Le elezioni politiche del 1948, seconda parte: la campagna elettorale della Democrazia Cristiana e il voto

di Simone Pelizza

Nella campagna elettorale per le elezioni politiche del 1948, l'operato del governo di De Gasperi, dell'Azione Cattolica, dei comitaci civici e della stessa Chiesa Cattolica contribuì a porre la Democrazia Cristiana nelle migliori condizioni per la vittoria, nonostante le forti tensioni sociali nell'imminenza del voto.

La campagna elettorale della Democrazia Cristiana. L'impegno del mondo cattolico

L'intervento attivo di Pio XII nella campagna elettorale del 1948 fu determinante per indirizzare gli indecisi di fede cattolica - © GNU FDL Wikipedia

L'intervento attivo di Pio XII nella campagna elettorale del 1948 fu determinante per indirizzare gli indecisi di fede cattolica.

Già nel radiomessaggio natalizio del 1947 lo stesso Pio XII chiamò ripetutamente i cattolici all'impegno diretto nell'imminente campagna elettorale: "Disertore e traditore sarebbe chiunque volesse prestare la sua collaborazione materiale, i suoi servigi, le sue capacità, il suo aiuto, il suo voto a partiti e poteri che negano Dio, che sostituiscono la forza al diritto, la minaccia e il terrore alla libertà, che fanno della menzogna, dei contrasti, del sollevamento delle masse, altrettante armi della loro politica, che rendono impossibile la pace interna ed esterna."

Nelle settimane successive seguirono incalzanti appelli di ogni genere da parte dell'intero episcopato italiano. Termini e slogan quali "santa crociata" o "nuova Lepanto" furono usatissimi, così come si fece ricorso all'equazione, già utilizzata con successo nelle precedenti elezioni del 1946, tra buon italiano e buon cattolico.

La saldatura e la sovrapposizione tra aspetti politici e aspetti religiosi fu costante, e ciò fin dalle "missioni religiose popolari", organizzate e tenute in gran numero nelle regioni considerate a rischio (Emilia-Romagna e Meridione). Tra la primavera 1947 e i primi mesi del 1948 si tennero ben 257 di queste missioni in 112 diocesi diverse, con la partecipazione massiccia di membri dell'Azione Cattolica, tutti preparati appositamente anche con corsi a carattere metodologico. Inoltre, nei paesi più remoti di tutte le regioni, vennero inviati speciali carri-cinema, attrezzati per la proiezione di film tra cui spiccava Pastor Angelicus, un documentario volto a esaltare la figura e le opere di Pio XII. Enorme successo ebbero le prediche e i comizi del gesuita padre Lombardi (curiosamente omonimo del membro del PSI!), chiamato "microfono di Dio" per il trasporto e la grande abilità oratoria.

Fulcro di tutte queste iniziative propagandistiche furono i Comitati Civici, fondati e diretti da Luigi Gedda, battagliero ex presidente dell'Azione Cattolica. Superando le perplessità della dirigenza DC e di buona parte dello stesso mondo cattolico, Gedda riuscì a costituire, con i Comitati Civici, una rete di contatti e forme organizzative di gran lunga superiore a quella dell'Azione Cattolica o delle semplici parrocchie. E completamente indipendente da esse. Si ponevano in tal modo premesse per futuri conflitti e reciproche ingerenze tra Comitati e Azione Cattolica, e tra Comitati e Democrazia Cristiana, vista la struttura labile del partito di De Gasperi. Ma per il momento contava l'emergenza e il sostegno al lavoro di Gedda era indispensabile.

Anche il governo si mosse con abilità, sfruttando tutte le leve a disposizione. In particolare, si usarono i cinegiornali della Settimana Incom che ogni cinematografo era tenuto a proiettare negli intervalli dei normali spettacoli. Nel corso dell'intero inverno 1947-48 furono preparate ben 124 edizioni di tali cinegiornali, proponendo numerosi servizi sugli aiuti americani e sull'amicizia tra Stati Uniti e Italia.

