dove l'immagine in oro di questo animale era venerata e in suo onore si facevano sacrifici di animali vivi. La donna, mutata in volpe, venne così sacrificata anche lei nel tempio del dio della costa.

L'acqua sacra continuò a crescere fino a diventare un grande mare chiamato Oceano, che non si poté più attraversare. Questo fu il castigo del dio Pachacamac agli uomini che non ebbero cura né rispetto del suo sacro dono.

LA DONNA CHE DIVENNE UN'ISOLA

Raccontano le leggende che il dio Cuniraya passeggiava fra la gente vestito di stracci affinché non lo riconoscessero. La sua tonaca era piena di buchi e portava con sé la sua lancia, che, anche se di canna leggera, era magica. Con quella poteva aprire un canale per l'acqua, dalla montagna fino alla pianura. Per mezzo di una sola parola appiattiva le colline e tagliava le montagne in due per formare le vallate.

Un giorno, Cuniraya s'innamorò perdutamente di una ragazza della costa del Perù, nella valle del fiume Rimac, dove ora sorge la città di Lima. La bellissima ragazza, chiamata Cahuiya, passava le giornate filando il cotone e tessendo i vestiti sotto un lùcumo, albero di frutta tropicale, senza alzare lo sguardo dal suo telaio. Appena la vide, il dio Cuniraya si trasformò in uccello e si mise a cantare sull'albero di lùcumo.

Ogni giorno la desiderava di più e non sapeva come farla innamorare, finché decise di usare la sua magia. Prese un frutto del lùcumo, lo inseminò e lo gettò in grembo alla fanciulla. Cahuiya prese il frutto maturo e lo mangiò, ignara. Nove mesi dopo, ancora vergine, le nacque un figlio. Lo crebbe e lo curò con amore, domandandosi chi mai fosse stato il padre.

Quando il bimbo compì un anno, Cahuiya scelse di riunire tutti gli uomini dei paesi vicini per chiedere loro chi mai fosse il padre di suo figlio. Tutti i giovani dei dintorni si portarono ad Armatambo, luogo che oggi, col nome di Chorrillos, forma parte della grande città di Lima. La ragazza prese il figlio e si avvicinò a ognuno, facendo ogni volta le stesse domande:

- Sei tu il padre di mio figlio? Ti assomiglia? Lo riconosci come tuo figlio?

Anche il dio Cuniraya era presente alla riunione vestito di stracci e si era seduto lontano dal gruppo. Cahuiya lo ignorò e non chiese niente a lui, rivolgendosi agli altri giovani che erano belli e ben vestiti. Siccome nessuno dei presenti riconobbe il bimbo come suo, la fanciulla sussurrò al bambino di andare da suo padre. Il bimbo andò a gattoni e individuò Cuniraya. Felice, si avvicinò a lui arrampicandosi sulle sua ginocchia.

- Povera me! - si lamentò la ragazza. - Come può quest'uomo miserabile e sporco essere il padre del mio bel bambino? - Disperata, prese il bimbo nelle braccia e corse verso il mare.

Cuniraya si trasformò all'istante in un principe elegantissimo indossando una tonaca ricamata con fili d'oro. Tutti i presenti rimasero sorpresi e si scostarono rispettosamente riconoscendolo come il dio Cuniraya. Questi corse dietro alla fanciulla, chiamandola e pregandola di ascoltarlo, ma lei non volle sentire parola e senza voltare la testa e neanche guardarlo, corse via col figlio in braccio.

Cuniraya trovò un Condor e gli chiese:

- Fratello Condor, hai visto Cahuiya con mio figlio?

- L'ho vista, è vicina e fra poco la raggiungerai.

Allora il dio lo benedisse con queste parole:

- Da oggi tutti gli animali della Cordigliera, dai lama alle vigogne, ti serviranno da alimento, e se qualcuno ti ucciderà, morirà anche lui. Per questa ragione, uccidere questo uccello è segno di sfortuna.

Poi, Cuniraya trovò la volpe:

- Sorella Volpe - gli chiese - hai visto Cahuiya con mio figlio?

- Sì - rispose la Volpe - ma è così lontana che non la raggiungerai mai!

Quindi il dio si adirò e la maledisse:

- Camminerai soltanto di notte, odiata da tutti, e quando ti uccideranno, butterano via la tua pelle come uno straccio senza pregio!

