Gli angeli, dalle culture pre-ebraiche alla setta degli Esseni

di Gianluca Turconi

Gli angeli hanno una storia molto antica, risalente ai tempi dei Sumeri e degli Egizi, prima che si parlasse di serafini e cherubini o che la religione ebraica si desse una propria dottrina su queste creature, successiva all'Antico Testamento, e che la setta degli Esseni teorizzasse la lotta finale tra creature del Bene e del Male per il destino dell'Uomo.

Gli esseri alati soprannaturali nelle culture pre-ebraiche

La dea egizia Isis in una rappresentazione alata, anticipatrice degli angeli, immagine in pubblico dominio, fonte Wikimedia Commons, utente Fae

La dea egizia Isis in una rappresentazione alata, anticipatrice degli angeli.

Sebbene vi sia radicata convinzione che gli angeli nascano con la religione ebraica e cristiana, vi sono prove archeologiche e miti più risalenti nel tempo che testimoniano il contrario.

La più antica civiltà in cui sono state rinvenute tracce di esseri soprannaturali alati è quella dei Sumeri che fiorì intorno al 3000 a.C. tra i fiumi Tigri ed Eufrate, nell'odierno Iraq. Le prove archeologiche di ciò sono costituite da motivi di esseri umani alati presenti su pietra o in incisioni che danno l'illusione della tridimensionalità delle immagini.

La religione sumerica, oltre a essere particolarmente complessa per numero di divinità, possedeva anche figure che fungevano da "messaggeri degli Dei", cioè da intermediari tra le divinità e gli esseri umani, archetipo degli angeli alati che si sarebbero ritrovati nella cultura occidentale.

I Sumeri ritenevano che ciascun essere umano avesse un proprio spirito protettivo, in termini più moderni potremmo definirlo angelo custode. Altari dedicati a questi angeli sono stati scoperti negli scavi delle antiche città sumeriche, come pure bassorilievi su pietra e affreschi nei templi.

Non è chiaro come queste figure dei messaggeri divini e degli angeli custodi siano penetrate nella cultura sumerica, ma si può congetturare che in tempi preistorici, nelle aree dell'Asia Centrale da cui giunsero anche gli antenati dei Sumeri, fosse molto diffusa la religione animistica che attribuiva alla Natura una sua spiritualità, riferendosi a tali spiriti tramite la loro rappresentazione animale. Uccelli rapaci, come il falco e l'aquila, dotati di maestosità e regalità, potevano ben rivestire il ruolo di messaggeri degli Dei. Il passaggio a una rappresentazione mista umana-animale avrebbe poi fatto il resto.

Questa credenza negli angeli si diffuse nelle popolazioni confinanti con i Sumeri, in particolare dopo che la loro civiltà fu conquistata da altre semitiche più battagliere, all'inizio del II millennio a.C.

Fu proprio in questi popoli semitici che si sviluppò l'idea degli angeli suddivisi in gruppi, ciascuno riferibile a uno specifico Dio del loro pantheon, e che esistessero delle gerarchie, concetto mutuato successivamente dal monoteismo ebraico e cristiano.

Tuttavia, prima di arrivare a parlare di tali fatti, è interessante accennare a come anche la più gloriosa delle civiltà antiche, l'egizia, abbia avuto nella propria cosmologia mitica delle creature soprannaturali dotate di ali. Ancora una volta è molto difficile determinare come siano nati tali miti, se siano una contaminazione culturale dei vicini Sumeri o piuttosto una creazione originale dei popoli delle savane sahariane, di cui gli antichi Egizi erano originari quando ancora quell'area non era desertica.

Comunque sia, gli Dei egizi più antichi con maggiore seguito tra la popolazione risalgono alle prime dinastie faraoniche, quindi a un periodo che va dal 3000 al 2500 a.C., e sono rappresentati spesso in forma mista umana-animale. Per esempio Horus, il Dio del Cielo, era caratterizzato come un falco, mentre Isis e Maat, nelle loro rappresentazioni rinvenute, posseggono di frequente grandi ali su corpi umani.

Presso gli Egizi esisteva un particolare culto in cui si invocava l'aiuto degli Hunmanit, un gruppo di esseri connessi col sole che erano rappresentati in forma di raggi del disco solare, in modo simile a quanto sarebbe avvenuto per i serafini nella cultura cristiana.

Gli Hunmanit, poiché avevano il compito di proteggere il sole, per estensione si occupavano anche della protezione degli esseri umani, in un'altra versione ante litteram degli angeli custodi.

