Lo Hobbit allo specchio: somiglianze e differenze tra la versione cinematografica e il corpus tolkieniano

di Andrea Giusto

La trasposizione cinematografica di un'opera letteraria di successo è sempre difficile, ma lo è ancora di più quando si ha a che fare con "Lo Hobbit" di J.R.R. Tolkien che appartiene a un immaginario tradizionale molto complesso e articolato. Vediamo quali sono i punti di contatto e le differenze tra la versione letteraria e il suo corrispondente cinematografico.

Tana di Hobbit ricostruita in base alla descrizione contenuta nel romanzo di Tolkien, immagine rilasciata sotto licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic, fonte Wikimedia Commons, autore Abu-Dun

Tana di Hobbit ricostruita in base alla descrizione contenuta nel romanzo di Tolkien.

Recentemente ho potuto vedere Lo Hobbit: la desolazione di Smaug, il secondo capitolo della trilogia cinematografica di Peter Jackson tratta dal romanzo Lo Hobbit di J.R.R. Tolkien. Mi sembra un buon momento per fare il punto della situazione sull'adattamento per il grande schermo, in particolare per quanto riguarda la fedeltà all'originale cartaceo. Non è mia intenzione però dire quale sia "più bello", solo sottolineare le differenze - che non sono poche né poco importanti - e cercare di offrire una interpretazione sul perché di queste scelte nel modo più semplice e discorsivo possibile. Per farlo mi servirò tanto del testo de Lo Hobbit quanto di quelli del Silmarillion e de Il Signore degli Anelli (in particolare le Appendici riguardanti la Cronologia della Terra di Mezzo e la storia dei Nani): tutte queste opere infatti costituiscono un unico grande affresco della Terra di Mezzo e sono inscindibilmente collegate le une alle altre, come del resto lo sono le pellicole di Peter Jackson. E' inevitabile che durante il discorso emergano anticipazioni rispetto allo svolgersi della storia nei film, di conseguenza, se siete allergici agli spoiler e appartenete a quella minoranza che non ha né letto i libri né visto le pellicole tratte dalle opere di Tolkien, il mio consiglio è di andare a vedere almeno i film e poi tornare a leggere questo articolo.

Quel vecchio dal manto grigio...

Vorrei cominciare con una precisazione riguardante Gandalf, uno dei personaggi principali e deus ex machina della vicenda: benché nei film de Il Signore degli Anelli e in quelli de Lo Hobbit non venga chiarito, il simpatico stregone NON è un essere umano. Leggiamo nell'Appendice de Il Signore degli Anelli che Gandalf è un Maia (plurale: Maiar), uno spirito immortale creato al principio del tempo da Iluvatar, il dio supremo di Arda, il mondo in cui si trova la Terra di Mezzo teatro della narrazione. Senza scendere nei dettagli della Prima e della Seconda Era della Terra di Mezzo, narrati nel Silmarillion, al principio dell'attuale Terza Era vengono inviati nel mondo cinque Maiar, tra cui Gandalf, Saruman e Radagast: essi devono istruire al bene i popoli liberi della Terra di Mezzo e prepararli all'attacco di Sauron, il quale è un Maia che si è volto al male e ha tradito la volontà del proprio creatore. Questi cinque, detti anche Istari in lingua elfica, formano il Bianco Consiglio. Prendono la forma di vecchi saggi, ed è loro proibito di rivelare la propria identità o di usare poteri soprannaturali per dominare gli uomini, affinché non corrano il rischio di corrompersi come a suo tempo fece Sauron una volta assaporati potere e dominio. Né tocca ai cinque sfidare apertamente il nemico: possono solo consigliare e ammonire (benché tutti sappiamo come poi siano finite le cose con Saruman...).

Faccio questa precisazione perché credo sia utile per inquadrare l'intera vicenda nella giusta prospettiva. Essa spiega inoltre come mai Gandalf sembri non invecchiare tra i film de Lo Hobbit e del Signore degli Anelli, perché non sfidi direttamente Sauron portando egli stesso l'Unico Anello al Monte Fato, perché risorga dopo lo scontro contro il Balrog. Gandalf infatti non può morire: dopo essere passato dal via, diciamo così, Iluvatar l'ha rimesso a nuovo e l'ha rispedito indietro (per la cronaca: anche i Balrog sono Maiar, ma decaduti come Sauron). Questa precisazione spiega anche perché nel film Il ritorno del Re Gandalf affermi, rivolto ad Aragorn: "ho vissuto trecento vite d'uomo e adesso non ho tempo...". O perché, durante l'attacco orchesco contro Minas Tirith, quando tutto sembra perduto, lo stregone dica a un Pipino disperato che: "la morte non è la fine...", regalandoci uno dei momenti più belli della trilogia cinematografica. Gandalf infatti conosce il fato che attende i popoli liberi della terra di Mezzo dopo la morte, e non è un fato senza speranza (ma di questo argomento, sul quale si potrebbe scrivere un articolo a parte, non voglio parlare ora).