Il dio continuò per la sua strada, maledicendo chi gli dava cattive notizie e stabilendo un futuro felice per chi forniva buone notizie della sua amata.

Promise al puma di farlo ballare nelle cerimonie ed è per questo che gli Inca usavano mettersi maschere con la faccia di puma nelle festività per le danze religiose. Lo stesso promise al falco, per cui gli uomini usavano decorarsi nelle feste incaiche con le piume e la testa degli uccelli rapaci. Maledisse i pappagalli, perché dissero che Cahuiya era troppo lontana, e pronosticò loro che sarebbero stati allontanati dagli uomini per il loro verso sgradevole.

Intanto, la ragazza era fuggita fino alla riva del mare e pregava il dio Pachacamac 2 che la salvasse.

Pachacamac, per sottrarre la fanciulla dai violenti desideri del dio Cuniraya, la mutò in un'isola proprio davanti al suo Santuario, insieme al piccolo. Tutt'oggi si vedono i due isolotti, paralleli alla costa, uno grande e uno piccolo.

Cuniraya arrivò sulla riva del mare e vedendo la sua amata convertita in un'isola di pietra, così come il suo bambino, pieno di rabbia e furia andò verso la dimora del dio Pachacamac, suo padre, e trasformò tutti gli altri figli in pesci e li buttò in mare. E' da allora che il mare della costa peruviana è molto ricco e pescoso.

La moglie di Pachacamac, chiamata Urpiwasha, sgomenta per la sorte che correvano i suoi figli nel mare, cambiò allora tutte le sue figlie in colombe e le inviò in cielo per curare dall'alto i loro fratelli divenuti pesci. Per tale ragione, tutta la costa del Perù è ricca di volatili.

L'ECLISSI

Raccontano gli antichi peruviani che, secoli fa, il sole morì. La gente ebbe molta paura perché le rocce rimbombavano chiamando il sole e facendo vibrare il suolo. Anche i mortai per il grano iniziarono a lavorare da soli, sbattendo le pietre una contro l'altra. 3 Tutto questo spaventò gli uomini perché se qualcuno s'avvicinava ai mortai, questi lo divoravano. Gli oggetti si sollevarono incattiviti contro la gente.

I lama, invece di seguire i loro padroni, li perseguitavano. Tali fatti durarono cinque giorni fino a che il sole nacque di nuovo. Non durarono di più in quanto la gente non lo avrebbe sopportato.

Nelle rovine preinca di Paramonga, al nord della città di Lima, si trovano disegnati a colori su una parete degli oggetti che perseguitano la gente che fugge, in ricordo di quest'insolita ribellione.

IL DILUVIO

Prima dell'Eclissi, vicino alla costa centrale del Perù, viveva un contadino con il suo lama. Il lama un giorno smise di mangiare e vagò senza meta gemendo:

- Ahi, ahi, ahi, il mondo finirà presto!

- Cosa succede?- chiese il suo padrone. - Perché non mangi?

- Ahi, ahi, ahi, è scritto nel cielo che il mondo finirà e che il mare tracimerà e farà annegare ogni essere vivente. Io ho molta paura!

- Se è vero ciò che dici - rispose il contadino - cosa faremo?

- Dobbiamo salire sulla cima della montagna più alta che ci sia - disse il lama.

Così, il contadino preparò il lama con viveri per cinque giorni e si incamminò verso la montagna Vilcacoto. Quando giunse in vetta, trovò tutti gli animali radunati sulla cima, fra cui il puma, la volpe, la vigogna e il condor.

Il mare uscì dalla sua conca e l'acqua inondò ogni terra come aveva predetto il lama, salendo, salendo e salendo a dismisura, sfiorando la cima dove si era riunito il gruppo, bagnando la coda della volpe che divenne nera. Da allora in poi, tutte le volpi che abitano la costa peruviana hanno la coda nera. Cinque giorni dopo 4, la terra cominciò a prosciugarsi e l'acqua del mare discese al livello normale fino ai suoi argini. Il diluvio aveva travolto ogni cosa e il contadino fu l'unico che si salvò del suo villaggio.

