"It" di Stephen King e quel film con lo stesso titolo

a cura di Andrea Micalone

Le acque iniziano finalmente a quietarsi, i giudizi a riallinearsi su una scala più realistica e le urla (di paura, di giubilo e di ribrezzo) ad assottigliarsi. È dunque possibile affrontare l'argomento con calma e oculatezza (si spera).

La copertina originale del romanzo It di Stephen King - Immagine utilizzata per uso di critica o di discussione ex articolo 70 comma 1 della legge 22 aprile 1941 n. 633, fonte Internet

La copertina originale del romanzo It di Stephen King.

Il film di "It", prossimo ormai ad abbandonare i cinema, sembra aver sconvolto Derry con una nuova alluvione.

Ma è davvero così?

Il romanzo originale di Stephen King è un ottimo romanzo e di questo non si può dubitare. Ammetto di non avere una conoscenza completa dell'opera di King, ma tra i suoi libri che ho affrontato sino a oggi posso affermare che in "It" ho trovato un autentico peso letterario, peso che mi era mancato in altri suoi lavori. Aggiungo: un peso tale da far sporgere l'opera sul bordo dell'autentico capolavoro (se poi ci sconfini davvero o no, credo sia questione di gusti e letture pregresse).

"It" insomma è sì un'opera di genere (Horror? Fantasy? Fantastico? Esoterico? Di formazione? Tutti quanti, direi), ma come fanno solo i grandi libri, esula dalle definizioni per raggiungere il livello di "ottimo romanzo".

La storia ormai la conoscono quasi tutti.

Anzi, mi correggo: ormai quasi tutti conoscono la storia che hanno visto nelle trasposizioni (televisive e cinematografiche), e dunque ne sanno poco o nulla.

Il mio giudizio vi pare un po' brusco? Bene!

In questo periodo mi è capitato di leggere molte recensioni del film di recente uscita, recensioni che cercano di fare anche paragoni con l'opera scritta, e sono rimasto impressionato dalla colossale ingenuità che serpeggia (per non chiamarla ignoranza).

Dico questo perché "It" racconta di un pagliaccio che mangia i bambini tanto quanto "Il Signore degli Anelli" racconta di hobbit inseguiti da spettri incappucciati.

Credo che l'esempio sia già chiaro, ma meglio esserne sicuri.

Quello che intendo dire è che in "It" naturalmente troviamo il clown Pennywise, divenuto ormai un'icona, e la sua presenza è una delle idee che colpisce di più, ma limitarsi solo a essa è una sciocchezza.

Questo romanzo, se ha una grandezza, è per l'atmosfera che crea, per la capacità di riportarci al mondo dell'infanzia, di mostrarci che le paure infantili sono tremende, che "la magia esiste", che "i veri mostri sono gli adulti", che il male si annida innanzitutto negli uomini e nei rapporti più stretti, soprattutto quelli famigliari. Tutti questi elementi inoltre sono conditi da visioni mostruose in cui il clown risalta, senza dubbio, ma affermare che quel romanzo di 1200 pagine parli soltanto di un pagliaccio mangiabambini mi pare, lo ripeto, una gran sciocchezza.

Chiunque abbia letto il libro credo concorderà con me sul fatto che il vero valore dell'opera lo si riscontra nella costruzione dei personaggi e della trama.

Faccio un esempio: la descrizione della fuga di casa di Beverly Marsh e della sua colluttazione con il marito ha una forza narrativa e uno stile che vale quasi da sola il prezzo del romanzo, e lì non si vedono mostri né clown: la scena è agghiacciante perché crudamente reale.

Inoltre ogni personaggio e ogni sezione narrativa sono l'evidente spunto per affrontare un lato del male: il razzismo, l'omofobia, la violenza sulle donne, la violenza famigliare, la soffocante violenza psicologica di madri morbosamente amorevoli, le difficoltà di comunicazione tra genitori e figli, e così via; e ognuna di queste situazioni si incastona nella presenza di un'entità malvagia nella cittadina di Derry che prende le forme delle paure degli uomini, entità contrapposta alla "Tartaruga che regge il mondo" della cosmologia orientale e che prende anche chiara ispirazione dall'Azathoth di lovecraftiana memoria (autore che King ama visceralmente per sua stessa ammissione).

Dunque lo ripeto per la terza volta: c'è anche il clown, ma fermarsi a esso mi pare assurdo.

Lo stile è quello di Stephen King, perciò è naturale che non sia un Proust o un Flaubert, ma funziona egregiamente per questa storia, con punte (soprattutto nella presentazione iniziale dei personaggi, e nel finale) che sono emozionanti senza voler mai essere presuntuose, che sanno arrivare dritte dove devono arrivare e possiedono una spiccata umanità.

E poi c'è la trama, che è un mosaico complesso e lunghissimo.

I capitoli si alternano tra eventi del 1958, eventi del 1985, interludi scritti in forma di diario, rapporti di polizia, racconti secondari e digressioni. Un'impalcatura letteraria ampia e complessa, che non sarà l'Ulisse di Joyce, ma che è raro trovare nei libri di largo consumo, di solito imperniati su costruzioni molto più semplici. E questa struttura accentua enormemente il mistero del cosa sia It, del perché i protagonisti debbano affrontarlo e del cosa stia succedendo nella cittadina di Derry.

La locandina del film It uscito nel 2017 - Immagine utilizzata per uso di critica o di discussione ex articolo 70 comma 1 della legge 22 aprile 1941 n. 633, fonte Internet

La locandina del film It uscito nel 2017.

