Stanza 154

racconto di fantascienza

Stanza 154, racconto di fantascienza dello scrittore Andrea Micalone

"Un tempo gli esseri umani comunicavano utilizzando i suoni."

Al sorrise.

Rispose: "Ho già letto questa idiozia da qualche parte. Non dirmi che ci credi anche tu!"

"Perché?"

"Non diciamo sciocchezze. Come potevano riuscirci? Starnutendo?" Al si grattò la spalla.

In fondo alla chat apparve la nuvoletta con i tre puntini: Ty stava scrivendo una delle sue lunghe risposte.

Al si tirò indietro, premendo contro lo schienale, e guardò l'orario: le due passate.

Doveva andare a dormire.

La nuvoletta sparì, ma non arrivò alcun messaggio. Ty doveva essere in dubbio su cosa rispondere.

Al si guardò attorno: cercò sulla scrivania, ma senza trovarlo. Ripiegò quindi sul posacenere, colmo di mozziconi. Se lo portò vicino. Valutò le cicche una per una, portandosele vicino agli occhi, come un ingegnere alla ricerca della vite giusta; anche stavolta senza risultati: erano tutte fumate sino al filtro.

Si alzò in piedi.

La vista gli formicolò: dovette poggiarsi allo schienale della poltrona.

Attese alcuni secondi.

Appena il campo visivo smise di sfrigolare, fece vagare gli occhi per la stanza.

L'asciugamano umido sul pavimento e i panni sparsi erano nascondigli perfetti.

Raggiunse un groviglio di t-shirt, quello che gli parve più denso, e lo alzò. Sotto c'era lui: l'ultima speranza.

Lo prese e vi guardò dentro: vuoto.

Con il pacchetto e la massa di magliette scomposte ancora tra le mani guardò allora il letto sfatto. Le lenzuola giallo conato, cosparse di macchie di origine biologica, non ospitavano nessuna sigaretta.

Possibile che le avesse terminate?

Nella speranza che gli saltassero alle pupille nuove idee, scrutò le quattro pareti grigie, decorate soltanto dalla porta d'ingresso e da quella del cesso. Esse gli risposero con l'espressione desolata delle proprie scrostature umide.

Il campanello della chat lo avvisò: la risposta di Ty era arrivata.

Al lasciò cadere sul pavimento il globulo di t-shirt e il pacchetto vuoto; tornò al PC.

La ragazza aveva scritto: "Ma potrebbe essere vero! Pensaci: se a ogni lettera facessimo corrispondere un suono, potremmo costruire le parole utilizzando la bocca. Non sarebbe necessario scrivere." Ty concluse il discorso con uno smile sorridente.

Al, senza sedersi, le rispose: "Sarebbe disgustoso. Ore di versi schifosi per costruire una sola frase. E poi occorrerebbe un mare di tempo per imparare e altrettanto per capirsi. A cosa servirebbe una simile fatica?"

Premette invio, quindi si volse per riprendere la ricerca di una qualche sigaretta superstite, ma la risposta di Ty stavolta giunse istantanea.

"Potremmo comunicare guardandoci negli occhi!"

Al si grattò il cranio calvo e secco. Ci pensò su per pochi secondi, poi scrisse: "Non ne vedo l'utilità. Possiamo già guardarci negli occhi con la Cam, se è quello che vuoi."

"Ma con i suoni non occorrerebbe scrivere. Si potrebbe stare insieme!"

Al aggrottò le sopracciglia. Quella Ty gli era simpatica, ma a volte tirava fuori idee assurde.

Le rispose: "Intendi 'stare insieme' come quando vengono i bot della manutenzione? Insieme tra due esseri umani? Contemporaneamente nella stessa stanza?!"

Non apparve la nuvoletta.

Al sorrise: doveva essersi accorta da sola della stronzata che aveva scritto.

Giunse la risposta.

Una sola parola.

"Sì."

L'uomo rimase curvo, le pupille fisse sullo schermo.