Ma torniamo alle vicende de Lo Hobbit. Come mai Gandalf ha tanto interesse ad aiutare i nani a riprendersi il loro antico regno sotto la Montagna Solitaria, detta anche Erebor? Nei libri, a differenza di quanto si vede nei primi due film de Lo Hobbit, Gandalf sa già da quasi un secolo che Sauron si sta preparando a tornare nella Terra di Mezzo (vedi Il signore degli Anelli, appendice B). Ne è a conoscenza da quando, investigando nel Bosco Atro, trovò la fortezza di Dol Guldul pullulare di orchetti al servizio del Negromante, la cui vera identità di Sauron egli scoprì subito. Fu proprio in quell'occasione che incontrò il nano Thràin, figlio di Thror re di Erebor e padre di Thorin Scudodiquercia, fatto prigioniero da Sauron (su questo punto torneremo tra poco). Dopo aver lasciato il Bosco Atro, Gandalf riferì le sue scoperte al Bianco Consiglio, ma all'epoca Saruman si oppose a un intervento contro Sauron: in realtà stava già cominciando a volgersi al male e sperava che lasciando mano libera a Sauron avrebbe potuto individuare l'Unico Anello, di cui in segreto desiderava impadronirsi.

Peter Jackson, regista, sceneggiatore e produttore della saga cinematografica de "Lo Hobbit", immagine rilasciata sotto licenza  Creative Commons Attribuzione 2.0 Generico, fonte Wikimedia Commons, autore Natasha Baucas

Peter Jackson, regista, sceneggiatore e produttore della saga cinematografica de "Lo Hobbit".

Trascorsero così novanta anni, ma sempre Gandalf sorvegliava da lontano Sauron. Venne quindi un tempo in cui la minaccia si fece così grande che Gandalf decise di incontrare Thorin e sollecitarlo a riprendersi il regno che gli spettava di diritto, essendo il discendente di Thror, l'ultimo re di Erebor: il suo scopo era eliminare dalla scacchiera il drago Smaug che sicuramente si sarebbe alleato con Sauron non appena questi avesse cominciato la guerra. E in effetti tale decisione ebbe degli effetti positivi, perché durante la Guerra dell'Anello i nani, riconquistata la Montagna Solitaria, ressero l'urto delle armate di Sauron nel Nord, impedendo agli orchetti di spingersi oltre le Montagne Nebbiose fino a Gran Burrone: così viene detto nell'Appendice A de Il Signore degli Anelli (il romanzo).

Già qui vediamo alcune differenze fondamentali tra la pellicola e la storia narrata nei due libri (Hobbit, Il Signore degli Anelli). Come già accennato, nel film Un viaggio inaspettato Gandalf non conosce la vera identità del Negromante che occupa il Bosco Atro; discute l'argomento con Saruman, Galadriel e Elrond a Granburrone, senza peraltro giungere a una conclusione; infine verrà fatto prigioniero da Sauron ne La desolazione di Smaug. Nei libri invece la conosce già da molto tempo e non sarà mai imprigionato (destino che tocca invece a Thràin), e la discussione del Bianco Consiglio - che non appare nel romanzo de Lo Hobbit, ma nell'Appedice de Il Signore degli Anelli - attiene invece all'opportunità di un attacco da coordinare con Elrond o di una lunga attesa. I film insomma dicono più de Lo Hobbit preso singolarmente, ma meno della trilogia letteraria nel suo complesso, aggiungendo però alcune scene totalmente nuove: come vedremo, questa sarà una costante.

Affari di famiglia: la vera storia di Thorin Scudodiquercia

Altre differenze riguardano principalmente il personaggio di Thorin e le vicende della sua famiglia. Nel film Un viaggio inaspettato vediamo re Thror (il re che fu scacciato da Erebor dal drago Smaug), padre di Thràin e nonno di Thorin, dare l'assalto a Moria a capo di un esercito di nani solo per essere decapitato dall'orco Azog, al quale poi viene mozzato il braccio da Thorin durante un epico scontro in cui il nano prenderà il soprannome di Scudodiquercia. Si dice anche genericamente che Thràin "venne reso pazzo dal dolore per la morte del padre e scomparve".

