Il Kenya in corsa verso la Green Economy

a cura di Lory Cocconcelli

Una delle stupende risorse naturali del Kenya, immagine © Lory Cocconcelli

Una delle stupende risorse naturali del Kenya.

Kenya, la quintessenza dell'Africa. Spazi sconfinati, cielo blu, terra rossa, spiagge incontaminate che affiorano con la bassa marea, animali selvaggi e un'incredibile varietà paesaggistica. Una delle economie più forti del Corno d'Africa (anche se a volte, quando mi guardo attorno, stento a crederci) in cui convivono oltre quaranta gruppi etnici differenti.

Ma se ogni medaglia ha il suo rovescio...

Allo splendore della natura di questo meraviglioso paese fanno eco la minaccia dell'estinzione di varie specie animali e un deterioramento ambientale che non passa inosservato. Quest'ultimo, da imputare ai cambiamenti climatici che causano siccità, erosione e desertificazione dei terreni, e altresì all'intervento umano diretto come la deforestazione scaturita dall'alto tasso di incremento demografico, l'inquinamento dovuto all'utilizzo di carburanti adulterati e combustibili solidi, l'uso incontrollato di pesticidi e fertilizzanti e in misura minore, per quanto attiene alla zona costiera, la costruzione di strutture turistiche senza criteri di etica ecologica.

Da correlare ai danni ambientali, vanno poi considerati l'alto livello di corruzione presente in Kenya e la penetrazione nel paese della mafia di casa nostra. Tralasciando droga e prostituzione non pertinenti al tema dell'articolo, il fenomeno mafioso italiano si esprime non a caso attraverso l'edilizia, che distrugge flora e fauna ignorando allegramente le leggi nazionali di tutela dell'ambiente - come era emerso da un rapporto di qualche anno fa del Malindi Green Town Mouvement (partner ufficiale del Programma protezione Ambiente delle Nazioni Unite).

Detto questo, è corretto precisare che il governo keniota qualcosa di buono sta facendo. Almeno così parrebbe, a dispetto di certe bizzarre iniziative come ad esempio i 587 chilometri di binari, costruiti da un'azienda cinese, che tra poco attraverseranno le riserve dello Tsavo e del National Park of Nairobi. Non certo per la gioia di elefanti, leoni, rinoceronti, bufali e giraffe (quelli rimasti, s'intende) che dovranno passare sotto piloni di cemento invece che a fianco di acacie, alberi e cespugli.

Di contro, a maggio 2016, nella capitale del paese ha avuto luogo la Seconda Assemblea delle Nazioni Unite (che rappresenta il massimo livello decisionale mondiale per le risoluzioni sulla tutela dell'ambiente). Tra gli argomenti in discussione, il traffico illegale di avorio e corno di rinoceronte (la caccia grossa "sarebbe" vietata nel paese), la qualità dell'aria, l'implementazione delle leggi e delle regole e il finanziamento della Green Economy. N.d.r.: il Kenya è tra i paesi firmatari del protocollo sul clima di Parigi.

Nel contesto dell'Assemblea, il servizio di vigilanza del Kenya Wildlife Service ha evidenziato che solo nell'ultimo anno sono state sequestrate (e bruciate per impedirne la commercializzazione) 105 tonnellate di zanne di elefante e 1,3 tonnellate di corno di rinoceronte (queste ultime corrispondenti a oltre 1000 animali trucidati) e, infine, i leoni uccisi nella savana sono stati più di un centinaio (un numero preoccupante considerato che quelli rimasti sono ormai poche migliaia).

Tra gli animali in via d'estinzione, oltre a quelli sopra citati, ci sono la giraffa, i cui esemplari negli ultimi anni si sono ridotti del 40%, le tartarughe marine (per le quali nel paese esiste uno dei pochi centri specializzati al mondo) e il ghepardo, il mammifero più veloce al mondo che per sfuggire al pericolo di estinguersi dovrebbe correre ancora più veloce.

Insomma le problematiche ci sono, la volontà di risolverle pure. Per quanto riguarda la tutela degli animali, il sistema di sicurezza dei parchi nazionali è stato potenziato con l'aumento dei ranger in forza al fine di contrastare il bracconaggio. Quanto al resto, vediamo in dettaglio cosa si sta facendo.

L'uomo rischia di causare la sesta estinzione di massa. Entro il 2020 due terzi di animali e vegetali scompariranno, immagine © Lory Cocconcelli

L'uomo rischia di causare la sesta estinzione di massa. Entro il 2020 due terzi di animali e vegetali scompariranno (fonte WWF).

Per ciò che attiene all'inquinamento ambientale, uno dei temi più caldi è quello dello smaltimento dei rifiuti elettronici per il quale il Kenya si sta attivando mettendo a punto una legge ad-hoc. Secondo una stima del stilata dall'ONU, nel 2013 erano più di 40 milioni le tonnellate di e-waste prodotte - la conseguenza, una minaccia alla salute umana e ambientale dovuta ai componenti pericolosi che contengono. Oggi, a distanza di tre anni, è verosimile pensare che i numeri siano aumentati. Fino a poco tempo fa, almeno 2/3 dei rifiuti tecnologici europei non raggiungeva un impianto di smaltimento omologato perché era molto più conveniente mandarli in Africa. Di recente l'Africa si è svegliata ed è stato creato l'EAC, il Comitato regionale per la gestione dei rifiuti elettronici dell'Africa Orientale.

