Le streghe nel Macbeth di William Shakespeare

a cura di Diane Purkiss

traduzione italiana a cura di Gianluca Turconi

La caccia alle streghe è uno di quei settori che spesso le persone pensano di conoscere, mentre in realtà molto di ciò che sanno non è corretto. In Inghilterra, per esempio, le streghe non sono mai state bruciate; la punizione era l’impiccagione. Non è mai stata usata la tortura negli interrogatori di stregoneria inglesi. Inoltre, la caccia alle streghe era spesso rivolta a donne anziane, piuttosto che a ragazze giovani e carine. Le confessioni raramente riguardavano rapporti sessuali con demoni, ma si concentravano invece sulle relazioni tra l’accusata e un piccolo animale – una donnola, un topo, una mosca – che si nutriva del sangue della strega in cambio di potere; questo animale era chiamato famiglio. Le streghe accusate di solito non avevano conoscenze erboristiche segrete; alcune esercitavano la professione di guaritrici, ma utilizzando incantesimi, non rimedi erboristici. Questi incantesimi, come vedremo, non erano residui del paganesimo; all’epoca dei processi alle streghe, l’Antica Religione non era il paganesimo, ma il cattolicesimo medievale.

Le streghe del Macbeth di William Shakespeare - Immagine utilizzata per uso di critica o di discussione ex articolo 70 comma 1 della legge 22 aprile 1941 n. 633, fonte Internet

Le streghe del Macbeth di William Shakespeare.

Libri magici, parole e incantesimi

Per i contemporanei di Shakespeare la differenza principale tra un mago e una strega era rappresentata dai libri. Le streghe facevano magie con i loro corpi o a volte con i corpi di altre persone, mentre i maghi compivano magie con le parole e, per essere magiche, queste parole dovevano avere una delle seguenti caratteristiche:

  1. essere pronunciate in una lingua sconosciuta;
  2. essere nomi di entità spirituali/non umane;
  3. essere nomi di Dio o di angeli/demoni.

Filtrato alle persone comuni, il criterio “A” potrebbe essere soddisfatto sia con l’uso di un latino semisconosciuto presente in preghiere precedenti alla Riforma, sia semplicemente farfugliando le parole. Il criterio “B” poteva essere soddisfatto con nomi un tempo noti a tutti i buoni cattolici, mentre il criterio “C” poteva essere soddisfatto incorporando preghiere prestabilite in incantesimi o magie oppure consultando libri od opuscoli.

In questo modo sia la magia colta sia quella popolare seguivano schemi simili, caratterizzati anche dalla combinazione del normale con lo strano, invitando l’incomprensibile nel ben compreso.

Alcuni incantesimi buoni e giusti dell’epoca di Shakespeare sono il Longinus Charm e il Five Wounds Charm. L’incantesimo Longinus è diffuso in tutta Europa:

Prendete olio di olive e [lana] di pecora e mettetelo sulla ferita e dite: “Allo stesso modo, dico: “Il principe Longino conficcò una lancia nel fianco di nostro Signore Gesù Cristo e per poco tempo non sanguinò o si gonfiò o si infiammò. Così possa la ferita di questa persona non sanguinare, né gonfiarsi, né infiammarsi. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” [nota 1].

L’Incantesimo delle Cinque Ferite è collegato a questo:

...e in virtù delle cinque piaghe di Gesù Cristo e in virtù dei seni della Beata Vergine da cui Gesù fu allattato, la ferita non farà male, marcirà o cicatrizzerà più di quanto fecero le piaghe di nostro Signore Gesù Cristo quando fu appeso alla croce... [nota 2]

Le Cinque Piaghe non erano solo un simbolo, ma anche una reliquia di un’antica forma di cristianesimo, il cattolicesimo medievale. Le Cinque Piaghe erano il vessillo del Pellegrinaggio di Grazia, la più grande ribellione della storia inglese che ebbe luogo nell’autunno del 1536 e contestò la rottura di Enrico VIII con Roma e la cosiddetta Dissoluzione (o distruzione) dei monasteri. Durante la Ribellione del Nord del 1569, gli stendardi delle Cinque Piaghe vennero utilizzati anche quando i ribelli cattolici fecero irruzione nella Cattedrale di Durham e vi celebrarono la Messa cattolica [nota 3]. L’idea del fascino e dell’incanto si intrecciarono con la paura dei ribelli cattolici, paura che si concretizzò nel Complotto delle polveri da sparo del 1605, di cui uno dei risultati è il Macbeth.