La leggenda racconta che, col tempo, questo uomo si moltiplicò ed ebbe molti figli maschi e femmine che abitarono la terra. È per questo che esistono ancora gli uomini.

LA VOLPE DI SOPRA E LA VOLPE DI SOTTO

C'era una volta un giovane molto povero, di nome Huatiacuri, il cui nome vuole dire "patate cotte" perché mangiava soltanto patate cucinate sotto terra 5.

Una sera quest'uomo, mentre viaggiava dalla costa verso le Ande, si addormentò in un anfratto della montagna del dio Pariaca, nella valle di Pachacamac, nel luogo chiamato Huaycàn, che oggi si conosce con il nome di Cieneguilla, a est di Lima, capitale del Perù. A mezzanotte si svegliò sentendo un vociare insistente e, aprendo gli occhi, vide una volpe che scendeva dalla montagna e un'altra che saliva mentre discorrevano fra loro a voce bassa. Facendo molta attenzione per non farsi vedere, rimase immobile e ascoltò quello che si dicevano:

- Tantanamoc è ammalato - manifestò la volpe di sopra - malgrado sia un uomo di gran potere e fortuna.

- Ha una casa col tetto ricoperto di piume rosse ed è anche il padrone di molti lama blu e gialli. Con tutto ciò, non può guarire - affermò la volpe di sotto.

- Lui non sa come guarire.

- No, lui non può sapere qual'è la fonte della sua malattia.

- Se uccidesse il serpente che vive sul tetto della sua casa, sotto le piume, potrebbe curarsi - rifletté la volpe di sopra - poiché la maledizione è proprio questo serpente.

- C'è n'è un'altra: la rana bicefala che si nasconde sotto il mortaio dove sua moglie macina il grano, ha stregato il cibo ed è per questo che Tantanamoc è ammalato - ribatté la volpe di sotto.

Dopo aver udito i discorsi delle volpi, inviate dal dio Pariaca per aiutarlo, Huatiacuri si addormentò nuovamente. Alzatosi al mattino presto, giunse in valle e seppe che il signore di quelle terre, chiamato Tantanamoc era molto ammalato. Essendo un uomo molto ricco aveva convocato tutti i saggi dei dintorni, ma nessuno aveva potuto scoprire di quale malattia era affetto e ogni giorno che passava, peggiorava.

Huatiacuri, sicuro di sé, andò a fare visita al signore della valle. Giunto al suo cospetto gli disse che lui avrebbe potuto guarirlo se gli avesse concesso la mano della sua adorata figlia minore. La sorella maggiore era sposata da poco tempo a un giovane di gran fortuna, il quale adirato domandò al suocero:

- Padre, io posseggo molte terre e molti lama e sono un degno sposo di tua figlia maggiore; come pensi allora di concedere la mano di tua figlia minore a questo straccione? Inoltre, se i saggi dei dintorni non hanno potuto fare niente per la tua grave e misteriosa malattia, con quale facoltà può questo poveraccio sapere più di loro?

Ma Tantanamoc desiderava guarire al più presto e colto dalla disperazione, promise la mano della figlia minore a Huatiacuri, se lo avesse curato completamente. Allettato dalla promessa fattagli, il viandante salì sul tetto della casa, scoprì il nascondiglio del maligno serpente, seguendo le segnalazioni delle volpi, e lo uccise. Poi cercò la rana dalle due teste sotto il mortaio, ma non riuscì a prenderla in tempo perché questa fece salti enormi, si tuffò in una sorgente non lontana e sparì. Tantanamoc si sentì migliorare e cominciò dunque a guarire dalla sua strana e misteriosa malattia.

Questo lo convinse a concedere in moglie la sua tenera figlia minore, ma suo genero non era dello stesso parere ed annunciò a Huatiacuri:

- Se vuoi vivere con noi devi superare una prova. Dobbiamo misurare le nostre forze bevendo e ballando. Se cadi a terra prima di me, t'allontanerai da queste terre per sempre.

Huatiacuri assentì e si ritirò sulla montagna di Pariaca per riflettere sul da farsi. Quella notte ascoltò nuovamente le volpi che chiacchieravano:

- Huatiacuri ha bisogno di un po' di magia per vincere le gare - consigliò la volpe di sopra - e se balla seguendo il ritmo di questo tamburo, vincerà la prova.

