La leggenda egizia della morte di Horus e altri testi magici

traduzione italiana a cura di Gianluca Turconi

Nell'Antico Egitto alcuni dei pericoli maggiori nella vita quotidiana erano i morsi di serpente e le punture di scorpione che mietevano innumerevoli vittime, tanto tra gli uomini quanto tra gli Dei, secondo la tradizione. Attraverso amuleti, statue e molti altri strumenti di potere magico, i sacerdoti egizi e anche la persone comuni potevano proteggersi da questi e da molti altri flagelli.

Il Dio egizio Horus, rilievo sulla torre destra dei piloni del tempio di Edfu in Egitto - Immagine licenziata sotto Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported, utente Oltau, fonte Wikimedia Commons

Il Dio egizio Horus, rilievo sulla torre destra dei piloni del tempio di Edfu in Egitto.

I testi magici e religiosi degli Egizi di tutti i periodi contengono incantesimi intesi per essere usati contro serpenti, scorpioni e rettili nocivi di ogni tipo. Il loro numero e l'importanza che gli si dedica suggeriscono che l'Egitto debba aver prodotto queste piaghe in abbondanza e che gli Egizi ne fossero terribilmente spaventati. Il testo di Unas, scritto verso la fine della V dinastia, contiene molti di tali incantesimi e nel Libro dei Morti tebano e saita molti capitoli consistono di nient'altro che incantesimi e formule magiche, molte delle quali sono basate su testi arcaici, contro coccodrilli, serpenti e altri rettili mortali, e insetti di ogni specie. Tutte queste creature sono considerate come incarnazioni di spiriti maligni che attaccano tanto i morti quanto i vivi e perciò era necessario per il benessere dei primi che copie degli incantesimi contro di loro fossero scritte sulle mura delle tombe, sulle bare, sugli amuleti funerari, ecc. Gli dei erano oggetto degli attacchi di rettili velenosi tanto quanto l'uomo e Ra stesso, il re degli Dei, quasi morì per il veleno di un morso di serpente. Comunque gli Dei, di norma, erano capaci di difendersi dagli attacchi di Set e dei suoi demoni, di cui i serpenti velenosi e gli insetti erano emissari, per mezzo di un fluido vitale che aveva particolari attributi divini. Gli sforzi degli Egizi erano diretti all'acquisizione di parte di questo potere magico che avrebbe protetto le loro anime, i loro corpi, le loro case, il loro bestiame e le loro altre proprietà, tutto il giorno per tutto l'anno. Quando un uomo si preoccupava solo per la protezione di se stesso, indossava un amuleto di qualche tipo in cui era depositato il fluido vitale. Quando desiderava proteggere la sua casa contro l'invasione di rettili velenosi, posizionava statue contenenti il fluido vitale in nicchie nei muri di varie camere o in qualche posto fuori, vicino la casa, o sepolte nella terra con le facce voltate nella direzione da cui si aspettava provenisse l'attacco.

Verso la fine della XXV dinastia, quando la superstizione nelle sue forme più esagerate era diffusa in Egitto, divenne d'uso creare talismani casalinghi nella forma di piccole steli, con apici arrotondati, che riposavano su basi dai fronti convessi. Sul fronte di questi talismani era scolpita in rilievo la figura di Horus bambino (Harpokrates), in piedi sopra due coccodrilli, avente tra le mani rappresentazioni di serpenti, scorpioni, leoni e animali cornuti, ognuno dei quali rappresentava il simbolo di un emissario o alleato di Set, il dio del Male. Sopra la sua testa c'era il capo di Bes e su ciascun lato vi erano: simboli solari, per esempio il giglio di Nefer-Tem, figure di Ra e Harmakhis, gli Occhi di Ra (Il Sole e la Luna), ecc. Il rovescio della stele e l'intera base erano coperti con testi magici e incantesimi, e quando un talismano di questo tipo era posizionato in casa, si suppone fosse posto direttamente sotto la protezione di Horus e dei suoi Dei compagni che avrebbero sconfitto i nemici dell'oscurità e i poteri del male fisico e morale. Molti esempi di questi talismani sono visibili nei grandi musei d'Europa e ci sono molti bei esemplari nella terza stanza egizia nel British Museum. Essi sono usualmente chiamati "Cippi di Horus". Il più grande e importante di questi cippi è comunemente conosciuto come "Stele Metternich" perché fu data al Principe Metternich da Muhammad Ali Pasha; fu scoperta nel 1828 durante la costruzione di una cisterna nel monastero francescano di Alessandria d'Egitto e fu inizialmente pubblicata dal Professor Golenischeff1, con una traduzione di larga parte del testo. L'importanza di questa stele è aumentata dal fatto che menziona il nome del re nel cui regno fu costruita, Nectanebus I, che regnò tra il 378 e il 360 a.C.