La parola “fascino” (N.d.T. significato esteso del termine inglese “charm” con cui si indicano anche gli incantesimi) nel dramma della prima età moderna significa sempre magia, di solito non la magia di guarigione, ma la magia quasi erotica dello smarrimento, del sonno o della fantasticheria. Ci sono molti usi di questo tipo nella drammaturgia del periodo, compresi quelli metaforici. Il fascino ingannevole ha perseguitato la parola per tutto il tempo. Ciò diventa molto chiaro nell’ultimo riferimento di Macbeth alla sua “vita incantata” (5.8.12) che Macduff denuncia come una copertura per il suo coinvolgimento satanico: “Dispera il tuo fascino", grida Macduff, come un qualsiasi riformatore (5.8.13) [nota 4]. Il dramma alla fine riconfigura tutto il fascino come ingannevole. Le streghe non hanno veramente incantato o salvato Macbeth; lo hanno ingannato facendogli credere di essere invincibile quando non lo è. Lo hanno lusingato e lui ha creduto alle loro bugie perché voleva farlo. Questo, per Macduff, sembra equivalere all’arruolamento di Macbeth come tirapiedi dell’Inferno. La relazione tra questo uso della parola nel dramma e quello nel lavoro demonologico è molto chiara e del tutto ortodossa.

Gli ingredienti del calderone delle streghe

Molte delle cose orribili che le streghe mettono nel calderone sono materiali considerati estranei o strani. Provengono da popoli stranieri – ebrei, tartari, turchi – o da animali che di solito non si mangiano – cane, pipistrello. Ma gli ingredienti bizzarri sono inclusi in una pratica che appare rassicurantemente familiare a un pubblico dell’epoca di Shakespeare, quando poche persone avevano il forno e la maggior parte cucinava in un calderone appoggiato su un fuoco aperto. Come per gli incantesimi scritti, quindi, la magia consiste nell’inserire l’estraneo nel mondo familiare, nel far entrare l’esterno o addirittura nell’invitarlo ad entrare.

È proprio quello che fa Lady Macbeth. Dopo aver sentito la profezia delle streghe, si rivolge direttamente ai poteri delle tenebre, cercando di diventare come loro. Il corpo della strega, tuttavia, era l’ultimo posto dove cercare sangue caldo e scorrevole. Il corpo era duro e disseccato dall’età. Tuttavia, una volta violato, il potere della strega veniva meno; il classico rimedio popolare per la stregoneria consisteva nel graffiare la strega sopra il cuore. Una volta perforata la sua pelle dura, il suo potere evaporava. Eppure, a quanto pare, questi corpi avvizziti erano attivamente ricercati dai demoni. I famigli sono apparentemente attratti dalla parte inferiore del corpo. Nel processo del Lancashire del 1634 le ostetriche esaminatrici individuarono “capezzoli” o segni sulla parte inferiore del corpo delle donne accusate, soprattutto intorno alla vulva e all’ano. Carlo I, che non era un uomo da caccia alle streghe, inviò il suo medico personale per esaminare le streghe. Si trattava di William Harvey che liquidò i segni delle streghe delle levatrici come il risultato di credulità e superstizione, insinuando che i capezzoli da latte trovati fossero semplicemente emorroidi. Lady Macbeth pronuncia l’unica autentica invocazione alle potenze delle tenebre nell’opera, anch’essa collegata alla perdita del latte:

Venite, o spiriti
che vi associate ai pensieri di morte,
snaturate in me il mio sesso,
e colmatemi fino a traboccare,
dalla più disumana crudeltà.
Fatemi denso il sangue;
sbarratemi ogni accesso alla pietà,
e che nessuna visita
di contriti e pietosi sentimenti
venga a scrollare il mio impietoso intento
e a frapporre un sol attimo di tregua
tra esso e l'atto che dovrà eseguirlo.
Accostatevi ai miei seni di donna,
datemi fiele al posto del mio latte,
voi che siete ministri d'assassinio. (1.5.40-48)

Questo discorso viene solitamente letto come una rinuncia al corpo sessuato. Ma cosa significa nel contesto dell’opera? Le streghe, ovviamente, non sono sessuate, o meglio il loro genere è per Banquo problematicamente indecidibile – perché hanno la barba. Ma che tipo di segno sono le barbe nelle donne? Sono segni di vecchiaia, quando i peli iniziano a crescere in luoghi codificati come lisci nelle donne giovani. Quello che Banquo vede è un corpo non sessuato dalla vecchiaia e vedremo tra poco che anche Lady Macbeth segna così il suo corpo.