La partecipazione popolare alla campagna elettorale del 1948 fu molto elevata, sia per la Democrazia Cristiana sia per il Partito Comunista - Immagine in pubblico dominio, fonte Wikimedia Commons, utente Londinese

La partecipazione popolare alla campagna elettorale del 1948 fu molto elevata, sia per la Democrazia Cristiana sia per il Partito Comunista.

Determinante fu proprio il sostegno diretto americano alla campagna della Democrazia Cristiana. L'ambasciatore a Roma, James Dunn, girò in lungo e in largo l'Italia; visitò scuole e ospedali; inaugurò ponti e strade costruiti con il contributo americano; si fece sempre trovare nei porti al momento dell'arrivo delle navi che trasportavano gli aiuti da Oltreoceano. Le trasmissioni radio in lingua italiana della "Voice of America" furono potenziate e utilizzate a fondo. Soprattutto, fu decisivo il sostegno finanziario dato da Washington al partito democristiano e alle altre forze anticomuniste. Esso coinvolse istituzioni cattoliche, organizzazioni sindacali e persino amministrazioni pubbliche. Tra il Marzo e l'Aprile 1948, De Gasperi e i suoi uomini ricevettero oltre 500.000 dollari e tonnellate di materiali da stampa, attraverso i canali più disparati e impensabili (aiuti dell'European Recovery Program, fondi privati raccolti negli USA, fondi raccolti dalla Santa Sede, ecc.) Parte di questi contributi pervenne anche agli altri partiti di governo, compresi i socialdemocratici di Saragat. D'altra parte anche il Fronte Popolare ricorse all'aiuto sovietico per finanziarsi. Mosca inviò al PCI ingenti somme di denaro e materiali per la campagna elettorale, usando metodi complicati e stranissimi (per esempio facendo arrivare clandestinamente tali contributi dalla Jugoslavia in mazzette da 100 dollari l'una; oppure comprando migliaia di arance in favore dell'Unità, ecc.)

I timori del voto e la vittoria democristiana

Ugualmente delicato fu l'interrogativo che entrambe le parti si posero riguardo a una possibile degenerazione della contesa elettorale in lotta armata. L'atteggiamento americano non fu esente da ambiguità. Dopo aspre discussioni e dichiarazioni contrastanti, il National Security Council definì infine la politica da seguire (Febbraio 1948): gli USA non sarebbero intervenuti in caso di un conflitto civile interno in Italia, salvo che in presenza di una conquista illegale del potere da parte comunista e sempre su richiesta del legittimo governo italiano. Si prevedeva in tal caso di insediarsi in Sicilia e in Sardegna, dando per scontata la perdita dell'Italia settentrionale. I comunisti italiani temevano certamente un intervento americano per annullare la "vittoria elettorale" del Fronte; perciò si elaborarono piani di difesa estremi. Ma Togliatti si oppose a essi per timore che il Partito Comunista Italiano venisse messo fuorilegge o addirittura subisse improvvisi colpi di mano: le armi dovevano essere usate esclusivamente in caso di attacco avversario alle sedi del Partito; la presa del potere attraverso l'insurrezione armata era sconsigliata, se non addirittura proibita.

Insomma, da entrambe le parti, non si intendeva compiere nessuna mossa azzardata, ma si attribuivano i peggiori intenti all'avversario e quindi si puntava a cautelarsi in tutti i modi possibili. Così anche il ministro dell'Interno Scelba predispose una rete segreta di "superprefetti", pronta ad assumere i poteri in caso di colpo di mano socialcomunista. Tra paure pressanti e polemiche sempre più aspre, si giunse infine alla giornata del voto (18 Aprile 1948): non ci furono particolari incidenti e le operazioni elettorali si svolsero tranquillamente. I risultati finali suonarono clamorosi per tutti.

Mario Scelba, "il prefetto di ferro", svolse un ruolo fondamentale nel garantire la sicurezza e il corretto svolgimento delle elezioni politiche del 1948 - Immagine in pubblico dominio, fonte Wikimedia Commons, utente Valdis72

Mario Scelba, "il prefetto di ferro", svolse un ruolo fondamentale nel garantire la sicurezza e il corretto svolgimento delle elezioni politiche del 1948.

