Steelheart e Firefight di Brandon Sanderson

a cura di Mirco Tondi

Copertina originale del romanzo "Steelheart" - Immagine utilizzata per uso di critica o di discussione ex articolo 70 comma 1 della legge 22 aprile 1941 n. 633, fonte Internet

Copertina originale del romanzo "Steelheart".

Occorre subito fare un paio di precisazioni doverose quando si parla di Steelheart e di Firefight di Brandon Sanderson, i primi due romanzi della trilogia dedicati agli Eliminatori, ed entrambe sono inerenti a quanto l'editore italiano, Fanucci, riporta sulla quarta di copertina del primo volume, Steelheart, ("Un fantasy in cui ad avere i superpoteri sono i cattivi"), e copertina del secondo volume, Firefight, ("Lo scontro tra le forze del buio e coloro che anelano la luce è appena cominciato"): benché l'autore americano sia conosciuto come scrittore di libri fantasy, i volumi degli Eliminatori non sono romanzi fantasy. Appartengono alla fantascienza, se proprio si vuole essere precisi al genere supereroistico e distopico. Questo per quanto riguarda l'affermazione comparsa su Steelheart. Per quanto riguarda quello che si è letto su Firefight, non ci sono forze del buio e forze della luce: non esiste nei romanzi di Sanderson una distinzione così netta tra bene e male e lo si vedrà proseguendo nella lettura dell'articolo.

Chiariti questi punti, parliamo della storia, partendo dal fatto che la Terra ha iniziato a vivere in un'era distopica, elemento caro a Sanderson, visto quanto pubblicato finora: anche se con ambientazione diversa, l'idea del gruppo di ribelli che si contrappone ad autorità dotate di grandi poteri capaci di mettere in ginocchio un'intera popolazione (grazie anche a un vasto spiegamento di forze militari), ricorda quanto già incontrato in L'Ultimo impero, primo romanzo della trilogia Mistborn. Abbiamo David, il protagonista da poco divenuto uomo, che per anni ha pianificato la sua vendetta contro Steelheart, colui che ha ucciso il padre e piegato ai suoi voleri l'intera città in cui vive (come fatto da tanti altri esseri come lui in altre metropoli), proprio come Kelsier ha fatto con il Lord Reggente dopo che gli ha ucciso la moglie. Invece d'essere avvolta dalle nebbie come accade nelle Dominazioni, si ha a che fare con una città perennemente avvolta dalla notte a causa di Nightwielder, uno degli Epici al servizio del despota.

Ma chi sono questi Epici che tanto hanno sconvolto la Terra e come sono apparsi?

Le notizie che si hanno sul loro conto non sono chiare. Un tempo erano esseri umani comuni, ma dopo la comparsa nel cielo di Calamity, hanno sviluppato poteri soprannaturali; poteri talmente grandi da fargli perdere ogni morale (ben mostrata questa realtà, soprattutto sul come più si usano i poteri, più la mente e l'umanità si degenerano, alienando chi li possiede), considerandosi al di sopra di qualsiasi legge, di qualsiasi individuo e di poter disporre di tutto come vogliono. Non si sa se Calamity sia un esperimento del governo che ha voluto creare una razza di superuomini, oppure si tratti di una cometa venuta dalle profondità dello spazio capace di conferire capacità straordinarie; teoria questa che rende forte l'analogia con Wild Cards - L'origine, il primo romanzo della serie curata da George R.R. Martin assieme ad altri autori. Solo che in quest'ultimo caso il tema della nascita dei poteri viene affrontato in tono più maturo, più approfondito, mostrando la caccia che viene fatta dal governo alle persone dotate di poteri, come esse siano trattate come dei diversi, dei mostri, una minaccia da tenere sotto controllo. Sotto certi aspetti, l'opera di Martin ricorda i lavori della Marvel degli X-men; quella di Sanderson invece fa venire in mente fin dalla prima apparizione di Steelheart, Superman, grazie al suo mantello svolazzante, alla sua capacità di volare, alla sua invulnerabilità a qualsiasi forma di attacco. Solo che in questo caso si ha a che fare con un supereroe malvagio, proprio come succede nel film di animazione Justice League - La crisi dei due mondi (2010, diretto da Lauren Montgomery e Sam Liu), dove si ha un universo parallelo con le parti tra buoni e cattivi invertite (si ha un Lex Luthor in versione eroica e la Justice League che è il Sindacato del Crimine).

Sanderson, come si è visto, non crea nulla di originale, prendendo spunti da trame e tematiche già affrontate, ma sa realizzare una storia avvincente che scorre piacevole fino alla fine, tenendo vivo l'interesse. L'entrata nel gruppo degli Eliminatori da parte di David, le ragioni per cui combatte gli Epici, ma anche l'ammirazione che ha verso di essi, rendono l'avanzare della vicenda incalzante, tenendo alto il ritmo e coinvolgendo fino al raggiungimento dello scontro finale e al vedere se David ha ragione sul punto debole di quello che ritiene il vero nemico da battere, l'invincibile Steelheart.

Questo per quanto riguarda il primo volume. Il secondo, Firefight, riprende da dove ci si era fermati. A delle domande è stata trovata risposta; per altre bisogna ancora farlo. Così continua la lotta tra gli Eliminatori e gli Epici, con i primi che si oppongono ai secondi per liberare l'umanità dalla tirannia di questi spietati super esseri, ma questi ultimi non sono cattivi per scelta, i loro atti sono una conseguenza della corruzione dovuta all'uso dei loro poteri. Più gli Epici li usano per se stessi, più si allontanano dalla loro umanità, divenendo insensibili, spietati, brutali, completamente privi di morale e valori, salvo quello della supremazia sugli altri. Gli Epici non sono forze dell'oscurità per scelta ma per conseguenza: soccombono a quella che viene definita oscurità, ma che in realtà è follia, corrosione della mente e dell'animo, come succede a chi subisce grossi traumi (per esempio i reduci di guerra). Gli Epici non sono divenuti tali per scelta (salvo sorprese nell'ultimo romanzo), ma per l'avvento di Calamity (in Firefight si scopre qualcosa di più su di essa, ma niente spoiler).