La vecchiaia porta le funzioni del corpo femminile a fermarsi. Lady Macbeth sta facendo, in effetti, la stessa scelta delle donne che hanno “adottato” famigli diabolici, ma in modo molto più completo. Desidera una menopausa precoce ed è per questo che chiede che il suo sangue sia reso denso. Si pensava che il sangue di una strega fosse così denso con la vecchiaia, così privo di fuoco che era impossibile estrarlo ed era questa l’idea alla base del concetto che il corpo di una strega non poteva essere trafitto da un colpo o da uno spillo. Tale durezza è l’opposto del corpo morbido della madre. Per la medicina moderna che traeva le sue conoscenze da Aristotele, il latte materno era il sangue impuro del grembo materno, reso bianco e puro dal fuoco ardente dell’amore materno che lo trascinava anche verso l’alto attraverso il corpo fino a raggiungere il seno [nota 5]. Per contro, il fiele che Lady Macbeth sostituisce al latte sta a significare che il suo cuore ha fallito nell’amore materno. Il fiele è anche il tipo di veleno che si credeva le streghe trattassero. In un’epoca in cui i bambini non allattati al seno avevano molte più probabilità di morire, Lady Macbeth immagina di uccidere il suo bambino, attraverso il rifiuto di nutrirlo. Il doppio rifiuto del latte materno da parte di Lady Macbeth la qualifica anche come strega, perché le streghe erano esseri che rubavano il latte di altri animali e anche delle madri, sostituendolo con sangue poco nutriente. E immagina anche di scegliere di non nutrire il bambino, ma di nutrire qualcos’altro, di nutrire i famigli che evoca.

Streghe che cantano e ballano

Shakespeare fa cantare e ballare le sue streghe. I critici spesso trovano questo aspetto davvero imbarazzante e le produzioni moderne di solito non hanno molta musica stregonesca, temendo che l’effetto sia comico. Quasi certamente l’intento era quello di essere divertente, ma divertente con un elemento di paura oscuro e tagliente che lo attraversa. Samuel Harsnett, nella sua Declaration of Egregious Popish Impostures, descrive una ragazza posseduta che danza nelle sue crisi:

Fratetto, Fliberdigibbet, Hoberdidance, Tocobatto erano quattro diavoli della danza, o Morris, che Sara nelle sue crisi ballava con misura e dolce cadenza. E se mai dovessi pensare che i diavoli non hanno musica all’inferno, soprattutto se non hanno musica, arriva il violinista con il suo flauto e il suo piffero, e dietro di lui un’intera Morris, per lo più composta da maghi. Questi quattro avevano quaranta assistenti sotto di loro, come loro stessi confessano (p. 49).

Anche altre opere teatrali collegano il caos della danza morris con la figura della strega.

Ben Jonson, contemporaneo di Shakespeare, scrisse The Masque of Queens (1610) per le dame di corte. Alcune musiche sono sopravvissute e le streghe di Jonson fanno anche una sorta di danza morris. Per i puritani le danze morris erano un retaggio del cattolicesimo e ritenevano che tali feste cattoliche contenessero tracce di elementi pagani e quindi diabolici. Nel suo Anatomie of Abuses, Philip Stubbes disse nel 1582 che i danzatori di morris erano “come diavoli incarnati, con un rumore così confuso che nessun uomo poteva sentire la propria voce". Nel dramma molto più realistico La strega di Edmonton (1623), il cane demoniaco della strega guida un ballo di morris degli abitanti del villaggio, portando un disturbo diabolico.

All’epoca di Shakespeare, tutti credevano che il macrocosmo dell’intero Stato potesse essere influenzato da atti e disturbi microcosmici. Se un figlio disobbediva a un genitore (o una moglie a un marito!) si credeva che potesse seguire una disobbedienza politica e persino una ribellione pubblica. Mostrando le streghe che ululano senza musica, il disordine nello Stato poteva essere brevemente intensificato e poi dissipato. Questo è anche il senso della tragedia che evoca una versione peggiore di noi stessi e poi la uccide davanti ai nostri occhi. Ne usciamo sbattendo le palpebre, sollevati, purificati.