- Se dà da bere ai presenti la chicha che c'è in questo recipiente di zucca, lui sarà il vincitore - ribatté la volpe di sotto.

All'alba del giorno dopo, il giovane trovò vicino a lui un tamburo e un recipiente di zucca pieno di chicha. Prese questi oggetti lasciati dalle volpi e tornò nella valle. Quella notte, suo cognato ballò con duecento donne e non si stancò. Quindi lui fece suonare il tamburo mentre ballava e la terra tremò tutta e tanto forte che i presenti non riuscivano a mantenersi in piedi, tranne lui. Senza dare importanza a quel piccolo terremoto, il cognato ricco servì molta chicha in bicchieri di legno e sorrise ironicamente vedendo il recipiente di zucca dell'avversario. Gli spettatori bevvero grandi quantità di liquori, ma quando sorseggiarono la bevanda dalla zucca che aveva portato Huatiacuri, caddero svenuti per terra, tutti eccetto lui. Vinse così la prima gara.

- Devi affrontare un'altra prova - disse il cognato ricco. - Chi indosserà il vestito più bello, decorato con le piume più fini, vincerà. E l'altro dovrà abbandonare questa valle.

Ancora una volta, Huatiacuri si diresse verso la montagna per ascoltare i consigli delle volpi e il giorno seguente ritornò esibendo uno sgargiante vestito, tessuto con minuscole piume bianche come la neve. Lasciò gli invitati abbagliati e sbalorditi. Naturalmente anche questo era un dono delle volpi.

Non contento di quest'impresa, il cognato volle fare una terza prova. Colui che avesse portato il puma più bello avrebbe vinto la gara e l'altro avrebbe dovuto lasciare quelle terre.

Huatiacuri, stanco di tante richieste del cognato, senza dir parola, si recò sulla montagna sacra e il giorno dopo trovò accanto a sé il puma rosso più bello che avesse mai visto, lasciato dalle volpi. Prese l'animale e lo portò nella dimora di Tantanamoc. Era così bello che anche il cielo, sorpreso da tanta bellezza, fece apparire un arcobaleno che illuminò la valle.

Il cognato di Huatiacuri non fu soddisfatto, nemmeno allora, dopo aver perso le tre gare con lui, e volle farne un'altra. Alla fine, avrebbe vinto colui che avesse costruito una casa durante la notte. Poiché lui aveva molti operai che lavoravano nelle sue terre, era sicuro di vincere col loro aiuto. Quella sera, Huatiacuri apprese dalle volpi che lui avrebbe vinto la scommessa e che non doveva preoccuparsi, perché anche gli operai erano stanchi dell'intransigenza del cognato e volevano punirlo.

Pertanto, si mise a fabbricare la sua casa e quando arrivò alle fondamenta, migliaia di uccelli e di serpenti lo aiutarono e innalzarono velocemente un'abitazione grande e bella. Quando il rivale vide la casa che aveva edificato Huatiacuri durante la notte, si allarmò e volle fare la quinta e ultima scommessa. Avrebbero dovuto fabbricare il tetto delle case in una notte.

Il cognato ordinò di fare venire molti lama e vigogne carichi di paglia per ricoprire il tetto della sua casa, e sarebbero arrivati al tramonto. Invece, Huatiacuri, con l'aiuto di un felino, un gatto selvatico inviatogli dalle volpi, rubò la paglia e fece il tetto della sua casa, prima ancora che il cognato si rendesse conto del furto. Così vinse la quinta prova e, seguendo i consigli delle volpi, si rivolse al cognato dicendo:

- Io ho sempre accettato le tue sfide anche se sapevo che era stata tua moglie a consigliarti con cattiveria. Ora però devi accettare la prova che voglio fare io. Dobbiamo ballare con queste tonache cushma di cotone blu, dotate di queste cinture bianche o huara, che ho portato io.

Il cognato non ebbe scelta perché tutti giudicarono giusto quello che aveva richiesto Huatiacuri. Accettò controvoglia e iniziò a ballare vestito con la cushma blu e la huara bianca. Ciò che ignorava era che queste tonache erano state stregate dal dio Pariaca.

In un attimo diventò un piccolo cervo e scappò correndo fra i monti e sparì. Sua moglie piangente gli corse dietro ma, avvicinandosi alla montagna di Pariaca, divenne una statua di pietra.