Dettaglio della stele Metternich, Metropolitan Museum of Art, New York City - Immagine licenziata sotto Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported, utente Eb.hoop, fonte Wikimedia Commons

Dettaglio della stele Metternich, Metropolitan Museum of Art, New York City.

Il diritto, il rovescio e i due lati della Stele Metternich riportano intagliati su di essi quasi trecento figure di Dei ed esseri celestiali. Questi includono figure di grandi Dei di cielo, della terra e dell'Altro Mondo, figure di Dei dei Pianeti e dei Dekan, figure degli Dei dei giorni della settimana, delle settimane, dei mesi, delle stagioni dell'anno e dell'anno stesso. Oltre ciò, c'è un certo numero di figure di forme locali di Dei che è difficile identificare. Sulla parte arrotondata del diritto, il posto d'onore spetta a un disco solare, in cui si vede la figura di Khnemu con quattro teste d'ariete, che riposa tra un paio di braccia ed è sospeso su un lago di acqua celestiale; su ciascun lato di questa rappresentazione ci sono quattro spiriti dell'alba e sulla destra vi è il simbolo del sole nascente, Nefer-Temu, e sulla sinistra vi è Thoth. Al di sotto di questo, vi sono cinque file di piccole figure di Dei. Ancora più sotto c'è Harpokrates in rilievo, nell'atteggiamento già descritto. E' in piedi sopra due coccodrilli, sotto una specie di tettoia, i lati della quale sono sostenuti da Thoth e Isis, e trattiene animali e rettili Tifonici. Sopra la tettoia ci sono due Occhi di Ra, ognuno con braccia e mani umane. Sulla destra di Harpokrates ci sono Seker e Horus, e alla sua sinistra il simbolo di Nefer-Temu. Sulla destra e sulla sinistra ci sono le dee Nekhebet e Uatchet, che custodiscono il Sud e il Nord dell'Egitto, rispettivamente. Sul rovescio e sui lati ci sono diverse piccole figure di Dei.

Questa stele rappresenta il potere di proteggere l'uomo posseduto da tutti gli esseri divini nell'universo e, comunque fosse posizionata, formava una barriera insuperabile per gli spiriti del male e i rettili velenosi. Gli incantesimi, che sono intagliati in geroglifici su tutte le facciate della stele non occupate dalle figure degli Dei, erano del tipo più potente, perché essi contenevano le vere parole con cui gli Dei sconfissero i poteri dell'oscurità e del male.

Il primo incantesimo è diretto contro i rettili e le creature nocive in generale. Il capo di questi era Apep, il grande nemico di Ra, che prendeva la forma di un gigantesco serpente che "assomigliava all'intestino" e l'incantesimo lo condannava alla decapitazione e a essere bruciato in pezzi. Queste azioni sarebbero state compiute da Serqet, la dea-Scorpione. La seconda parte dell'incantesimo era diretto contro il veleno di Apep e doveva essere recitato da chiunque fosse stato morso da un serpente. Quando proferito da Horus, provocava il vomito in Apep, mentre quando era usato da maghi propriamente qualificati avrebbe fatto vomitare le persone morse, liberando così il loro corpo dal veleno.

L'incantesimo successivo si dice sia diretto al Gatto, un simbolo della figlia di Ra, o Isis, che aveva la testa di Ra, gli occhi di aspide, il naso di Thoth, le orecchie di Neb-er-tcher, la bocca di Tem, il collo di Neheb-ka, il petto di Thoth, il cuore di Ra, le mani degli Dei, il ventre di Osiris, le cosce di Menthu, le gambe di Khensu, i piedi di Amen-Horus, le anche di Horus, la pianta dei piedi di Ra e le viscere di Meh-urit. Ogni parte del Gatto conteneva un dio o una dea ed era quindi capace di distruggere il veleno di qualunque serpente, scorpione o rettile che fosse iniettato nel suo corpo. L'incantesimo si apre con un'invocazione a Ra che viene implorato di venire dalla figlia che è stata colpita da uno scorpione su una strada solitaria, per fare in modo che il veleno lasci il suo corpo. Sembra perciò che anche Isis, la grande maga, sia stata in qualche tempo punta da uno scorpione.

La sezione successiva è molto difficile da comprendere. Ra-Harmakhis è richiamato per venire da sua figlia e Shu da sua moglie e Isis da sua sorella, che era stata avvelenata. Allora all'Antico, cioè Ra, viene chiesto di lasciare che Thoth rimandi indietro Neha-her, o Set. "Osiris è nell'acqua, ma Horus è con lui e il Grande Scarabeo lo sovrasta" e a tutti gli spiriti malvagi che si soffermano nell'acqua viene ordinato solennemente di consentire a Horus di raggiungere Osiris. Ra, Sekhet, Thoth e Heka, quest'ultimo essendo la personificazione dell'incantesimo, sono quattro grandi Dei che proteggono Osiris e che accecheranno e soffocheranno i suoi nemici e taglieranno le loro lingue. Si fa ancora riferimento al lamento del Gatto e a Ra viene chiesto se non abbia udito quello proveniente dalla riva di Netit. Qui l'allusione è alle grida che Isis lanciò quando giunse a Netit vicino Abydos e trovò il cadavere del marito Osiris.