Come gli angeli sono entrati nella cultura giudaico-cristiana

Le prime popolazioni semitiche del Medio Oriente, come scritto, contribuirono alla caduta del regno sumero e da esso mutuarono molte delle proprie credenze religiose. Inizialmente, i Semiti avevano una religione di tipo animistico, in cui si infondevano intelligenza e potere anche negli animali e nelle cose inanimate. Tra questi esseri soprannaturali avevano particolare rilevanza gli spiriti del vento e del fuoco che possono considerarsi come i precursori degli angeli cherubini e serafini, associati in seguito proprio al vento e al fuoco.

La successiva migrazione in Palestina e in Egitto, con l'assimilazione di una religione monoteista, non cancellò del tutto le antiche usanze che furono ereditate nel nuovo credo. I "messaggeri degli Dei" sumeri e le divinità metà uomo e metà uccello degli Egizi si fusero, dando origine agli angeli alati di biblica memoria.

Nascita della parola "angelo"

La parola più comune in lingua ebraica per indicare gli angeli è mal'akh, derivato dall'ugaritico lak ("mandare"). Il suo significato era "messaggero", il cui plurale si otteneva aggiungendo il suffisso -im (mal'akhim), stesso sistema utilizzato per altri vocaboli analoghi, per cui da cherub si otteneva cherubim (cherubini) e altre varianti plurali poi entrate nelle lingue occidentali di origine latina. Mal'akh era utilizzato non solo per i messaggeri sovrannaturali, ma anche umani, come in Genesi 32:4, oppure addirittura con significato figurato. Tuttavia l'ebraico post-biblico finì con l'utilizzare il termine solo per i messaggeri sovrumani e con il medesimo significato fu trasposto nell'arabo malak.

Con la traduzione della Bibbia in greco, fu adottata la parola angelos, i cui possibili significati sono simili a quanto appena riportato. Da tale vocabolo sono poi derivate le diverse parole presenti nelle maggiori lingue moderne occidentali.

Gli angeli nell'Antico Testamento

La cattività degli ebrei a Babilonia, oltre a creare miti come quello della torre di Babele qui rappresentato, comportò anche una contaminazione della cultura ebraica con "messaggeri degli Dei" babilonesi, considerati angeli. Immagine in pubblico dominio, fonte Wikimedia Commons, utente Tomisti

La cattività degli ebrei a Babilonia, oltre a creare miti come quello della torre di Babele qui rappresentato, comportò anche una contaminazione della cultura ebraica con "messaggeri degli Dei" babilonesi, considerati angeli.

Come abbiamo ricordato, il termine mal'akh era utilizzato con diversi significati nell'Antico Testamento, perciò quando ci si doveva riferire a esseri soprannaturali, si proponeva un'ulteriore specificazione scrivendo "mal'akh di Dio", angelo di Dio, locuzione inequivocabile. Altrove gli angeli sono chiamati semplicemente elohim, cioè "Dio/Dei" o più spesso bene 'elohim o bene 'elim ("figli di Dio", come in Giobbe 1:6). Quest'incertezza nei vocaboli usati rende dubbi anche alcuni passaggi della Bibbia, nei quali è difficile determinare se il testo si riferisca a messaggeri umani o sovrannaturali. Nella Bibbia sono citate anche creature dichiaratamente alate come i già ricordati cherubim e i seraphim (serafini) che avevano funzioni varie e non sempre chiare. La situazione nel testo biblico si complica ulteriormente dal momento che non sempre vi è coerenza nella citazione degli angeli e di Dio, confondendoli. Per esempio, è Dio a ordinare ad Abramo di sacrificare il proprio figlio Isacco, ma in seguito è un "angelo di Dio" dal cielo a fermane la mano armata (Genesi 22:1 e 22:11-18). La stessa ambiguità linguistica rimane quando davanti a Mosè apparve un "angelo del Signore" in un rovo in fiamme (Esodo 3:2), ma per il resto della storia lo stesso Mosè continuerà a parlare in maniera diretta con Dio.

Secondo alcuni studiosi dei testi biblici ciò è da ricondurre al fatto che i redattori di quei passaggi non consideravano gli angeli come esseri indipendenti, ma piuttosto come manifestazione della volontà divina. Altre tesi affermano che tali incongruenze siano derivate da rimaneggiamenti postumi delle storie originali, in un passaggio da esseri umani che si confrontavano direttamente con la divinità all'introduzione di un intermediario angelico che diminuiva la distanza tra l'essenza dell'Uomo e quella di Dio.

Gli angeli negli scritti ebraici successivi all'Antico Testamento

Nella letteratura ebraica successiva all'Antico Testamento, gli angeli acquistarono piena indipendenza, manifestandosi come esseri autonomi dotati di proprio nome e caratteristiche personali. Alcuni ritengono che ciò sia dovuto a una sopravvivenza della mitologia popolare.