Quando Huatiacuri vinse, finalmente, poté sposare la figlia di Tantanamoc e ritornare sulla montagna sacra per ringraziare il dio Pariaca del suo aiuto, offertogli attraverso le volpi. Dopodiché, sulla cima, si aprirono cinque uova e nacquero cinque piccoli falchi che sorvolarono le terre della valle. Per vendicarsi della cattiva accoglienza riservata al protetto degli dei, fecero piombare un uragano sulle terre del cognato e tutte le coltivazioni furono trascinate verso il mare.

Fu questo il castigo inferto al cognato di Huatiacuri per la sua intransigenza e malignità.

IL PREZIOSO DONO DEGLI DEI

La seguente storia racconta le cause mitiche della distruzione del poderoso Impero Incaico. Secondo questa leggenda, tutto quello che succede è già stato predisposto dagli dei.

Il dio Cuniraya Viracocha, padre del dio Pariaca, andò alla città incaica di Cuzco nell'epoca in cui regnava l'Inca Huayna Capac, padre di Huascar e Atahualpa.

- Inca - gli disse - tu vuoi sapere chi sono io realmente. Da molto tempo ti chiedi se è vero che noi, i tuoi dei, esistiamo. Per saperlo, dovresti ordinare ai tuoi uomini di inviare tutti i saggi e stregoni del tuo Impero alle terre di sotto, alla costa del mare, dove si erge il Tempio di mio padre, il dio Pachacamac. Lui ti farà raggiungere da una delle mie sorelle. E allora conoscerai la verità.

L'Inca Huayna Capac riunì i saggi dell'Impero del Tahuantinsuyo, che vuole dire "centro dei quattro confini della terra", seguendo i consigli di Cuniraya. Qualcuno affermava di potersi trasformare in condor, altri assicuravano che sarebbero diventati falchi. Uno giurò che avrebbe volato in forma di rondine. L'Inca spedì tutti alla costa, da Pachacamac, ordinando loro di essere di ritorno dopo cinque giorni.

Lo stregone convertito in rondine arrivò per primo al Tempio di Pachacamac sull'Oceano Pacifico e riferì il messaggio dell'Inca Huayna Capac. Il dio gli consegnò un bellissimo forziere chiuso e gli raccomandò di portarlo personalmente all'Inca senza aprirlo per nessun motivo.

- Quale mistero rinchiuderà questo magico forziere? - si domandò lo stregone incuriosito.

Più strada faceva, più aveva il desiderio di scoprire quale dono divino nascondesse una così preziosa custodia. Quindi, a poca distanza dalla città di Cuzco, ignorando l'ordine, aprì il forziere. Uscì una ragazza piccolissima, molto elegante e molto bella. I suoi capelli brillavano come oro alla luce del sole. La visione non durò a lungo perché la donna minuta si sciolse nell'aria e svanì.

Turbato e impaurito, lo stregone arrivò a mani vuote al cospetto dell'Inca Huayna Capac, il quale lo aspettava ansiosamente assieme al dio Cuniraya. Per la sua disubbidienza e curiosità non aveva esaudito i desideri dell'Inca e degli Dei.

Avvilito, raccontò ai suoi signori il miracolo vissuto, lasciando l'Inca affascinato e allo stesso tempo stravolto.

Vedendo che nessuno dei saggi aveva potuto terminare il viaggio nei cinque giorni prestabiliti, Huayna Capac perdonò lo stregone rondine e gli diede una seconda opportunità. Gli ordinò di tornare subito alle terre basse, di portare intatto quello che il dio della costa avesse donato loro e di ritrovarsi sulle rive del Lago Titicaca. Come la volta precedente, non dovevano trascorrere più di cinque giorni.

Lo stregone rondine si diresse nuovamente alla dimora di Pachacamac, dal quale ricevette un altro forziere, ancora più bello del precedente, con l'ordine di non aprirlo per nessun motivo fino alla consegna, altrimenti sarebbe stato maledetto.

L'uomo tornò, senza più volare, verso le terre alte delle Ande. Durante questo percorso, suo malgrado, ebbe desiderio di bere o di mangiare e davanti a lui apparirono zucche piene di bevande e grani di mais tostato. Non aveva voglia di dormire né di riposare. Non sentiva la stanchezza. Camminò per cinque giorni e cinque notti e giunse infine al Lago Titicaca, come promesso. Il forziere inviato dal dio della costa era ancora chiuso.