A questo punto gli incantesimi sulla stele sono interrotti da un lungo testo narrativo per bocca di Isis, che ci fornisce resoconto dei guai che ebbe e descrive la morte di Horus a causa del pungiglione di uno scorpione. Sembra che Isis fosse stata rinchiusa in qualche dimora da Set dopo che questi aveva assassinato Osiris, probabilmente con l'intenzione di forzarla a sposarlo e di aiutarlo così a legalizzare la sua conquista del regno d'Egitto. Isis era stata resa gravida dal marito dopo la sua morte e le apparve Thoth che le consigliò di nascondersi col bambino non ancora nato e le promise che il figlio sarebbe succeduto, come dovuto, al padre sul trono. Con l'aiuto di Thoth, lei riuscì a sfuggire alla sua prigionia e se ne andò accompagnata dalle sette dee-Scorpione che la portarono alla città di Per-Sui, ai confini delle Paludi di Canne. Ella si rivolse a una donna per ricevere ricovero per la notte, ma quest'ultima le sbatté la porta in faccia. Per punirla, una delle dee-Scorpione si fece strada nella casa della donna e punse mortalmente il figlio. Il dolore della donna fu così profondo e sincero che Isis impose le sue mani sul bambino e, avendo evocato uno dei suoi più potenti incantesimi su di lui, il veleno dello scorpione fuoriuscì dal suo corpo, cosicché il bambino tornò in vita. Le parole dell'incantesimo sono incise sulla Stele ed erano considerate dagli Egizi come un infallibile rimedio contro le punture di scorpione. Quando la donna vide che suo figlio era stato riportato in vita da Isis, fu colma di gioia e gratitudine e, come segno del suo pentimento, portò grandi quantità di beni alla sua casa in dono a Isis.

Poco dopo che Isis ebbe riportato in vita il figlio della donna che era stata sgarbata con lei, una terribile calamità la colpì, perché l'amato figlio Horus fu punto a sua volta da uno scorpione e morì. La notizia dell'evento le fu comunicata dagli Dei che piangenti le chiesero di venire a vedere suo figlio Horus che il terribile scorpione Uhat aveva ucciso. Isis, sopraffatta dal dolore alla notizia, come se un coltello le avesse trafitto il cuore, corse via. Sembra si fosse recata a compiere una cerimonia religiosa in onore di Osiris in un tempio vicino, lasciando il bambino ben custodito a Sekhet-An. Durante la sua assenza lo scorpione Uhat, mandato da Set, si intrufolò nella dimora dove si trovava Horus e lo punse a morte. Quando Isis tornò e lo trovò morto, scoppiò in tali lamenti che il loro suono richiamò al suo fianco persone da tutti i distretti vicini. Non appena espose loro la storia delle sue sofferenze, essi si impegnarono a consolarla e quando scoprirono che ciò era impossibile, alzarono la loro voce e piansero con lei. Allora Isis pose il proprio naso vicino alla bocca di Horus, così da scoprire se respirasse ancora, ma non vi era alcun respiro nella sua gola e quando lei esaminò la ferita sul suo corpo, fatta dal demonio Aun-Ab, vide in essa tracce di veleno.

Rappresentazione di Isis nel tempio di File ad Assuan, in Egitto - Immagine in pubblico dominio, utente Anna Carotti, fonte Wikimedia Commons

Rappresentazione di Isis nel tempio di File ad Assuan, in Egitto.

Non rimasero più dubbi nella sua mente sulla morte del figlio e stringendolo tra le braccia, lo sollevò e nel suo dolore saltava come se camminasse sui carboni ardenti. Poi emise una serie di lamenti strazianti, ognuno dei quali cominciava con le parole "Horus è stato morso". "L'erede del cielo, il figlio di Un-Nefer, il bambino degli Dei, colui che era completamente giusto, è stato morso! Colui i cui voleri io esaudisco, lui che avrebbe vendicato suo padre, è stato morso! Colui di cui mi sono presa cura e per il quale ho sofferto quando cresceva nel mio ventre, è stato morso! Colui che ho accudito cosicché potessi fermare il mio sguardo su di lui, è stato morso! Colui per la cui vita ho tanto pregato, è stato morso! Una calamità ha colpito il mio bambino ed è perito."