Non riusciva a capire se la ragazza stesse scherzando. Ciò che sosteneva era ovviamente folle, ma lo aveva scritto senza emoticon, pertanto se stava utilizzando l'ironia, lo faceva a un livello di complessità superiore.

Al alzò le spalle. "Non dovresti scherzare in questo modo e lo sai bene. Sembri seria!"

Risposta: "Sono seria."

Al si erse allora ben dritto e sospirò. Si guardò attorno con fastidio. Una sigaretta in quel preciso momento sarebbe stata il regalo migliore per chiudere con le stronzate di quella ragazzina e con la serata stessa.

Ty scrisse ancora: "Pensaci! Stare vicini comunicando con i suoni... e magari tenersi per mano..."

Al sbarrò le palpebre.

Forse quella cretina aveva una qualche malattia mentale non diagnosticata. Le rispose: "Sei idiota?! E i batteri? Non pensi a tutte le malattie che ci si trasmetterebbe toccandosi?"

Ty non demorse. "Secondo me non sarebbe pericoloso come si sostiene. In passato la gente non viveva tutta la propria vita dentro una sola stanza."

Al sorrise. "Già! Infatti in passato esistevano anche le epidemie: la gente rischiava di ammalarsi in qualsiasi istante. E poi, a parte questo, non comprendo proprio la ragione di quello che dici. Perché vorresti toccare un altro essere umano? Perché vorresti comunicare con lui standogli vicino? Non otterresti niente più di quello che già possiedi."

"Tu non sei curioso di vedere dal vivo un altro essere umano?"

"Certo che no. Quello che scrivi non ha alcun senso. Cosa cambia tra il vederlo dal vivo e il vederlo su schermo?" Al si passò la lingua sui denti. La stanchezza iniziava ad affumicargli la vista. Fumo, sempre a quello pensava! Perché non aveva acquistato un altro pacchetto? Il giorno dopo se ne sarebbe fatti arrivare almeno cinquanta! Al diavolo la fissa del risparmio.

Decise: doveva chiudere la chat, altrimenti quella stupida avrebbe continuato per tutta la notte a sostenere le sue sciocchezze neo-naturistiche da quattro soldi.

Ty in quel momento scrisse: "Un tempo gli esseri umani si amavano non solo scrivendo, ma anche baciandosi, accoppiandosi e sentendosi fisicamente."

Ora era troppo.

Al rispose: "Un tempo gli esseri umani vivevano anche nelle caverne, mangiavano carne cruda e si ammazzavano tra loro. Detto questo, ti saluto. Vado a dormire. Buonanotte."

Ty però non rispose con un'ovvia buonanotte, magari delusa. Tutt'altro.

Scrisse: "Tu hai detto che vivi nella stanza 154 del Distretto Verde."

Al boccheggiò. Le dita sulla tastiera gli tremarono.

Replicò: "Cosa significa?"

"E se io ora venissi da te?"

L'uomo deglutì.

Aveva frainteso tutto: non stava chattando con una stupida ragazzina del movimento neo-naturista, ma con una pazza vera e propria.

Scattò in avanti. Premette i pulsanti con forza.

"Smettila, Ty. Vado a dormire."

Lei non rispose.

Al spense il PC e si lanciò sul letto.

Il lucore dello schermo si alleggerì rapidamente, sino a tramutarsi nelle sole cifre dell'orario, unica luce. Tutto sprofondò allora nell'umidore della stanza: una penombra grigia e vaga.

Al si massaggiò le tempie, poi gli occhi.

Doveva stare tranquillo. Quella pazza non avrebbe messo in atto ciò che aveva scritto. Erano soltanto le assurdità di una diciassettenne di qualche Distretto lontano.

Ma lei viveva davvero in un Distretto lontano?

In realtà lui non glielo aveva mai chiesto: non aveva idea di dove lei vivesse.

Al guardò, tra le ombre, il proprio corpo nudo.

Nel mondo c'erano miliardi di esseri umani con un corpo simile a quello. Provò un moto di disgusto all'idea di toccarne uno che non fosse il proprio.