Fu comunque solo in periodo ellenistico che la religione ebraica sentì la necessità di proporre una propria dottrina sugli angeli, probabilmente per contrastare proprio quella superstitio di credenze pre-bibliche appena accennate.

Infatti, nel periodo del Secondo Tempio si affermò la convinzione per cui solo i grandi profeti dei tempi antichi si fossero confrontati in modo diretto con Dio, mentre per gli esseri umani contemporanei si poteva raggiungere quel contatto unicamente per mezzo degli angeli. In base a questa nuova concezione del ruolo degli angeli si cominciò perciò a studiare la loro natura e le caratteristiche individuali.

Si finì con l'affermare che la verità sul creato e la sua fine fosse oltre i mezzi umani e si potesse conoscere unicamente tramite gli angeli. In aggiunta, la deportazione del popolo ebraico a Babilonia comportò anche una profonda contaminazione delle due culture. Gli ebrei vennero in contatto con i miti babilonesi della creazione, del diluvio e della creazione dell'uomo, nonché con le numerose leggende sui contatti tra Dei e Uomini, con messaggeri divini nel mezzo.

Per poter conciliare quei miti politeisti col monoteismo sviluppatosi nei secoli in cui gli Ebrei erano rimasti lontani dalle loro terre d'origine semitiche, attribuirono gran parte di quelle storie al mondo angelico. In particolare, con riferimento a questa evoluzione, si può analizzare la figura di Enoch, personaggio creatosi sotto chiara influenza babilonese, considerato come protettore e creatore della cultura umana, grazie alla trasmissione della saggezza divina agli uomini, e che svolge quell'attività di intermediazione tra Dio e Uomo tipica della religione ebraica.

Altre fonti trattano anche Noè e Abramo allo stesso modo, ascrivendo le loro capacità speciali di conoscenza e saggezza al mondo angelico. Si può quindi affermare che gli influssi culturali esterni legati al mondo della demonologia pagana siano stati assimilati dagli Ebrei introducendoli nel mondo angelico.

Le sette ebraiche e gli angeli

Nei manoscritti del Mar Morto, rinvenuti a Qumran, si trova la credenza della setta degli Esseni sulla lotta dell'ultimo giorno tra angeli del Bene e del Male. Immagine in pubblico dominio, fonte Wikimedia Commons, utente Superikonoskop

Nei manoscritti del Mar Morto, rinvenuti a Qumran, si trova la credenza della setta degli Esseni sulla lotta dell'ultimo giorno tra angeli del Bene e del Male.

La dottrina degli angeli non era diffusa in modo uniforme nel popolo ebraico, tanto che i predicatori apocalittici del I millennio a.C. attribuivano la propria conoscenza di quanto sarebbe avvenuto negli ultimi giorni proprio al contatto con gli angeli. Come conseguenza logica, non dovevano essere facilmente "conoscibili" per gli uomini normali.

Pertanto si svilupparono gruppi ristretti di accoliti e speciali pratiche iniziatiche che si potevano seguire per essere ammessi in tali gruppi, in modo da poter accedere a un livello di conoscenza superiore legato agli angeli. Per questa ragione, la massima diffusione delle credenze sugli angeli si ebbe nella società segreta degli Esseni.

Essi conservavano gelosamente l'elenco dei nomi degli angeli e gli stessi manoscritti di Qumran (detti anche "manoscritti del Mar Morto") ci mostrano una complessa struttura legata agli angeli, nella quale il Principe della Luce avrebbe lottato insieme ai Figli della Luce contro il Principe delle Tenebre, nell'ultimo giorno del Creato.

Nacque così il dualismo della lotta tra le forze del Bene e del Male per il destino finale dell'Uomo (Rotolo della Guerra di Qumran, 1QM 13:11).

Tuttavia, altre sette non si interessarono affatto a questi argomenti escatologici e agli angeli in generale. Tra esse, i Farisei dimostrarono scarso interesse per queste creature sovrannaturali, mentre i Sadducei negavano addirittura la loro esistenza (Atti degli Apostoli 23:8), come pure la possibilità della resurrezione o di venire a contatto con gli spiriti, a causa della loro ferma opposizione a ogni tipo di misticismo.

La contrapposizione tra varie posizioni ideologiche all'interno delle sette portò anche a una generale confusione sul concetto di angelo nella cultura popolare, specialmente tra maghi e stregoni ebrei, poiché gli angeli venivano spesso accostati alle divinità pagane per la cura di malattie di vario tipo, in quanto possessori di formule curative segrete o altri mezzi che potevano proteggere o guarire l'Uomo. Per esempio, nella versione greca del cosiddetto "Testamento di Salomone", testo letterario apocrifo dell'Antico Testamento, sono citati molti angeli delle cui attività il sovrano venne a conoscenza solo per la vicinanza di altre figure demoniache.

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