La DC ottenne il 48,5% dei consensi, mentre il Fronte si fermò solo al 31%. Tutte le altre formazioni politiche sparirono nel gorgo di uno scontro effettivamente bipolare: solo i socialdemocratici ottennero un bel successo. Monarchici, liberali, qualunquisti e repubblicani crollarono rovinosamente. In sostanza l'elettorato aveva individuato nella Democrazia Cristiana l'unica vera "diga" anticomunista e aveva quindi concentrato su di essa tutte le proprie energie. Non si trattava solo di voti "religiosi", ma di voti delle più diverse origini, che non avrebbero mancato di pesare sul futuro del partito scudocrociato. Dall'altra parte, la sconfitta del Fronte travolse il Partito Socialista: per Nenni gli esiti del voto furono pesanti, imbarazzanti. Iniziò un feroce dibattito all'interno del Partito, destinato a veder prevalere la componente di centro guidata da Jacovitti e Lombardi.

Dal canto suo la stampa comunista presentò giustificazioni destinate a essere ripetute più volte negli anni successivi: i democristiani avevano vinto grazie all'influenza americana, all'ingerenza illecita del clero e alle intimidazioni continue di governo e industriali. Mancava la capacità di riconoscere i propri errori e di assumersi la responsabilità del fallimento. Solo Togliatti comprese la cecità del PCI verso l'elettorato e, pur ammettendo ufficialmente l'ottica giustificazionista dei propri compagni, approfittò della sconfitta per portare avanti il suo concetto di "democrazia progressiva", opponendosi strenuamente all'opzione della lotta armata. Il PCI poteva conquistare il potere solo attraverso i meccanismi democratici; avventurarsi in altri terreni avrebbe comportato solo rischi e pericolose conseguenze.

Da parte dei vincitori le sfumature nei giudizi furono significative, variando costantemente sull'apporto dato dall'Azione Cattolica e dai Comitati Civici al successo elettorale. De Gasperi e Taviani parlarono genericamente di un "risveglio della coscienza democratica", pur non lesinando meriti e riconoscimenti al ruolo svolto da clero e associazionismo confessionale. La rivista "Cronache Sociali" aprì un dibattito in tal senso, da cui emerse pur con diversi distinguo una concezione ottimistica: la vittoria del 18 Aprile era "la vittoria della concezione cristiana dell'Uomo".

Al di là di tutto, l'unico che colse il vero significato di quel voto storico fu Giuseppe Dossetti, direttore di "Cronache Sociali" ed esponente di spicco della Sinistra DC. Egli osservò con molto acume: "Ha influito l'istinto di conservazione e di difesa degli interessi e dei beni più diversi nella quantità materiale e nel valore spirituale; ha influito soprattutto la paura, nel senso più letterale di emozione e di reazione irriflessa a una minaccia di conquista del potere da parte del Partito Comunista."

Fonti

"Storia dell'Italia contemporanea. Dalla crisi del fascismo alla crisi della Repubblica, 1939-1998.", a cura di Giorgio Vecchio, ed. Monduzzi, Bologna 1999 (pag. 217-236). L'autore cita come testi di riferimento del proprio lavoro i seguenti libri:
P. Scoppola, "La Repubblica dei partiti. Evoluzione e crisi di un sistema politico, 1945-1996", ed. Il Mulino, Bologna 1997
"The Cominform. Minutes of the Three Conferences 1947/1948/1949", ed. by G. Procacci, in "Annali della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli", 30 (1994) Il testo è in Inglese e in Russo.
S. Galante, "La politica del PCI e il Patto Atlantico. Rinascita, 1946-49", ed. Marsilio, Padova 1973
L. Valiani, "L'Italia di De Gasperi (1945-1954)", Le Monnier, Firenze 1982
G. Zizola, "Il microfono di Dio. PioXII, Padre Lombardi e i cattolici italiani", ed. Mondadori, Milano 1990
M. Casella, "18 Aprile 1948. La mobilitazione delle organizzazioni cattoliche", Congedo editore, Galatina 1992

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