Per quanto riguarda la qualità dell'aria, malgrado le vaste distese aperte, non risulta essere molto buona in corrispondenza degli insediamenti umani. Diversi sono i fattori: innanzitutto più dell'80% delle famiglie utilizza combustibili solidi per cucinare, con gravi ripercussioni sull'ambiente e sulla salute delle persone (i kenioti soffrono le conseguenze di una lenta forma di avvelenamento che ogni anno provoca migliaia di decessi), senza contare il costo in termini di deforestazione. In secondo luogo, per gli autoveicoli vengono utilizzati dei carburanti adulterati che rallentano la combustione rendendo l'aria irrespirabile.

In merito alle fonti idriche, la situazione non è migliore. Parliamo di inquinamento dovuto a pesticidi, rifiuti industriali, agricoli e fognari (come accade ad esempio al Lago Vittoria, il maggiore bacino di acqua dolce africano e il secondo lago più grande del mondo), da piombo (come nei terreni e nelle acque sulle coste del paese) o da fertilizzanti e antiparassitari (come nelle aree di allevamento e coltivazione). A questo, occorre aggiungere che gli investimenti nelle infrastrutture idriche non sono per il momento adeguati. Dal punto di vista idrico, secondo la classificazione delle Nazioni Unite, il Kenya è una realtà affetta da carenza d'acqua cronica.

Paradossalmente, questo paese è il maggior esportatore di fiori recisi in Europa, soprattutto di rose. Se è vero che "un fiore fa felice una donna", non si può dire certo che renda altrettanto felice l'ambiente. Per coltivare i fiori che compriamo in Europa, si devono impiegare tonnellate d'acqua, di fertilizzanti e di antiparassitari che finiscono regolarmente nei corsi d'acqua, senza contare le pessime condizioni alle quali sono sottoposti i lavoratori (molti dei quali minorenni).

E ora veniamo alle buone notizie

Notizie green, che vedono il settore dell'energia rinnovabile di questo paese uno dei più attivi del continente. I settori più promettenti sono quelli del fotovoltaico e della geotermia (che attirano da qualche tempo gli investitori stranieri). Entro la fine del 2020, il Kenya nutre la speranza di poter rendere operativi cinque giga watt di energia pulita.

Gli abitanti del Kenya, sospesi tra passato tradizionale e futuro tecnologico, immagine © Lory Cocconcelli

Gli abitanti del Kenya, sospesi tra passato tradizionale e futuro tecnologico.

Ma non è finita qui, il paese ha anche attivato un impianto eolico da record: il Lake Turkana Wind Power Project che si estende per 162 chilometri quadrati ed è composto da 365 turbine. Una volta completato, fornirà il 20% dell'elettricità necessaria al Paese che punta sull'eolico per abbassare i costi e mira ad estendere la rete alla maggior parte dei kenioti (oggi circa l'85% delle famiglie che vivono nelle zone rurali non dispongono di energia elettrica).

A differenza della maggior parte delle iniziative degli ultimi dieci anni, sponsorizzate dalla Cina (il primo finanziatore in Africa), questa volta sono gli investitori europei che, insieme alla Banca Africana di Sviluppo, hanno messo il denaro.

Un plauso bisognerebbe anche rivolgerlo al lavoro svolto dal Ministero dell'Agricoltura che ha dato vita a un importante centro per la ricerca agricola, il Kenya Agricultural Research Center - anche se va detto che l'Europa elargirà al paese diversi milioni di euro per programmi di sviluppo agricolo e reti idriche. Si auspica dunque che tra qualche tempo le condizioni di vita degli agricoltori potranno migliorare. Speriamo non troppo pole pole (in kiswahili, lett. piano piano). Fino ad allora saranno ancora le ONG e le associazioni, nella maggior parte dei casi straniere, che attraverso iniziative e progetti forniranno un aiuto diretto e immediato a quella parte di popolazione dedita all'agricoltura (e non solo) che non può permettersi le nuove tecnologie - che non mancano, intendiamoci, ma che sono proibitive per chi non ha accesso al credito.

Sono varie le associazioni, anche italiane, che contribuiscono ad apportare aiuti alla popolazione del Kenya. Per ragioni di spazio, non potendo citare un elenco che sarebbe lungo, vorrei menzionarne una in rappresentanza di tutte: l'Associazione Futuro e Speranza che, nel suo viaggio di volontariato, poche settimane fa, ha portato la prima lanterna fotovoltaica (la Tri Led Lantern), di altre che seguiranno, a 1000 bambini di due orfanotrofi kenioti. Un bellissimo regalo di Natale per chi, fino a quel momento, ha sempre vissuto al buio.

Copyright

Le immagini di questo articolo sono sotto copyright dell'autrice Lory Cocconcelli.

Sitografia

http://www.nigrizia.it/

http://www.focus.it/

http://www.kenyaoggi.com/

https://africanvoicess.wordpress.com/

http://www.malindikenya.net/

http://www.rinnovabili.it/ (eolico)

http://www.rinnovabili.it/ (geotermia)

http://www.greenreport.it/

http://www.repubblica.it/

http://www.voyagesphotosmanu.com/

http://www.lastampa.it/

http://espresso.repubblica.it/

http://www.agi.it/

http://www.africa-express.info/

https://www.facebook.com/notes/cetri-tires/

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