Lo ricevettero con grandi dimostrazioni di gioia per la riuscita dell'impresa e il dio Cuniraya suggerì all'Inca:

- Traccerò una linea sul pavimento con la mia lancia d'oro e ognuno di noi si metterà da una parte. Se gli Dei ti accettano, riconoscendoti come uomo d'onore, mia sorella si dirigerà verso di te. Se così non fosse, lei verrà da me e tu non ci rivedrai mai più.

Così fece Cuniraya ed aprì il forziere. All'improvviso il luogo s'illuminò con una luce splendente che abbagliava gli occhi. L'Inca, ammaliato, scorse una donna minuta e brillante che volava verso di lui. Diventò di misura normale e rimase al suo fianco. L'Inca, esultante per essere stato scelto dagli Dei, ordinò commosso allo stregone rondine:

- Vai verso Cuzco, prendi la mia figura e la mia ombra, e diventa l'Inca dell'Impero. Sarai riverito come se tu fossi me.

Questo è il tuo premio. Io mi ritiro a vivere con gli Dei, assieme alla mia principessa d'oro.

Quindi, l'Inca si dissolse nell'aria e svanì assieme a Cuniraya e a sua sorella, la principessa d'oro.

Quando morì l'Inca, o falso Inca secondo la leggenda, i suoi figli, Huascar e Atahualpa, litigarono per i loro diritti sull'Impero. Uno di loro affermava di essere figlio del vero Inca e accusava l'altro di essere figlio del falso Inca. Questo provocò la divisione del Tahuantinsuyo 6.

I GUARDIANI DELL'ACQUA

Tanti anni fa, Surco, che adesso forma parte della città di Lima in Perù, era una distesa ben coltivata. L'acqua per irrigare proveniva dalla adiacente sorgente Porui, e l'incaricato di distribuire l'acqua nei canali si chiamava Anshicara.

Una donna di nome Huayllama, insoddisfatta dal lavoro di Anshicara, si avvicinò un giorno alla sorgente e lo rimproverò:

- Fratello Anshicara, l'acqua di questa sorgente appartiene a coloro che vivono nei dintorni, ma tu dirotti più acqua verso i tuoi campi e noi rimaniamo senza nei tempi di siccità. Dimmi, come pensi dovrei vivere io con i miei figli, senza acqua?

- Non c'è abbastanza acqua per tutti i vicini - rispose accigliato Anshicara.

- Allora dovremo trovare una soluzione e subito - affermò la donna con autorità.

Quindi, riunì gli uomini delle vicinanze e pure i loro figli minori e fece scavare intorno alla sorgente d'acqua finché si formò una laguna che fu chiamata Lliuyacocha o Laguna della Pioggia. Anshicara capì che la donna aveva ragione e la seguì. I canali partivano da quel luogo per diramare l'acqua sui campi e con il tempo, tanto Anshicara quanto Huayllama diventarono i guardiani della Laguna della Pioggia affinché l'acqua fosse distribuita con equità e saggezza. Tutti rimasero contenti di questa soluzione e non ci furono più problemi.

Quando finì il loro tempo di vita sulla Terra, Anshicara e Huayllama diventarono pietre sacre o huacas ubicati ai due lati della Laguna di Surco.

Ai nostri tempi, quando finisce l'epoca delle piogge, arrivano gli abitanti alla sorgente Porui a salutare gli idoli. Suonano i loro flauti o antaras, battono con le mani sulla superficie dell'acqua facendo saltare le gocce, gettano nella Laguna dalla riva piccole quantità di coca e cantano, ballano e pregano gli dei per non rimanere senza acqua 7. Dopodiché tutti puliscono i canali che portano l'acqua alle terre coltivate.

LE ANIME CHE VOLANO

E' credenza generale fin dai tempi antichi che quando una persona muore, la sua anima salga volando nell'aria verso le regioni alte o, comunque, in cielo.

Le leggende del Perù raccontano che qualche volta le anime tornano a casa dopo cinque giorni ed è per questo che i parenti preparano cibo e bevande al quinto giorno perché aspettano di sentire la voce famigliare che dice:

- Sono tornato! Non sono ancora morto per sempre!