E proprio partendo dalla trama arriviamo ora al film di ultima uscita, decantato da tutti come il nuovo capolavoro del cinema horror.

Il film innanzitutto, come fece la serie tv degli anni '90, divide la parte "infantile" da quella "adulta"; il "Capitolo 2" cinematografico perciò non esiste ancora, ma se queste sono le premesse non mi fa ben sperare. Se il romanzo, infatti, si fonda proprio sul mistero e sulla struttura narrativa complessa, il film smonta e riordina tutto per raccontare l'ordinaria trama che va dal punto A al punto B. Se il romanzo fa chiedere in continuazione al lettore cosa sia It, il film invece lo dà per scontato al punto tale che non solo non lo rivela (magari lo farà nella seconda parte), ma non fa proprio porre la domanda a nessuno. Il mistero nel film semplicemente non esiste: It è un pagliaccio mangiabambini, e tanto vi basti.

Inoltre, laddove le paure dei Perdenti, i sette ragazzini protagonisti, sono ben descritte e motivate nel libro, suscitando un senso di oppressione costante, nel film diventano brevissimi cenni utili soltanto ad allestire il prossimo salto sulla poltrona (che poi, parliamoci chiaro, tra colonna sonora e montaggio questi "salti" sono così preannunciati e meccanici che non riescono a suscitare granché).

Un esempio illuminante.

Eddie Kaspbrak, figlio unico, ha una madre morbosamente ossessionata dalla paura che lui possa ammalarsi, al punto tale che gli impedisce di giocare a baseball o di frequentare per lungo tempo gli altri bambini. Questo fa sì che il piccolo Eddie abbia un'asma psicosomatica: vale a dire che al solo pensiero di potersi ammalare, o anche nel semplice momento in cui si sporca, si ritrova sempre travolto dall'inevitabile "amore non ricambiato con l'attenzione dovuta" che gli rinfaccerà sua madre, perciò viene colto da un senso di soffocamento asmatico e reale. Conseguenza di questa situazione famigliare (letteralmente asfissiante) è che il piccolo Eddie veda It in forma di lebbroso. L'entità malvagia infatti gli si personifica come un uomo cosparso di piaghe e distrutto dalle malattie, visione che subito porta al ragazzino violenti attacchi asmatici.

Di tutta questa costruzione del personaggio nel film rimane soltanto il fatto che Eddie ha l'asma (senza chiarirne la natura) e una madre che sembra pazza (che si vede credo appena in due scene, per pochissimi minuti), perciò l'attacco del lebbroso poi non viene illustrato con chiarezza, non appare come una logica conseguenza, e si arriva all'ovvia conclusione in cui lo spettatore pensa che il ragazzino sia inseguito da uno strano zombie pustoloso; e quindi si domanda: perché non il clown?

Questa situazione va avanti per tutto il film, con apparizioni, scarsamente motivate (quando va bene) o del tutto immotivate, di mostri casuali, e di un'ossessiva presenza del clown sullo schermo. Basti pensare che dopo la prima mezz'ora lo spettatore si è abituato a queste presenze al punto tale che si domanda soltanto come i ragazzini ne verranno fuori.

Già, come faranno a salvarsi i ragazzini del film?

A calci e bastonate.

Un'abominevole entità ancestrale proveniente da oltre il Macroverso presa a calci e bastonate.

Se la cosa vi pare ridicola... be', allora siete d'accordo con me.

Del rito di Chüd, dei riferimenti esoterici, dell'importanza dell'immaginazione e dei discorsi sul potere della fede restano soltanto le bastonate date da bambini che gridano di non aver paura.

Inoltre la vera forma di It non si vede, o meglio, si lascia intendere che il clown sia la vera forma. Questo però, che già di per sé mi pare una pecca (perché un'entità aliena ed extradimensionale dovrebbe essere un clown?), è quasi niente in confronto al resto.

Lo ripeto: calci e bastonate.

Insomma, per concludere, avrete ben inteso che questo film, osannato da tutti, a me è sembrato davvero scarso. E non voglio fare il solito discorso "meglio il libro del film", bensì parlo proprio di una qualità cinematografica banale e sempliciotta, che non ho trovato soddisfacente neppure se considerata in se stessa.

Mi è sembrato un film girato nello stesso spirito della "Torre Nera", altra opera di King trasposta ultimamente (e malamente). Quello però che non comprendo è perché la "Torre Nera" sia stato giustamente criticato per la sua bassa qualità, mentre per "It" si siano sperticati tutti in lodi pantagrueliche.

Poi, però, ho riflettuto.

Credo di aver trovato una spiegazione, ed essa è anche molto semplice: la pubblicità.

"It", come "Avatar" a suo tempo, mi è parso un film mediocre gonfiato ad arte da un espertissimo lavoro pubblicitario. Se insomma c'è da fare complimenti a quest'opera, vanno tutti all'ufficio marketing.

Bravissimi!

P.S.

La migliore trasposizione prodotta sino a oggi del romanzo "It" rimane senza dubbio la serie di Netflix "Stranger Things". Nessuno potrà mai smuovermi da questa convinzione.

Certo, la trama non è uguale, i personaggi sono altri e il mostro è diverso, ma l'atmosfera e la qualità del romanzo li si avverte in pieno (e si sa bene che quella serie è una plateale citazione anche delle opere di King).

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