Nei libri (come possiamo leggere nell'Appendice A de Il Signore degli Anelli) le cose vanno assai diversamente. Re Thror viene sì ucciso da Azog, ma non durante un'epica battaglia. Ormai vecchio e disperato, insieme al fido nano Nàr si reca a Moria per un sopralluogo, per valutare se possa essere occupata dal suo popolo senza patria. Entrando a Moria da solo, viene ucciso in un agguato da Azog e poi decapitato, il suo corpo oltraggiato. Sarà il figlio Thràin a radunare i nani per una spedizione punitiva contro gli orchi che occupano Moria e durante la grande battaglia Azog viene infine ucciso dal nano Dain. Avete capito: Azog muore prima del principio dello Hobbit letterario e a ucciderlo non è Thorin, ma un altro nano ancora. Sarà invece Bolg, l'orco figlio di Azog (ebbene sì, evidentemente devono esistere delle orchesse) a guidare l'armata degli orchi contro i nani nelle scene finali de Lo Hobbit (il libro). E Thorin allora? Di lui si dice, in una nota a fondo pagina, che il suo scudo si spaccò durante la mischia ed egli usò il ramo di una quercia a mo' di scudo. Tutto qui. Lo stesso Thràin non "impazzì" subito dopo lo scontro, ma passarono lunghi anni prima che lasciasse il figlio per non tornare più.

Infatti Thràin, ormai vecchio e reso folle dal possesso di uno dei sette anelli donati anticamente da Sauron ai re dei nani, lasciò infine la sua dimora tra i Colli Ferrosi e si incamminò verso Erebor, la sua antica patria conquistata da Smaug molto tempo prima. Sauron, percependo la presenza dell'anello, lo fece prigioniero: lo condusse nella sua fortezza a Dol Guldul e qui lo spogliò dell'anello, ma non della chiave che apriva il passaggio segreto per la Montagna Solitaria, forse perché non ne comprese l'importanza. Fu qui che lo trovò Gandalf, durante il suo sopralluogo nel Bosco Atro; e qui Thràin in punto di morte gli affidò la chiave affinché un giorno la consegnasse al figlio Thorin (nel film Un viaggio inaspettato, durante il banchetto a casa di Bilbo, Gandalf dice semplicemente che la chiave gli fu donata dal padre di Thorin, senza però specificare le circostanze). Confusi? Tranquilli, il peggio è passato.

Un po' di trucco per una vecchia signora

Passiamo adesso rapidamente alle differenze cosmetiche, le "aggiunte" o le "rimozioni" di Peter Jackson al testo de Lo Hobbit. Un viaggio inaspettato comincia in modo piuttosto fedele al romanzo, ma presto emergono le prime dissonanze.

Avevo già accennato più indietro a come la vicenda di Radagast e l'incontro di Gandalf con Saruman e Galadriel a Granburrone non compaiano nel romanzo de Lo Hobbit; Peter Jackson ha invece deciso di inserirli in Un viaggio inaspettato.

Più avanti nel romanzo i nani, subito dopo essere stati catturati dagli orchi tra le Montagne Nebbiose, sono condotti alla presenza del Grande Orco per essere interrogati; il bestione viene poi ucciso grazie all'intervento di Gandalf. Bilbo resta con loro per tutto il tempo e precipita nell'antro di Gollum quando la compagnia di nani, guidata dallo stregone, sta ormai fuggendo attraverso normalissime gallerie scavate nella roccia. Da questo momento il romanzo segue il solo punto di vista di Bilbo e racconta del suo incontro con Gollum; Bilbo stesso ritrova poi Gandalf e i nani una volta uscito dal regno sotterraneo degli Orchi. In Un viaggio inaspettato invece Bilbo, dopo la cattura da parte degli orchi, finisce quasi subito nella caverna di Gollum e non assiste alla morte del Grande Orco. Tutta la scena della fuga precipitosa dei nani tra piattaforme sospese è infine una pittoresca aggiunta cinematografica.

In Un viaggio inaspettato Azog non potrebbe guidare l'assalto dei lupi mannari contro i nani, dato che secondo Il Signore degli Anelli è morto da molto tempo.

Ne La desolazione di Smaug, grandemente ridimensionato è il ruolo di Beorn, l'uomo capace di trasformarsi in orso che vive al di là delle Montagne Nebbiose. Completamente tagliata la parte in cui Gandalf presenta a Beorn i nani, uno per uno, perché non si arrabbi vedendoli arrivare tutti insieme e sia più propenso ad accoglierli nella sua casa; allo stesso modo è sparita la cena dai toni da favola in cui le portate sono servite da animali che camminano su due zampe.

C'è poi, ne La desolazione di Smaug, il tanto chiacchierato personaggio femminile di Tauriel: ne Lo Hobbit semplicemente non esiste, così come non appare Legolas né si menziona una battaglia contro gli orchi mentre i nani vengono trascinati lungo il fiume nei barili.