Un giorno, una madre di famiglia molto povera che doveva lavorare i campi per mantenere una grande quantità di figli, e coltivava in ripiani scalinati nella falda di una collina i loro grani, tubercoli e verdure, si rese conto che il marito era morto improvvisamente su uno dei pianori, chiamati andén. Vide l'anima salire fischiando e sibilando verso l'alto, come salgono di solito le anime dei defunti 8.

La moglie, i fratelli e i figli, dopo averlo accomodato dignitosamente sopra una sporgenza della montagna, continuarono il lavoro, coltivando e irrigando le terre con la speranza che il defunto tornasse a casa dopo il quinto giorno per continuare con le faccende del campo, come succedeva frequentemente.

L'uomo non arrivò al quinto giorno. Giunse soltanto al sesto. Sua moglie, molto arrabbiata per il ritardo, lo censurò:

- Perché sei così pigro? Perché non sei tornato il quinto giorno come fanno gli altri? Per quale ragione ci hai fatto aspettare ieri per tutto il giorno? - E mentre lo sgridava gli gettava in faccia i torsoli del granoturco e lo perseguitava per tutta la casa, mentre la povera anima correva per scappare dalla furia di sua moglie.

- Non ho potuto venire prima - rispose umilmente l'uomo, in un momento di sosta - perché non mi avevi lasciato né cibo né bevande per il mio viaggio nell'aldilà.

Siccome la moglie continuava a sgridarlo inferocita e a lamentarsi di lui, il defunto decise di morire veramente. Fece un rumore sibilante e si dissolse nell'aria, scomparendo verso l'alto, in cielo.

E' per questa ragione che ancora oggi, i parenti e familiari dei defunti si recano portando cibo e bevande alle sepolture, fino al quinto giorno della loro morte, con la speranza che non siano morti veramente e che tornino presto a casa.

Note

[1] Chicha (pronunciato cicia) è una bevanda alcolica fatta con grani fermentati di mais che dai tempi antichi si beve nelle cerimonie in tutte le regioni del Perù.

[2] Ancora prima dell'epoca incaica, il dio Pachacamac era importante nelle credenze degli abitanti della costa centrale peruviana ed è considerato padre di Cuniraya. Essendo la sua dimora luogo sacro e di pellegrinaggio, uno degli Inca gli costruì un Tempio grandioso dove alloggiava un oracolo, proprio davanti al mare. Tutt'oggi si vedono le rovine del Santuario a sud dell'attuale città di Lima

[3] Ancora oggi nelle loro cerimonie religiose, gli abitanti delle contrade contadine battono una contro l'altra due pietre per richiamare gli spiriti benefici.

[4] Il numero cinque è un numero magico nelle credenze degli antichi abitanti del Perù.

[5] L'abitudine di fare fuoco sottoterra per cucinare il cibo si usa ancora oggi in tutto il Perù ed è la famosa Pachamanca. Si mettono patate ("papas huatiadas"), fave, mais e carne, avvolti in foglie di mais, quando le pietre sono roventi e si copre poi il tutto con sassi e terra fino alla cottura.

[6] Quando gli spagnoli arrivarono a Cajamarca, città nel nord del Perù, la gente li chiamò "Viracocha" in segno di rispetto, perché erano di pelle chiara, avevano armi sputafuoco e cavalcavano animali veloci mai visti prima. Questi approfittarono della battaglia per l'Impero iniziata dai due fratelli per conquistare il Tahuantinsuyo, causando così la distruzione di quel vasto Impero degli Inca.

[7] Nella costa del Perù, affacciata sull'Oceano Pacifico, non piove quasi mai. La pioggia che cade sulle Ande, cordigliera che taglia il paese da nord a sud, va in gran parte ad aumentare il flusso dei fiumi amazzonici, che finiscono nell'Oceano Atlantico. Pochi sono i fiumi che si riversano a ovest del paese, facendo sì che la fascia costiera sia desertica e poco coltivata.

[8] Quando camminano troppo in fretta sulle alte quote e manca il fiato, gli abitanti delle Ande si fermano "per aspettare che l'anima gli torni al corpo" prima di riprendere la strada.

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