Il mito di Sisifo di Camus

a cura di Andrea Moretti

Salve a tutti ed eccoci nuovamente presenti sulla rubrica mensile di Letture Fantastiche.

Albert Camus, fotoritratto Studio Harcourt, 1945 - Immagine in pubblico dominio, fonte Wikimedia Commons, utente Racconish

Albert Camus, fotoritratto Studio Harcourt, 1945.

Questo mese lo dedichiamo a un testo considerato manifesto del pensiero esistenzialista: Il mito di Sisifo.

Un giovane Camus - non ancora trentenne - tenta di farsi strada nella storia della filosofia.

Sul saggio permangono tuttavia una serie di dubbi che attecchiscono soprattutto fra gli appassionati del filosofo francese.

Un incipit travolgente

L'incipit de Il mito di Sisifo scuote l'animo nel profondo, se consideriamo il peso esistenziale costituito dalle sue parole:

"Vi è solitamente un problema filosofico veramente serio: quello del suicidio (...)"

Pare per l'appunto che, nel periodo degli anni Trenta, Camus fosse talmente deluso e amareggiato dalla vita da prendere seriamente in considerazione l'idea di suicidarsi.

Se quello che ci si aspetta da questo testo è la soluzione filosofica definitiva al concetto di assurdo, però, il testo non sembra reggere la sostanza della sua premessa.

Incredibile come, a oggi, nonostante la straordinaria bibliografia critica accumulata nel tempo, non si sia ancora trovato un autore in grado di sistemare, linearmente, quanto espresso nel saggio.

Un lavoro a metà

Una cosa che potrebbe essere dovuta -almeno in parte- alla giovane età dell'autore, che forse non aveva ancora sviluppato il suo pensiero in forma matura.

Le ragioni, però, sono tante.

La più importante, sicuramente, è che l'opera presenti una struttura che appare ibrida: a metà strada fra un testo di letteratura e di filosofia.

Lo stesso Sartre, in un'intervista del 1945, giudica Il mito di Sisifo come "le seul livre d'idees" che abbia mai scritto.

Un testo, inoltre, che trova la sua pubblicazione in un momento nevralgico della vita del premio Nobel francese: il 1942.

Subito dopo Lo straniero e poco prima di quelle opere, assai più fortunate, che portano il nome di Caligola (1944) e La peste (1947).

Risulta impossibile, soprattutto fra i più appassionati dello scrittore, non usare Il mito di Sisifo per fare l'esegesi di altre opere.

Tante suggestioni

Ne Il mito di Sisifo, il giovane Camus inizia un duello a colpi di penna con altri autori del pensiero esistenzialista, tentando in tutti i modi di ritagliarsi una posizione originale.

Ciò conferisce allo scritto un tono critico e polemico.

A Husserl viene rimproverato il suo dar vita a un "nuovo platonismo", con la ricerca frammentaria delle essenze ontologiche; mentre a Kierkegaard si rimprovera di cercare una fuga dall'assurdo attraverso percorsi spirituali.

A questo procedimento critico, si mescolano le suggestioni giovanili dello scrittore: Nietzsche - a cui Camus riconosce dei meriti - e Kafka, che considera uno scrittore manifesto dell'assurdo.

Tuttavia, il carattere polemico dello scritto viene smorzato da una definizione di assurdo che si presenta in modo fumoso e decisamente poco solido.

In tutte la pagine non troviamo mai una formula - che possa dirsi icastica - del concetto di assurdo.

Vi si scovano invece modelli di vita, archetipi ed esempi di esistenza: il dongiovanni, l'attore, ecc...

L'esistenzialismo di Camus

Pur tuttavia, attraverso i frammenti di concetti espressi nelle varie pagine, arriviamo a capire che l'assurdo è uno stato di perenne scontro e tensione fra l'uomo e l'assurdità dell'esistenza.

Invece di troncarla con il suicidio, o con una falsa speranza metafisica, l'uomo di Camus sceglie eroicamente di accettarla, offrendone una travagliata testimonianza.

Anche il lavoro inutile a cui viene condannato Sisifo - portare un masso in cima a una montagna da cui è destinato sempre a cadere - appare come qualcosa di felice.

Nell'assurdità del vivere, l'uomo ricopre una propria dimensione di felicità, dove qualunque decisione vale lo stesso; e quindi non esistono percorsi sbagliati.

Dice Camus che dobbiamo immaginare Sisifo felice, perché "anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore dell'uomo".

Nonostante tutto, l'opera di Camus va considerata come un testo che presenta - in fieri - quello che sarà sviluppato in modo più convincente ne La peste e, soprattutto, ne Il primo uomo.

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