Per fortuna, anche nella versione cinematografica i troll Berto, Maso e Guglielmo conserservano la loro "spaventosa" stupidità già presente nel romanzo, immagine rilasciata sotto licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo 2.0 Generico, fonte Wikimedia Commons, autore Abu-Dun

Per fortuna, anche nella versione cinematografica i troll Berto, Maso e Guglielmo conserservano la loro "spaventosa" stupidità già presente nel romanzo.

E ancora, la vicenda della permanenza dei nani a Pontelagolungo è grandemente romanzata, con punte da romanzo sociale dell'800 (tutta la vicenda dell'avido governatore e del popolo affamato, per esempio). Romanzati sono anche la storia e il ruolo di Bard l'arciere, trasformato nel film in una sorta di eroe proletario che sfida la volontà del governatore; persino la sua freccia nera è stata ingigantita ed è diventata un dardo di balestra.

Più avanti i nani combattono una dura battaglia contro il drago Smaug il quale, vedendosi opporre una fiera resistenza, abbandona Erebor per portare la morte sulla città di Pontelagolungo (o Esgaroth, nella versione inglese), a suo avviso complice del ritorno dei nani. In realtà, nel romanzo Lo Hobbit, Smaug se ne va di sua iniziativa subito dopo il dialogo con Bilbo, mentre nel frattempo i nani se ne stanno nascosti in una galleria senza fare assolutamente nulla che non sia... beh, stare nascosti.

Non dimentichiamo infine la tanto discussa questione del numero di zampe di Smaug. Alcuni fan pare si siano molto risentiti del fatto che ne La desolazione di Smaug il drago sia stato rappresentato con due zampe invece di quattro; non dimentichiamo che nelle scene iniziali di Un viaggio inaspettato si vedevano chiaramente le zampe anteriori del drago aprire i cancelli di Erebor, perciò il suo aspetto successivo rappresenta una contraddizione tra gli stessi due film. E del resto uno Smaug con quattro zampe appare in alcuni disegni (peraltro molto stilizzati) di Tolkien stesso, senza contare le innumerevoli illustrazioni del drago che nei decenni è stato quasi sempre rappresentato con quattro zampe e due ali. Forse questa "indignazione" è anche dovuta all'influsso dei giochi di ruolo come D&D, che prevede una distinzione netta tra potenti draghi e semplici viverne in base al numero di zampe.

Ce ne sarebbe ancora, ma credo di aver toccato i punti principali e comunque non voglio spingermi oltre, dato che manca ancora un film al termine della trilogia.

Conclusioni

E' giunto perciò il momento di chiedersi: perché tutte queste modifiche alle vicende dei libri? Alcune (come l'aspetto di Smaug, ad esempio) sono pure scelte estetiche di Peter Jackson, dettate forse da un desiderio di accomunare Smaug ad alcuni recenti e famosi draghi del piccolo schermo (Il Trono di Spade vi dice niente?). Per quanto riguarda le altre differenze, bisogna fare alcune osservazioni. Innanzitutto i libri hanno ritmi e strutture narrative diverse rispetto a un film: una storia fatta per la carta stampata rischierebbe di stancare o annoiare lo spettatore cinematografico, a maggior ragione quando la storia è particolarmente complessa e si estende attraverso più libri coinvolgendo generazioni di personaggi, come nella saga di Tolkien. Diventano perciò comprensibili alcune scelte di semplificare la trama (vedi le origini e gli scopi di Gandalf) o di concentrare l'attenzione su un singolo personaggio rilevante (come la storia di Thorin, di Bard, di Azog). Non dimentichiamo poi che Lo Hobbit fa parte di un affresco più grande, per cui molte modifiche vanno intese come un ponte per agganciarne la storia a Il Signore degli Anelli, rendendo evidente questo legame anche al grande pubblico che magari non sa nulla di Silmarillion et similia. Forse è per questa ragione che il secondo film si discosta maggiormente dal libro, con un maggior numero di modifiche e ritocchi.

Altrettanto comprensibile, benché discutibile, è la scelta di aggiungere numerose scene di azione, aderendo allo standard Holliwoodiano degli action movie, o di attirare le simpatie di potenziali spettatori introducendo nuovi e vecchi personaggi come Tauriel e Legolas e creando intrecci sentimentali ad hoc. Sia come sia, i tempi e i gusti sono cambiati da quando Tolkien scrisse i suoi libri ormai molti decenni or sono, checché ne dicano i puristi; del resto Lo Hobbit era nato come favola per ragazzi, mentre i film che ne sono stati tratti hanno un target molto più ampio. Rimane comunque sempre valido l'antico adagio, secondo cui la bellezza è nell'occhio dell'osservatore. E a voi, i film sono piaciuti oppure no? Alla fine dei conti questa è la domanda più importante.

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