Mentre Isis stava dicendo queste e molte altre parole, sua sorella Nephthys, che stava piangendo amaramente per il nipote Horus vagando tra le paludi, arrivò in compagnia della dea-Scorpione Serqet e consigliò Isis di pregare il Cielo per un aiuto. Pregare che i marinai sulla Barca di Ra smettessero di remare, in modo che la barca non potesse continuare il proprio viaggio frattanto che il corpo di Horus giaceva morto. Allora Isis urlò al Cielo e la sua voce raggiunse la Barca di Milioni di Anni e il Disco del Sole smise di muoversi in avanti e arrivò a uno stallo. Dalla Barca scese Thoth, portando con sé parole di potere e incantesimi di tutti i generi, soprattutto "il grande comando di maa-kheru", cioè la parola per antonomasia, i cui comandi venivano subito eseguiti, istantaneamente e completamente, da ogni dio, spirito, demone, essere umano e da ogni cosa, animata e inanimata, in cielo, in terra e nell'Altro Mondo. Thoth andò da Isis e le disse che nessun male sarebbe accaduto a Horus, perché era sotto la protezione della Barca di Ra; ma le sue parole non riuscirono a confortare Isis e sebbene ella riconobbe la grandezza di tali protezioni, si lamentò che esse fossero in ritardo. "Quale bene possono portare" chiese. "queste magie, gli incantesimi e le formule magiche e il grande comando di maa-kheru, se Horus è morto a causa del veleno di uno scorpione e giace qui nelle braccia della Morte? Il Male, il male è il suo destino, perché a lui è stata riservata la più profonda miseria, la morte.

In risposta a queste parole Toth, voltandosi verso Isis e Nephthys, dichiarò di non temere e di non stare in ansia per Horus, "Perché", disse, "sono venuto dal Cielo per guarire questo bambino per sua madre". Indicò poi che Horus era sotto la protezione di "Colui che risiede nel Disco" (aten), il Grande Nano, il Possente Ariete, la Grande Aquila, Il Sacro Scarabeo, il Corpo Nascosto, il Divino Bennu ed egli evocherà un grande incantesimo che riporterà in vita Horus. Con queste parole di potere, Thoth trasferì il fluido vitale di Ra e non appena questo giunse sopra il corpo del bambino, il veleno dello scorpione uscì da lui che tornò di nuovo a respirare e a vivere. Quando questo fu fatto, Thoth andò alla Barca di Ra, gli Dei che formavano la sua ciurma ripresero a remare e il Disco continuò il suo viaggio quotidiano attraverso il cielo. Lassù, gli dei, che erano stati spaventati e avevano lanciato urla di terrore quando avevano sentito della morte di Horus, tornarono felici e cantarono inni di gioia per la sua resurrezione. La felicità di Isis per la resurrezione del figlio fu grande, perché poté ancora sperare che potesse vendicare l'assassinio del padre e occupare il suo trono. Le parole finali di Thoth la confortarono grandemente, in quanto le disse che si sarebbe occupato del caso di Horus nella Sala del Giudizio di Anu, dove Osiris era stato giudicato e come suo difensore avrebbe fatto in modo che ogni accusa portata contro Horus ricadesse sull'accusatore. Inoltre, avrebbe dato a Horus il potere di respingere qualunque attacco che gli fosse stato portato da esseri dall'alto dei cieli o da demoni delle profondità infernali e avrebbe assicurato la sua successione al Trono delle Due Terre, cioè l'Egitto. Thoth promise anche a Isis che Ra stesso avrebbe agito come difensore di Horus, come se fosse stato suo padre Osiris. Fu anche attento ad accennare alla parte avuta da Isis nella resurrezione di Horus dicendo "Sono state le parole di sua madre a risollevarlo e a permettergli di andare ovunque vorrà e a porre timore negli alti poteri. Io stesso mi sono affrettato a obbedirvi." Perciò tutto dipese dal potere degli incantesimi di Isis che fece fermare il sole e fece in modo che il morto risorgesse.

Tali sono i contenuti dei testi sulla famosa Stele Metternich. Sembra esserci qualche incongruenza nella loro sistemazione e alcuni di essi sono decisamente fuori posto e in alcune parti il testo è chiaramente mancante. E' impossibile spiegare alcuni passaggi, perché non comprendiamo tutti i dettagli della magia che rappresentano. Tuttavia, il significato generale dei testi sulla Stele è abbastanza chiaro e documenta una leggenda di Isis e Horus che non si trova descritta in maniera completa su nessun altro monumento.

Note

1 - Vedi Metternichstele, Leipzig, 1877. La Stele fu creata per Ankh-Psemthek, figlio di Tent-Het-nub, profeta di Nebun, supervisore di Temt e scriba di Het (linea 87 sulla Stele).

Copyright

Il testo in pubblico dominio è tratto da E. A. Wallis Budge, Legends of the Gods, London, 1912. Traduzione italiana, © 2013 Gianluca Turconi, tutti i diritti riservati.

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