Copertina originale del romanzo "Firefight" - Immagine utilizzata per uso di critica o di discussione ex articolo 70 comma 1 della legge 22 aprile 1941 n. 633, fonte Internet

Copertina originale del romanzo "Firefight".

Firefight (come Steelheart) si presenta come una buona lettura, ben strutturata, scorrevole, coinvolgente. Dopo lo scontro dei capitoli iniziali con l'Epico Sourcefield, la scena si sposta da Newcago a Babilor (Babilonia Rinata), quella che un tempo era Manhattan, con David, Tia e Prof che vi si recano per scoprire il motivo per cui Regalia, l'Epico al comando, ha mandato diversi dei suoi simili a colpire gli Eliminatori. È chiaro a tutti che sotto c'è qualcosa, che può trattarsi di una trappola, ma il gruppo è deciso ad andare fino in fondo; senza contare che a Babilor c'è Firefight, la spia infiltratasi negli Eliminatori per ordine di Steelheart, di cui David si è innamorato, convinto che lei non sia malvagia, che esista una possibilità che gli Epici non soccombano all'oscurità che ottenebra la loro mente. Su questo punto si deve scontrare con la risolutezza di Prof, convinto invece che debba essere eliminata.

In un susseguirsi di scoperte, rivelazioni e combattimenti spettacolari, Firefight mostra una trama solida e piacevole, con Sanderson che per l'ennesima volta dimostra la sua capacità di creare mondi e ambientazioni: se in Steelheart Newcago era una città completamente d'acciaio, Babilor s'ispira all'antica Babilonia con i suoi giardini pensili, ricca di vegetazione dai frutti sgargianti che cresce all'interno dei palazzi grazie ai poteri di Dawnslight, anche se una buona parte della città è stata sommersa dalle acque controllate da Regalia (questo Epico domina all'apparenza meno duramente di Steelheart, pare più ragionevole e tollerante, e anche i suoi abitanti vivono in maniera più rilassata). Come nel volume precedente, anche in Firefight sono variegati i poteri degli Epici incontrati dagli Eliminatori e particolari i loro punti deboli; molto interessante e ben congegnata la relazione che c'è tra questi ultimi e il passato dell'Epico, soprattutto i suoi traumi e le sue paure. Il finale ha un colpo di scena che fa presagire a un precipitare delle cose, ma allo stesso tempo lascia aperta la porta per la speranza e la possibilità di trovare una risoluzione alla piaga degli Epici.

Buoni lo stile e le idee usate, come quella dell'equipaggiamento degli Eliminatori sviluppato grazie allo studio fatto sui poteri e sul DNA degli Epici. Buona la caratterizzazione dei personaggi e non male il voler affrontare il tema della distopia con un tono più leggero rispetto ad altri autori (a esempio Orwell e Bradbury); questo non significa che l'approccio sia superficiale: solamente non mostra i lati più crudi e oscuri perché è stata concepita per un target d'adolescenti. Questo però è anche il vero punto debole della serie degli Eliminatori che, senza tale scelta, avrebbe potuto essere un'opera di maggiore qualità, più intelligente e interessante; purtroppo, entrambi i romanzi scadono in certi momenti in banalità adolescenziali di cui si farebbe sinceramente a meno, aspetto ben diffuso negli young adult. David da subito prende una cotta per Megan, la prima degli Eliminatori che incontra, e benché il suo pensiero dovrebbe essere solo quello della vendetta, appena conosciuta la ragazza, la sua mente non fa che andare sempre a come le sue azioni possano fare colpo su di lei. È vero che è un diciottenne, ma è inverosimile che in una situazione di estremo pericolo, dove la morte è a un passo, i pensieri non siano pervasi dal terrore, dall'istinto di sopravvivenza, dall'adrenalina, ma siano volti a come le proprie gesta possano trovare una reazione positiva sulla bella (inoltre non è per niente plausibile che una persona che sta per essere fulminata da una potente scarica elettrica si soffermi a guardare estasiato l'Epico che lo sta attaccando e pensi a quanto questo sia figo). D'accordo che si tratta di una serie young adult, ma c'è un limite agli atteggiamenti adolescenziali (e alla stupidità). Da uno scrittore come Sanderson non ci si aspetta scivolate del genere (rimane il dubbio se sia stata una mancanza o un adeguarsi alle richieste del mercato); già in altre sue opere ci sono state storie di amore (anche se questa è appena agli inizi e non trova ancora un vero sviluppo) come nella serie Mistborn e Il Conciliatore, ma erano state affrontate in maniera migliore, non con cadute di tono come in questo caso.

Un altro neo è l'uso di "metafore" (come le chiama uno dei personaggi) durante i dialoghi per cercare di essere simpatici e interessanti andando un po' sopra le righe: in diversi casi sono una forzatura e risultano assurdi.

Un peccato per queste scelte, perché i romanzi hanno una buona atmosfera, i colpi di scena funzionano, anche se alcune cose possono essere intuite subito. Tolti questi punti, la storia è piacevole e adempie perfettamente nel compito d'intrattenere: buoni libri che invogliano a continuare a seguire le vicende dei protagonisti; non la serie migliore di Sanderson, che ha dimostrato in altri volumi il suo reale valore, ma una lettura consigliata.

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