***

Colpi alla porta.

Chiaramente un sogno.

Nuovi colpi.

Non più un sogno.

Al balzò a sedere sul letto.

Lo schermo sosteneva che erano ancora le 4:24.

Ulteriori colpi fecero tremare la porta d'ingresso, poi iniziarono a udirsi i lamenti. Lamenti dal tono limpido. Non il solito cigolare dei bot, né tantomeno i passi dell'inquilino della stanza superiore.

Al vide le proprie mani: nocchiute, tremavano.

Possibile che quella fosse venuta davvero?

Trattenne il respiro. Non mosse un muscolo.

Guardò il proprio petto villoso e sudato. Lo vide alzarsi e abbassarsi. Gocce colarono dall'incavo tra le clavicole e cercarono una vita tra i suoi peli, come lumache. Il cuore gli batteva in gola e nelle tempie, caldo e vigoroso.

I colpi alla porta si fecero più convulsi. Il mugolio che li accompagnava somigliava ai versi isterici dei buffi gatti, quegli animaletti estinti, di cui tanti video si trovavano ancora sul web, risalenti al tempo in cui gli uomini erano ancora così arretrati da convivere non solo con i propri simili, ma addirittura con le bestie.

Al scosse la testa: aveva atteso anche troppo.

Si volse verso la parete e premette il pulsante nel muro.

Una volta.

Poi lo fece di nuovo.

E ancora.

Lo premette ripetutamente, sino a indolenzirsi l'indice.

Se quella pazza fosse riuscita ad aprire la porta...

Non voleva neanche pensarci! Sarebbe diventato un diseredato: lo avrebbero messo in qualche carcere remoto senza connessione web.

A questa idea Al si scoprì non solo spaventato, ma anche inerme.

E allora lo fece: urlò.

Urlò senza volerlo. Urlò per il panico. Urlò con tutta la forza che aveva in corpo. Tese i muscoli del collo e avvertì la gola seccarglisi, accartocciarglisi e arroventarglisi: buttò fuori tutta l'aria che aveva nei polmoni; sino in fondo, sino all'ultimo, sino a quando gli tremò il petto, ormai vuoto, e fu quindi costretto a riprendere aria.

Si ritrovò allora immerso in un silenzio nuovo, irreale.

All'improvviso il nulla: non i colpi, non i lamenti e neanche il suo stesso urlo. Pareva il solito, ma non lo era più.

Solo un ansimare debolissimo. Il suo.

Al ebbe paura: non si era mai sentito urlare.

Ora lo avrebbero punito?

E se era stato solo un sogno?

Aveva turbato la quiete pubblica?

Si premette la mano sulla bocca e deglutì. La gola bruciava. Forse stava sanguinando.

Si può sanguinare per un urlo?

Non lo sapeva.

Udì allora dei colpi sordi.

Provenivano ancora da dietro la porta, ma stavolta erano di tipo diverso. Più famigliari: il dolce e solito clangore metallico di arti robotici.

Udì poi altre urla, ma urla di qualcun altro, fuori la soglia; qualcuno che veniva portato via.

Era dunque questo l'urlo di un altro essere umano? L'urlo di una donna?

Gli strepiti tacquero all'improvviso.

I passi dei bot si allontanarono invece gradualmente, accompagnati da uno strofinio, come se gli automi portassero via qualcosa di pesante che strascicava sul pavimento.

Al sorrise.

Sospirò e scivolò soddisfatto nel letto.

Era coperto di sudore, ma la sua respirazione era tornata normale. Anche la gola non gli doleva più.

Ringraziò con tutto il cuore le guardie robotiche: lo avevano salvato da chissà quali oscene malattie biologiche.

Ripensò allora alla discussione avuta con quella Ty.

"Avere contatti fisici e tentare una comunicazione sonora".

Che bestialità! La storia e la civiltà umana si fondavano sulla scrittura. Era con la scrittura che erano nate e con la scrittura sarebbero morte.

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