Accuse in Otello e nel Racconto d’inverno

È interessante che il più famoso dramma di Shakespeare sulle streghe si collochi in un angolo rispetto ai processi alle streghe che raggiunsero il culmine durante la sua vita, nell’ultimo decennio del regno di Elisabetta I. Tuttavia, l’autore presenta accuse di stregoneria in altri drammi; nell’Enrico VI Parte II, Jeanne La Pucelle, alias Giovanna d’Arco, è accusata di stregoneria e viene assistita da numerosi demoni. Tuttavia, le altre due accuse di stregoneria sono palesemente il risultato di una paranoia. Quando Brabantio accusa Otello di aver stregato sua figlia, è improbabile che il pubblico sia d’accordo:

Ella è maltrattata, allontanata da me e corrotta
con incantesimi e medicine comprate da mercanti;
per una natura così assurdamente errata,
non essendo carente, cieca o zoppa di senno,
senza stregoneria non potrebbe. (1.3.60-64)

Soprattutto dopo aver ascoltato la convincente autodifesa di Otello:

Suo padre mi amava, mi invitava spesso;
mi chiedeva ancora la storia della mia vita,
di anno in anno, le battaglie, gli assedi, le fortune
che ho vissuto.
L’ho ripercorsa, fin dai miei giorni di ragazzo,
fino al momento in cui mi ha chiesto di raccontarla;
e ho parlato di eventi disastrosi,
di incidenti commoventi per inondazioni e campi
di fughe per un soffio dalla breccia imminente e mortale
[...]
e dei cannibali che si mangiano l’un l’altro,
gli antropofagi e gli uomini la cui testa
cresce sotto le loro spalle.
[...]
Mi amava per i pericoli che avevo superato
e io l’ho amata perché li ha compatiti.
Questa è la stregoneria che ho usato. (1.3.127-69)

L’altra accusata è Paulina nel Racconto d’inverno: Leonte afferma a gran voce che è “una strega umana” (2.3.68), apparentemente senza alcun fondamento. In effetti, sia Otello sia Paulina sono accusati da uomini anziani che vengono stigmatizzati per i loro giudizi distorti. Dopo venti anni di solitudine, Leonte riconosce che l’arguzia di Paulina non è stregoneria e dichiara: “Se questa è magia, che sia un’arte / lecita come mangiare” (5.3.109-10). In realtà non si tratta di magia, ma di una sorta di gioco di prestigio che Paulina usa per portare in vita la “statua” di Ermione, ma a quel punto a Leonte non importa e Shakespeare sta chiaramente dicendo al suo pubblico che la stregoneria è una fantasia di uomini anziani e scontrosi che ostacola l’amore. Come altri drammaturghi, egli lavora per costringere il pubblico a mettere in discussione le proprie convinzioni e a orientarsi verso opinioni meno prevenute.

Note

[1] Munich, Clm MS 19440, p. 282, testo latino presente in Lea Olsan, ‘The Three Good Brothers Charm: Some Historical Points’, Incantatio 1 (2011), 48-78, Appendice I, p. 64.

[2] Cambridge University Library, MS Kk.6.33, testo presente in Olsan, p. 68.

[3] Vedi Anthony Fletcher, Tudor Rebellions (London: Longman, 1973), p. 113.

[4] Vedi anche 1.3.37, 4.1.9 e 4.1.38.

[5] Jacques Guillemeau, Child-birth, or, The happy deliverie of women, etc. (Amsterdam: Theatrum Orbis Terrarum; New York: Da Capo Press, 1972).

Notizie sull'autore

Diane Purkiss è professoressa di Letteratura inglese all’Università di Oxford e Fellow e Tutor al Keble College di Oxford. Ha pubblicato ampiamente sulla stregoneria e altre credenze soprannaturali nel primo periodo moderno e il suo libro più recente, The English Civil War (HarperCollins 2006), esamina Matthew Hopkins nel contesto del periodo. Ha completato uno studio sul cibo in Inghilterra e sta lavorando a due nuovi progetti: un esame del processo di scrittura e dei suoi impedimenti da Omero a David Foster Wallace e uno studio microstorico su una strega scozzese, Andro Man, giustiziata nel 1597.

Licenza del testo e altre informazioni di copyright

Il testo è rilasciato sotto licenza Creative Commons Attribution 4.0 International, © Diane Purkiss. Traduzione italiana © 2023, Gianluca Turconi.

Torna a inizio pagina


RSS - FAQ - Privacy

Copyright © 2006-2024 Gianluca Turconi - Tutti i diritti riservati.